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QUOTIDIANE BUFALE CONTRO CRONACHE

Il comunicato d’un comitato inesistente: su alcune testate locali la notizia in 1 pagina, la smentita in un piede di pagina

La concorrenza imprenditoriale e la differenza di idee è un bene nei media. È un bene per una società democratica che esistano testate di ispirazione differente, di orientamento differente, è un bene che ci si confronti e ci si misuri sulla capacità di raccogliere le notizie, di farne comunicazione, di costruire una narrazione e, perché no, anche sulla potenzialità incidenti nei processi decisionali. È il compito dei giornalisti e noi da sempre abbiamo accettato questa sfida. Non chiediamo mai nessuno sconto né alcuna forma di indulgenza nei nostri confronti. Non è questo il nostro stile. Anche se abbiamo sempre evitato attacchi diretti e abbiamo sempre cercato di mostrare solidarietà alle altre testate quando è stato possibile e necessario, non chiediamo da nessuno lo stesso trattamento, ognuno ha il suo stile. Il giornalismo, che ovviamente si nutre anche di scoop e di inchieste, si alimenta correttamente verificando le fonti. Siamo sommersi da notizie di ogni tipo. In ogni redazione arrivano centinaia di comunicati e sarebbe nostro compito cercare di verificare se queste notizie sono vere. Altrimenti si rischia di titolare sul nulla e di riempire spazi sul niente.

LA BOUTADE QUOTIDIANA

Nei giorni scorsi tutti i giornali locali hanno titolato in prima pagina parlando di noi. Lo hanno fatto non per criticare una nostra lettura di un fatto ma per riportare un comunicato stam- pa proveniente da un sedicente “comitato spontaneo dei giornalisti pugliesi di Cronache”. Nel Comunicato si faceva riferimento ad episodi di mobbing, di stipendi non pagati, di atti persecutori nei confronti dei giornalisti pugliesi. Sarebbe stato corretto da parte dei nostri col- leghi delle altre testate telefonare nella nostra redazione per chiedere se fossero vere le notizie, se avessero almeno un minimo fondamento di verità o di veridicità. Questo sarebbe stato il dovere di ogni giornalista che verifica le fonti. Non è stato fatto. Ci rendiamo conto che, forse, questo era chiedere troppo zelo. In realtà per verificare se la notizia fosse vera o falsa sarebbe bastato controllare le firme sotto il comunicato, accertarsi della loro provenienza. Un comitato, per definizione, deve essere composto da più persone, non può avere un solo firmatario. Nulla di tutto ciò è stato fatto.

IL COMITATO NON ESISTE

Quando si ha fretta di offendere e per farlo non si controlla ciò che accade, può capitare che tutto ciò torni in faccia a chi lo ha fatto. La gattina frettolosa fa i gattini ciechi. Il giornalista poco scrupoloso viene smentito dai fatti. È bastato un giorno perché giornalisti della redazione pugliese di Cronache scrivessero chiaramente che il comitato non esiste, che l’iniziativa è stata presa da un solo giornalista, che non esiste nessuno stato di agitazione, che tutti gli stipendi sono stati pagati fino al licenziamento, che non c’è stato mai nessun mobbing. In pratica la fretta ha fatto titolare in prima pagina contro di noi. I fatti si sono adoperati per smentire le elucubrazioni del giornalista poco attento. Ci saremmo aspettati alla smentita la stessa visibilità della notizia. È la base del nostro lavoro. Non così è stato. Per un comunicato stampa proveniente da un comitato che non esiste è stata scomodata la prima pagina. Per un comunicato di smentita dell’esistenza del comi- tato ci si è limitati ad un piccolo piede.

PERCHÈ TANTO ODIO?

Non possiamo immaginare che il quotidiano errore sia dovuto ad una amata distrazione. Conosciamo la grande competenza dei nostri colleghi che lavorano sulle altre testate. Sappiamo che sono sempre scrupolosi e attenti e conoscono bene gli obblighi deontologici. Non ci piace parlare con il retropensiero del conplottista ma non possiamo che chiederci perché tanto odio? La vita delle testate, soprattutto di quelle locali, è complicata. Vive di alti e bassi, di piccole soddisfa- zioni e di grandi crisi, di problemi reali e di immaginazione. Nelle crisi e nelle difficoltà ci siamo passati tutti e tutti ci passeremo. È una costante. Facciamo un lavoro antico che forse, nel tempo dei social e dell’eliminazione dell’intermediazione, non è più di moda. Perché dobbiamo odiarci? Perché arrivare ad approfittare di un falso comunicato, di una dichiarazione poco chiara per attaccare un’altra testata. Una Nazione, una Regione, la Stampa non possono vivere di guardia e ladri. Non sarebbe giusto. Litighiamo e confrontiamoci sulle idee. Mostriamoci più capaci nel trovare le notizie. Cerchiamo di avere una visione netta e nitida delle cose da fare. Non perdiamo tempo in cose senza senso. Non ne vale la pena. Non abbiamo la competenza giuridica per sapere se ci sono gli estremi per una querela o per una causa civile. Non ci interessa. È attività per avvocati. Noi non lo siamo e non ne conosciamo i metodi né la tecnica. Da modesti scrittori di fatti di provincia qual siamo, però, ci sentiamo di dire ai nostri colleghi che hanno più capacità di noi, di essere più sul pezzo e meno sull’odio. L’odio non paga. Noi non ne proviamo. Vorremmo non esserne destinatari. Abbiamo visioni diverse dalla Basilicata, della Giustizia, della Nazione? È un bene. È un bene sommo ed importante. Misuriamoci su quello. Concorriamo su quello. Queste cose lasciamole ai piccoli di spirito. Se proprio non potete farne a meno ne prendiamo atto. Tenetevi le ghiande, lasciateci le ali.

Di Massimo Dellapenna

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