CHIORAZZO, LE RAGIONI DEL NO
Regionali, i pentastellati sanno che il loro elettorato non li seguirebbe in una coalizione espressione dei poteri economici. Snaturarsi per improbabili alchimie: il M5S dice no e rivendica la leadership del campo largo
Se Chiorazzo credeva di essere accolto con tutti gli onori come un messia atteso da tempo, evidentemente aveva fatto male i conti. Questo è quello che appare dalle parole di Araneo, segretario provinciale del Movimento Cinque Stelle che, ai microfoni di Oltre il Giardino, non soltanto ha sbarrato la strada all’ipotesi della sua candidatura ma ha anche rivendicato il peso del suo Partito e il suo diritto di rivendicare la candidatura alla Presidenza di un eventuale campo largo. Il Movimento Cinque Stelle, troppo spesso dato per morto, in Basilicata è il primo partito alle ultime elezioni politiche, esprime la Presidenza della Provincia di Potenza e ha eletto tre consiglieri regionali alle ultime elezioni regionali. La logica di Araneo è ferrea e serena. Se si deve costruire un campo largo è necessario che la guida venga assegnata al primo partito della coalizione.
GLI ELETTORATI NON SI SOMMANO
Non è soltanto un mero calcolo di dati elettorali di partenza quello che fa Araneo, è anche un dato politico che non può essere sottaciuto. Nelle parole del leader potentino del movimento, infatti, traspare come sia difficile se non impossibile sommare elettorati che sono in grande parte incompatibili. L’elettorato del Movimento, infatti, è cresciuto e si è nutrito di antipolitica, di lotta alla casta e al privilegio. Può mai accettare di piegarsi alle logiche non solo della vecchia politica ma anche di imprenditori che hanno da sempre rapporti con gli enti pubblici? Se noi, infatti, leggiamo il ragionamento di Araneo troviamo proprio questi fondamentali: il potenziale conflitto di interessi, la vecchia politica, il Candidato Presidente scelto da un Giornale legato a gruppi imprenditoriali etc… insomma tutto ciò che è stata la forza del M5S e che gli ha consentito di essere stabilmente il primo partito in Basilicata. Se anche tutte queste eccezioni logiche dovessero essere superate in nome del cinismo amorale della politica, se anche si dovessero fare unioni contro natura al fine di costruire una coalizione che possa battere la destra, siamo davvero sicuri che questo ragionamento spontaneamente fatto da un dirigente del Partito non venga poi ribadito dagli elettori del Movimento nel segreto dell’urna? Chi mai potrà convincere un elettore del M5S a vo- tare come candidato Presidente un imprenditore legato al mondo delle cooperative, lanciato nell’agone politico da un quotidiano in una coalizione che mette insieme anche elementi provenienti dal vecchio sistema del Partito Regione? Sarebbe soltanto un’alchimia di palazzo senza sangue. Un’intesa che non può che trovare un respingimento da parte dell’eletto- rato. In questo clima il ragionamento dei Cinque Stelle è semplice e coerente, difendere la linea del Partito, la sua naturale vocazione e quegli elementi caratterizzanti che gli hanno permesso di ottenere e in Basilicata mantenere il consenso politico.
L’OTTIMO DI PARETO E LA PERFETTA ALLOCAZIONE DELLE RISORSE
Quando la politica non era improvvisazione e i politici erano professionisti, per scalare le posizioni che portavano ai ruoli più importanti ci si dedicava allo studio della politica e dei suoi principali autori. Tra di essi uno spazio non indifferente era dedicato a Vilfredo Pareto, padre del- la sociologia politica e autore di un principio che può essere sempre utilizzato in qualsiasi sistema politico, economico e ad- dirittura nella teoria dei giochi. Si ha l’ottimo di Pareto quando nessuno può migliorare la sua condizione senza peggiorare quella degli altri. È un punto di equilibrio in cui nessuno ha interesse a modificare la propria posizione se non vuole danneggiare se stesso o gli altri. È esattamente la situazione nella quale si trova il cosiddetto campo largo in Basilicata. Il Movimento Cinque Stelle sa che il suo elettorato non lo seguirebbe in un percorso di aggregazione con uomini legati a vecchi apparati di potere politico e/o imprenditoriale. Gli ultimi reduci del sistema Basilicata sanno che, se dovessero accettare di perdere la leadership del centrosinsitra, non avrebbero nessuno spazio né nell’immediato futuro né nel futu- ro più lontano. I vari movimentismi civici devono riuscire a costruire intorno a loro ma non possono rinunciare alla leadership se vogliono essere credibili. Qualsiasi movimento verso il campo larghissimo Pd-M5S-Civici determinerebbe la fuoriuscita di parte dell’elettorato che si rifuggirebbe verso il non voto, verso movimenti che fossero alternativi ai due poli o, addirittura, potrebbero cercare nel centrodestra il partito verso il quale far rifluire il moto populista (la Lega per anni è stata un’alternativa in questo campo di gioco al M5S). “Quieta non movere et mota quietare” dicevano gli antichi romani. L’agitarsi senza meta non produce nulla se non errori. L’elettorato italiano è tripartito da anni: il centrodestra, il centrosinistra e il populismo moralista dei Cinque Stelle. Nessun’alchimia politica può modificare questa situazione. Neanche un’alchimia benedetta dalle più alte gerarchie ecclesiastiche, neanche se prova a costruire a suo favore il vento.
Di Massimo Dellapenna