Vorrei rivolgere un saluto molto breve, ringraziando anzitutto il Rettore per l’invito ad essere presente in questa occasione di così grande importanza.
Rivolgo un saluto di grande cordialità ai Ministri Bernini e Sangiuliano, al Presidente della Regione, al Sindaco, al Maestro Bocelli, a tutti i presenti.
Un saluto ai Rettori di altri Atenei presenti, al Corpo accademico, al personale tecnico-amministrativo, bibliotecario, di cui, poc’anzi, la rappresentante – dottoressa Serpico – ha ben illustrato la dedizione sovente appassionata – come ha detto – sempre indispensabile nel contributo alla vita dell’Ateneo. Di questo come di ogni altro.
E un saluto particolarmente intenso alle studentesse e agli studenti di questa Università. Che poc’anzi il loro rappresentante, Mazzucco, ha definito – se non sbaglio – la ricchezza prima e fondante, di questa, come di tutte le altre Università.
Ringrazio il Ministro Bernini per il suo intervento, per le considerazioni rilevanti che ha svolto, particolarmente per quella con cui ha dato conoscenza di quanto già realizzato e quanto è in corso di attuazione per gli alloggi per studenti fuori sede.
È una questione non soltanto di primaria importanza, ma anche antica. Non sarà sfuggito al Ministro, come non è sfuggito a me – né certamente ad alcuni dei presenti – come, nella prolusione, il Professor Mazzucchi, ha – volutamente, immagino – ricordato che Federico II disponeva alloggi a prezzi calmierati per gli studenti. Se non ricordo male, indicava anche la quantità: due Tarì d’oro.
Capisco, Ministro, che Federico II aveva strumenti di maggiore efficacia e persuasione, però non c’è dubbio che anche su questo tema – come sempre – abbiamo molto da apprendere dal passato. Ringrazio il Rettore per la sua relazione.
In termini brevi, per motivi di tempo, ci ha però illustrato lo stato dell’Ateneo. La sua natura, le sue propensioni, il suo sviluppo, il suo rapporto con le studentesse e gli studenti, la sua proiezione sociale e quella internazionale.
Lo ha fatto anche facendolo precedere, con comprensibile orgoglio, da un’elencazione soltanto di alcuni dei nomi illustri di docenti e studenti che hanno vissuto in questo Ateneo, in questi secoli. Una storia lunga. Ottocento anni rappresentano un parametro di riflessione temporale che supera le abitudini, supera i criteri comuni con cui ci si confronta con i problemi, alle volte soltanto del momento presente, con qualche angustia di visione.
E costringe a riflettere su alcune cose più impegnative, di visione più ampia. E tra queste è importante anche ricordare come agli inizi del secondo millennio, i primi studia, le prime Università – da Napoli a Bologna, da Padova a Parigi – hanno costruito l’ispirazione d’Europa; hanno definito quel sistema di cultura, di princìpi culturali, di valori che sono alla base della coscienza europea.
L’Europa – ce lo ha ricordato Chabod – non è uno spazio geografico soltanto; non è neppure un ambito di auspicabile buona collaborazione tra gli Stati. È ben di più. È cultura comune, valori, consapevolezza di scambi, di consonanza ideale, di principi di libertà, di diritto, di rispetto di ogni singola persona.
È tutto questo quello che è alla base e che ha consentito quello straordinario fenomeno che è il processo di integrazione europea, quella promessa di pace reciproca che si sono scambiati popoli e Stati europei dopo la Seconda guerra mondiale.
E in questa stagione, in cui le guerre riprendono a insanguinare l’Europa orientale, il Mediterraneo e altre zone del mondo, ricordare questi valori e l’immenso valore di queste scelte è particolarmente importante. E farlo in questa sede.
Anche perché le Università sono state alla base di quel sistema di valori che ha condotto all’integrazione europea e a questo messaggio di pace che si erano scambiati i popoli europei e che nel mondo si presenta.
Perché, per la pace, la cultura, la ricerca, lo studio, il dialogo di ricerca comune oltre le frontiere, è un elemento indispensabile, senza il quale non procede uno sviluppo di pace. E per questo è di grande importanza quanto avviene nelle Università.
Poc’anzi nella prolusione – per la quale lo ringrazio molto – il Professor Mazzucchi ci ha rammentato i tempi in cui, nelle nostre città, e altrove, convivevano con grande serenità, e in maniera preziosa, non soltanto le religioni monoteiste, le grandi religioni monoteiste, ma anche le culture diverse, di tanti ambiti, di tanti luoghi. Con uno scambio reciproco proficuo per tutti. Una feconda convivenza culturale.
Neppure quarantott’ore ore fa, mi trovavo in Uzbekistan, in una città che era la capitale del Regno in cui 1.200 anni fa nacque un grande matematico: al-Khwarismi. Talmente grande, come sanno i docenti e gli studenti di matematica, che dal suo nome trae il termine ‘algoritmo’.
In quello scambio culturale di allora vi è stato un esempio di civiltà nella storia del mondo, che andrebbe – come è stato detto – richiamato in questa stagione così incomprensibilmente carica di tensione e di pericoli.
In tutto questo vorrei dire a Fatima Mahdiyar – che ci ha parlato poc’anzi – che è esemplare la sua testimonianza. Che è stata un’esaltazione del rapporto inscindibile tra cultura e libertà. Capisco le difficoltà che deve aver incontrato per studiare, per inserirsi in nuove relazioni, in un Paese diverso, con lingua diversa. Ma lei dimostra che la volontà di cultura supera ogni difficoltà. Auguri.
Vi sono state, negli interventi che abbiamo ascoltato questa mattina, alcune considerazioni che sottolineano come la Federico II abbia alle spalle una grande storia. Anzi, non alle spalle, abbia su di sé una grande storia.
Ma guarda anche al futuro.
Non a caso, in questo Ateneo vi sono – come abbiamo ascoltato da quanto il Rettore ci ha esposto – alcuni segnali di convivenza rispetto a tensioni internazionali.
E quei segnali sono di grande civiltà e significato, Magnifico Rettore.
È importante, per quanto riguarda il futuro, quanto è stato fatto, e quanto tra poco verremo a visitare a Scampia.
Questa iniziativa – non la sola di questo Ateneo – che ha trasformato un sito di degrado e speculazione in un prezioso presidio di servizio sanitario e sociale, è un grande risultato. Che è anche un messaggio che supera il valore straordinariamente grande del servizio sanitario, perché è un messaggio che dà coraggio, che infonde coraggio, per sgominare la paura, che è una condizione che induce all’indifferenza – quando non all’assuefazione – all’illegalità, all’emarginazione, alla prepotenza.
E la violenza – per usare le parole, qui a Napoli, di Benedetto Croce – non è forza, ma è debolezza. E, come lui diceva – ricordo in maniera approssimativa – non costruisce, ma distrugge.
Soltanto la cultura costruisce.
Per questo il ruolo degli Atenei è così importante.
Grazie per quello viene fatto nelle nostre Università.
Buon Anno accademico