BUCALETTO, IL CENTRO DI ASCOLTO «PUNTO DI RIFERIMENTO E DI AGGREGAZIONE»
Il responsabile Gerardi racconta a Cronache le attività della struttura e di come è cambiata la tipologia di persona che vi si rivolge
È un luogo accogliente, bello, colora- to il centro di ascolto diocesano presente a Buca- letto. La struttura vuole essere un laboratorio di partecipazione, vuole sperimentare, coinvolgere i tanti cittadini che vi entrano per chiedere aiuto e non solo. Ormai il centro di Bucaletto è diventato luogo di aggregazione non soltanto per gli abitanti del quartiere. Delle attività e dei progetti in essere ne abbiamo parlato con Salvatore Gerardi, responsabile del Centro di ascolto diocesano di Bucaletto.
Il Centro di ascolto della Diocesi di Potenza- Muro Lucano-Marsico Nuovo, negli anni è diventato vero punto di riferimento per gli abitanti del quartiere. È qui che si rivolgono quando hanno un problema o quando hanno bisogno di aiuto. Quali sono le attività poste in essere?
«Il Centro di ascolto diocesano ha sempre avuto una sede a Bucaletto, si è trasferito in questa struttura nel 2021. E negli anni è diventato un punto di riferimento sia per il quartiere di Bucaletto che per la città di Potenza e per l’intera diocesi in quanto molti casi vengono condivisi con i sacerdoti dei centri di ascolto ubicati altrove. Inoltre in questo luogo si tengono molti corsi di formazione per i nuovi volontari o per i volontari della Caritas diocesana. 0 un luogo che negli anni è diventato un vero punto nevralgico per l’intera diocesi. È qui, in queste stanze che svolgiamo le attività più disparate, quella del centro d’ascolto è la principale. Le persone è qui che approda- no quando hanno un bisogno o sono in difficoltà. Abbiamo organizzato molte attività ludi- co-educativa rivolte sia ai ragazzi che agli adulti. Nell’ultimo anno abbiamo attivato un laboratorio creativo per il riciclo di oggetti che ha avuto un discreto successo. Abbiamo anche sperimentato un nuovo modo di accogliere i cittadini nei centri di ascolti. Molte volte questi sono luoghi impersonali e noi abbiamo provato, attraverso progettazioni condivise sia con i volontari che con le perso- ne che ricevono l’aiuto, a rivoluzionare questi luoghi, renderli più accoglienti. È stato bellissimo vedere come volontari e beneficiari lavorassero insieme per creare nuovi luoghi che potessero essere percepiti come la “casa di tutti” dove tutti sono i benvenuti».
Questo è un luogo accogliente ma si sa che spesso le persone bisognose hanno difficoltà a chiedere aiuto. La gente prova ancora vergogna ad entrare in un centro di ascolto? Questo è ancora un tabù?
«Purtroppo come sempre c’è ritrosia. Nell’ultimo anno e mezzo anche il volto di chi si rivolge alla Caritas è molto cambiato. Già da qualche anno ci troviamo di fronte a nuovi fenomeni completamente diversi da quello della povertà cosidetta cronica. C’è, ad esempio, il fenomeno del lavoro povero, quello precario e poco retribuito che purtroppo colpisce molti ragazzi. Nell’ultimo anno, però, si rivolgono a noi persone con un reddito che non è nemmeno tanto basso ma che non permette più loro di arrivare a fine mese. Queste persone si rivolgono a noi quando proprio non ce la fanno più, quando le situazioni diventano talmente complesse che non hanno altra scelta ed è allora che entrare in questo posto diventa davvero molto difficile»