UN GIORNO LAVORI, QUELLO DOPO SEI IN PENSIONE MA DA QUASI 2 ANNI: IL PARTICOLARE CASO LUCANO
Il Ministero della Cultura si “dimentica” della quiescenza di un funzionario regionale: alla Corte dei Conti s’attende il 2° tempo
Accennando per analogia e non per corretta aderenza al principio che la Legge non dispone che per l’avvenire, come, in tema pensionamenti, rimontare a seconda delle esigenze, ed o degli errori di calcolo, il concetto degli effetti dell’applicazione del criterio cronologico: il caso lucano più unico che raro. Ministero della Cultura e uffici periferici della Basilicata: il dipendente funzionario Santangelo a lavoro, ma, “a sua insaputa”, in quiescenza da oltre 1 anno. La vicenda, sia per la valutazione dei profili di legittimità che per l’analisi di «eventuali profili di danno erariale», è stata sottoposta al vaglio della Corte dei Conti regionale. Dal percorso documenta- le, un pensionamento tortuoso quello del dipendente Santangelo, iniziato male e poi, per ora, terminato con una retroattività che, sulla carta, sembra suonare come un annuncio ad un secondo tempo da disputare ancora. Quasi paradossalmente, proprio Santangelo è stato per lungo tempo l’unico funzionario abilitato a gestire e aggiornare le posizioni contributive di tutti i dipendenti degli Istituti regionali del Ministero della Cultura. Ad ogni modo, nel dicembre del 2022, il segretario regionale ad interim del Ministero della Cultura per la Basilicata dispose il suo collocamento in quiescenza per limiti ordinamentali con decorrenza dal 1° marzo 2023. Ricevuto il provvedimento e fatti due conti, nell’immediato la Ragioneria territoriale dello Stato di Potenza e Matera, contestò diverse lacune. Nel febbraio scorso, allora, un nuovo decreto definito «“aggiornato”», poi rettificato nel marzo scorso, che, tuttavia, disponeva il collocamento in quiescenza per limiti ordinamentali del dipendente Santangelo sempre con decorrenza 1° marzo 2023. In risposta, la Ragioneria territoriale dello Stato, sottolineando il «persistere delle irregolarità rilevate», effettuò la registrazione del provvedimento, ma «sotto la responsabilità del dirigente che ha emanato l’atto». Il tutto inviato alla Corte dei Conti di Basilicata con richiesta di pronuncia sulla legittimità di quanto stabilito dal Ministero. In prima battuta, laconica la risposta della magistratura contabile sull’atto in questione: «Risulta essere stato adottato in evidente contrasto con la normativa vigente in materia». Due le opzioni, la prima: laddove l’interessato abbia maturato, senza tuttavia esercitarlo, il diritto alla pensione anticipata, requisito contributivo di 42 anni e 10 mesi al quale aggiungere tre mesi di finestra mobile, in data ante- cedente al raggiungimento del limite ordinamentale di 65 anni, «il medesimo dovrà essere colloca- to a riposo a decorrere da tale data». Nell’ipotesi in cui, invece, l’appena cita- to requisito contributivo sia stato maturato successivamente al compimento dei 65 anni, ma prima dei 67 anni, «il collocamento a riposo dovrà essere disposto alla maturazione del predetto requisito contributivo». Nel caso di Santangelo, per la magistratura contabile la data del 1° marzo 2023 risultava all’evidenza, sulla base dei periodi di servizio computati nel provvedimento all’esame, «di gran lunga successiva sia a quella del compimento del 65° anno di età, prima ipotesi, sia, ma eventualmente di qualche giorno, per quanto è dato di rilevare, a quella della maturazione del diritto al conseguimento della pensione anticipata, seconda ipotesi». Chiesto, pertanto, al Ministero di sapere quando Santangelo avesse maturato il requisito contributivo per il diritto alla pensione anticipata e se fosse prima del compimento del 65° anno di età o dopo. Lo scorso aprile, nuovi calcoli col seguente risultato: il dipendente pubblico risultava aver effettivamente maturato il requisito contributivo per il diritto alla pensione, «per un totale di 43 anni e un mese», il primo agosto 2021. Dal Ministero, l’aggiunta ai numeri per giustificare la richiesta di registrazione dell’atto «nonostante le evidenti violazioni normative». Atto, però, che, come specificato, era ormai già stato registrato, con controllo di legittimità, pertanto, non più preventivo. Comunque da interlocuzioni varie, erano emerse «difficoltà e possibili conseguenze negative di un decreto retroattivo, le- gate essenzialmente al contenzioso che il dipendente avrebbe potuto avviare nei confronti dell’Amministrazione, considerato che lo stesso aveva già manifestato per le vie brevi di voler contestare un computo di servizio prruolo di 4 anni, 6 mesi e 14 giorni, a suo dire mai notificatogli». Nel giugno scorso, dal Ministero l’annuncio del ricorso alla bandiera bianca: si «procederà all’annullamento del provvedimento in questione» che è quello che prevedeva la quiescenza dal 1° marzo 2023. La via per la pensione, un tragitto ad ostacoli con date e calcoli ad intermittenza. Così si arriva a poche settimane fa, lo scorso luglio: nuovo decreto del Segretario regionale ad interim del Ministero della Cultura con cui in un sol colpo annullava i precedenti atti, di dicembre 2022 e di febbraio e marzo 2023, che riportavano il collocamento in quiescenza a far data dal 1° marzo 2023, stabilendo la quiescenza per limiti ordina- mentali con decorrenza 1 Ottobre 2021. Tutti in attesa del giudizio finale della Corte dei Conti che, però, per via di una formalità non c’è. Nel senso che, non facendo riferimento all’ultimo decreto di luglio col pensionamento retroattivo dal 2023 al 2021, la magistratura contabile ha dichiarato il non luogo a provvedere sulla legittimità del decreto del marzo scorso, quello con la quiescenza dal 1° dello stesso mese, per essere stato annullato dal Segretario regionale ad interim del Ministero della Cultura in autotutela. La formalità ha chiuso così il primo tempo, a breve il secondo.