BASILICATA, SERVE UNA CLASSE DIRIGENTE MODERNA E RINNOVATA
L’appuntamento con le tematiche sociali che attanagliano il nostro tempo
Senza voler giudicare la storia della nostra regione e tanto meno coloro che l’hanno vissuta da protagonisti oggi bisogna prendere atto del fatto che in Basilicata manca una classe dirigente in grado di traghettare la regione in quello che sarà il futuro federalista dell’Italia nell’ambito di una Europa anch’essa federalista. Il passato appare sbiadito e sgranato come l’immagine su di una vecchia foto in bianco e nero. Tutt’a un tratto si è creato il vuoto in una intera classe politica. Sicuramente l’abitudine dei mestieranti della politica di arrivare ad essere eletti percorrendo la carriera interna ai partiti ha portato all’annienta- mento del partito come riferimento ideologico e dei carrieristi oramai obsoleti e disabituati persino a tenere comizi e pubblici dibattiti. La politica ridotta ad una casta o ad un club esclusivo che garantiva gli stessi privilegi a tutti i commensali perché per approvare le leggi suine occorreva il voto trasversale, sappiamo bene come i moralisti e gli onesti hanno da sempre disturbato le flatulente digestioni nelle sale della politica, ha finito per implodere senza pressioni esterne. È bastato che arrivassero all’età del voto i ragazzi di internet, i figli della globalizzazione, quelli che riescono a parlare tra loro anche senza le strade, le ferrovie o i caffè letterari e tutto è finito. Assistiamo al prologo della tragica fine della classe dei mantenuti. Tutto è ancora nebuloso, poco evidente: i ghiottoni hanno ancora qualche asso nella manica, qualche penna prezzolata, qualche direttore sparso nei punti giusti ma il cerchio si stringe inesorabilmente. I ragazzi sono cresciuti, i loro genitori sono pensionati o vicini alla pensione e quindi sempre meno ricattabili e sempre più assogettati alle opinioni dei figli. Quegli adulti della mia generazione che osservano oggi questo spettacolo come potrebbero non ricordare gli splendidi versi del Manzoni: …”Ansanti li vede, quai trepide fere, Irsuti per tema le fulve criniere, Le note latebre del covo cercar;”…e senza colpo ferire, aggiungiamo. Semplicemente le nuove generazioni, quelle dei nostri figli che ancora vorremmo amorevolmente proteggere potrebbero mettere alla porta il marciume che per quasi un secolo ha ammorbato le vite degli italiani ridicolizzando l’intero Paese di fronte al mondo. E lo stanno facendo con il naturale ribrezzo che induce l’essere vivente a ritrarsi al cospetto di una cosa schifosa. Chi ha modo di ascoltare qualche loro discorso può percepire chiaramente lo schifo che i giovani provano per il letamaio morale sotto cui le generazioni precedenti sono rimaste sepolte. Ma come ogni frutto acerbo manca loro un qualcosa per arrivare a tagliare il peduncolo e far cadere il frutto marcio: l’esperienza. E allora, come messaggio di incoraggiamento, prendiamo in prestito dalla mitologia l’immagine del Giano bifronte rappresentato con due facce, quella del giovane che guarda al passato per imparare dagli errori ed acquisire l’esperienza della storia e quella del vecchio che guarda al futuro con la saggezza che dovrebbe rappresentare la nuova base da cui partire per ottenere quello che in tanti, forse in troppi invocano: il cambiamento. Dalle propaggini della grande cloaca fuoriescono slogan, ammuffiti come vecchi poster; spot urlati con enfasi grottesca ed infarciti di una vetusta erudizione; ringhi emessi come grido d’allarme: al fuoco! l’autonomia differenziata! Il federalismo fiscale! Il buco nella sanità! Quei fondi del Pnrr che non sono più quello che ci avevano fatto credere ecc. Come se tutte queste cose fossero spuntate dopo una notte di pioggia ai primi raggi del sole. Tutti gli scribacchini e i banditori e i grassi mecenati hanno coltivato questa pianta velenosa e se ne sono serviti per decenni ed ora, a pochi mesi dalle elezioni, non si capisce bene a chi dovremmo dare il merito di averla additata per estirparla. L’unica verità incontrovertibile è quella che è cambiata la storia del pianeta trascinando nel cambia- mento le nazioni, gli stati ed a caduta le regioni fino ai singoli, minuscoli Comuni. Il federalismo e l’autonomia differenziata hanno ragioni troppo salde per poter essere efficacemente contrastate sul piano de principi e l’appello ai dettami della Carta Costituzionale ahimè, arriva troppo tardi ed è poco credibile se si pensa a quante volte la nostra Costituzione è stata, nel corso della sua lunga vita aggirata, ignorata, maltrattata, vituperata da coloro che hanno voluto anteporre gli interessi di parte ai principi generali del vivere comune. Oggi il contesto è cambiato e chi prova a nascondere la realtà lo fa per l’ennesima volta in modo incosciente e criminoso nei confronti della Nazione, della Regione e della società. La Basilicata è una regione arretrata, priva di infrastrutture, spopolata, poco vivibile, con scarso o assente senso civico, che ospita una popolazione in parte asservita ad un potere politico sem- pre più incapace di interpretare quelle che sono le nuove tendenze della storia e le esigenze delle nuove generazioni. Quindi spazio alle idee e spazio ai giovani che se affiancati dall’esperienza di buoni maestri potranno in breve tempo e con i fondi in arrivo del Pnrr cambiare non solo il volto della nostra regione ma anche il suo substrato culturale. In assenza di proposte, di idee, di programmi da parte dei vecchi carrozzoni di destra, di sinistra e di centro il civismo che si fa promotore di proposte concrete e credibili rimane l’unica reale, valida alternativa ad una vacatio della classe dirigente incamminata ormai verso il crepuscolo della storia che non ha sa- puto o non ha voluto rinnovarsi illudendosi di continuare a gozzovigliare in eterno nel ventre molle dell’amoralità.
Di Antonio Salerno