FAMIGLIA CLAPS RIBADISCE CONTRARIETÀ
Riapertura Trinità anche dopo la lettera di Papa Francesco, convinzioni immutate. Rivello, consegnato ai familiari il premio Amelia Rosselli alla memoria di Elisa
«Se loro continueranno nell’intento di riaprirla, mi auguro davvero che quella chiesa resti deserta perché credo che sia la risposta migliore che possa dare la città». Sono queste le parole di Gildo Claps che fanno chiaro riferimento all’intenzione annunciata dalla Curia di Potenza di «riaprire al culto» la Chiesa della Santissima Trinità nel cui sottotetto il 17 marzo 2010 venne ritrovato il cadavere di Elisa Claps, la 16enne potentina di cui si erano perse le tracce il 12 settembre 1993 e per il cui omicidio è stato condannato in via definitiva a 30 anni di reclusione Danilo Restivo (attualmente detenuto in Inghilterra per aver ucciso un’altra donna, Heather Barnett). Le accorate parole del fratello di Elisa, Gildo, sono state pronunciate al margine della consegna del Premio “Amelia Rosselli” alla memoria di Elisa Claps ritirato da lui insieme alla madre Filomena Iemma. Il riconoscimento ha avuto luogo in occasione dello spettacolo teatrale “I sandali di Elisa Claps” di Ulderico Pesce e del Centro Mediterraneo delle Arti andato in scena sabato nel Convento di Sant’Antonio di Rivello. Questa nuova produzione teatrale dell’attore e regista lucano è strutturata sulla figura del padre di Elisa, Antonio, che durante i tragici fatti che hanno riguardato la figlia, non ha mai avuto un ruolo di primo piano, soffrendo in silenzio e in disparte, lontano dai clamori mediatici. Antonio, che aveva una tabaccheria a Montereale, dopo qualche ora dalla scomparsa di Elisa, appena saputo che l’ultimo ad averla vista era stato Danilo Restivo, intese «agire senza chiacchiere». Così narra la messa in scena scritta ed interpretata da Ulderico Pesce – assieme a Samantha Franchino, Pierangelo Camodeca e Gianfranco Filizzola – che ha ricomposto grazie ai racconti intimi fattagli dal fratello della giovane Elisa, Gildo. e dalla mamma Filomena. Un ritratto tenero in una storia feroce. «Non fidandosi né della Magistratura, né della Chiesa», l’intenzione di Antonio fu inizialmente quella di prendere la pistola per regolare immediatamente il conto. Sono la moglie Filomena e i figli Gildo e Luciano a bloccarlo immediatamente chiedendogli di avere fiducia nella legge. Da quel momento scelse l’isolamento. Quando dopo 17 anni sarà trovato il corpo di Elisa si ostinò affinché il funerale non si facesse in Chiesa. Antonio si ammalerà poi di tumore e morirà e le sue ultime richieste scritte alla famiglia saranno le medesime per il suo stesso funerale: «Non voglio che si svolgano in Chiesa». Ed è proprio la stessa Curia in questi giorni a tornare sulla vicenda di Elisa e lo fa quando ormai al trentesimo anniversario della morte manca poco più di un mese e la comunità potentina si prepara, tra divisioni e spaccature mai sopite, alla riapertura della chiesa della Santissima Trinità. Cosa diventerà oggi quella chiesa? Una questione tornata in primo piano in questi giorni dopo la lettere di Papa Francesco inviata all’Arcivescovo metropolita di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo Salvatore Ligorio: «Un luogo per la preghiera silenziosa, l’Adorazione, la ricerca del conforto interiore e spirituale, e per la promozione di una serena riflessione sulla sacralità della vita» dove evitare «celebrazioni liturgiche di carattere festoso» avendo così premura «di custodire la memoria di Elisa», afferma Bergoglio che ha scritto anche alla madre Filomena a cui si è rivolto ripensando «alle parole che ci siamo detti e porto nel cuore la sua voce, il suo dolore e i suoi “perché”, insieme alla forza d’animo di donna e di madre che La distingue, alla tempra retta e coraggiosa che La fa andare avanti ogni giorno». Intanto i preparativi all’interno della chiesa della Trinità proseguono.