“LISTA DEI VESCOVI”, OBOLI POLITICI
I dem abbandonano le primarie e ignorano il consenso reale: dimenticano i sindaci, ma i cittadini no. È Marrese, fascia tricolore di Montalbano e presidente Provincia Matera, il più amato dai lucani
“La politica è sangue e merda”, la definì così Rino Formica, storico leader socialista che in questa frase declinò e spiegò come la politica fosse sacrificio, crescita dal basso, impegno, contrasto, lotta quotidiana per il proprio partito e per far trionfare le proprie idee. Il binomio di Formica sembra essere sparito nella politica quotidiana. Sembra quasi che la politica, almeno nei luoghi della decisione, sia diventata una parata televisiva tra tattica e teoria, un insieme inscindibile tra apparati e amicizie che contano. Una metodologia che ha sempre di più allontanato la politica dal cittadino e che, soprattutto a sinistra, ha prodotto l’allontanamento dell’elettorato dalle classi dirigenti viste sempre di più come distanti dalle istanze dei territori.
I SINDACI
Esiste un solo livello politico che trionfa nel consenso popolare. Sono i sindaci, quegli eroici rappresentanti dei comuni che con pochi soldi, pochi uomini, pochissime risorse e tanto impegno hanno deciso di sacrificarsi per la propria comunità. Sono quelli che si adoperano tutti i giorni nel tentativo di risolvere le questioni dei cittadini. Sono quelli che, soprattutto, nelle nostre comunità non possono sfuggire dal contatto quotidiano con il Popolo che li cerca, li raggiunge, ci parla e attende risposte. Quando fu introdotta l’elezione diretta del Sindaco sembrò aprirsi una nuova stagione per la politica. I Sindaci, non più espressione di alchimie consiliari ma eletti direttamente dal Popolo, erano la nuova elites politica dei territori, contavano più dei segretari di partito. Epica fu la scelta di Fini e Rutelli, all’epoca leader di due partiti destinati a prendere sempre più spazio dopo la fine della Prima Repubblica, di misurarsi nella competizione elettorale della Città di Roma. Sembrava che tutto dovesse cambiare, che i partiti avrebbero avuto la capacità di cogliere dalle esperienze amministrative le nuove energie necessarie per ritornare a dialogare con il Popolo. Ci furono anche dei casi storici importanti: Antonio Bassolino, sindaco di Napoli divenne presidente della Regione Campania, provenienza analoga ha avuto l’attuale governatore Vincenzo De Luca. Il Partito Democratico, soprattutto, per un lungo tempo fu il partito dei sindaci.
IN BASILICATA NON È COSÌ
La Basilicata fa eccezione a questa narrazione. Il Partito Democratico ed il centrosinistra in crisi non ricordano di avere i sindaci, non riescono a costruire dal territorio la linfa necessaria per un rilancio verso una ipotetica vittoria. Certo il segretario del Pd è il sindaco di Picerno Giovanni Lettieri ma nessuno nel partito ha mai pensato di candidarlo alla presidenza della Regione e lui stesso, forse anche perché scottato dalle recente conclusione dell’autocandidatura di La Regina, giustamente non ha pensato di autocandidarsi ma ha subito incensato la scelta vescovile di Chiorazzo rinunciando anche all’ipotesi di esprimere una candidatura del Partito Democratico. Eppure di Sindaci capaci di raccogliere consenso e che hanno dimostrato una grande capacità amministrativa il Partito Democratico ne ha tanti. In Democrazia la valutazione della capacità si misura nel consenso e quello delle amministrative è un consenso vero, diretto, che non si può nascondere dietro il paravento degli apparati. I cittadini le vedono le strade asfaltate o le aiuole non sistemate, non puoi nasconderle dietro i sondaggi.
PIERO MARRESE PER ESEMPIO…
Se il supremo giudice del politico è il Popolo, Piero Marrese ha superato il giudizio a pieni voti. Quando vinci le elezioni nel tuo Comune da sindaco uscente contro il centrodestra che aveva appena vinto le elezioni regionali e sembrava invincibile anche grazie all’autorevole candidatura di un dirigente nazionale di FdI come Rocco Tauro e le vinci con il 90% non ci sono dubbi che il giudizio di chi ti conosce è positivo. Quando diventi per due volte presidente della Provincia di Matera all’unanimità, senza che nessuno degli altri sindaci della provincia provi neanche a candidarsi contro è evidente che il giudizio degli amministratori nei tuoi confronti è positivo. Non ci meraviglia, pertanto, il sondaggio recentemente uscito secondo il quale la popolarità di Marrese sarebbe più alta di quella di Chiorazzo. Da una parte un politico che si è costruito dal basso, dall’altro un prodotto di laboratorio imprenditoriale-politico-ecclesiastico che accarezza sulla testa i bambini ma non ha mai fatto la fila ad un supermercato, non ha mai ricevuto un cittadino che si lamenta per una illuminazione non funzionante, non ha mai dovuto programmare nulla nel nome dell’interesse generale.
QUOS VULT IUPPITER PERDERE DEMENTAT PRIUS
In “Guerra e Pace” è Tolstoj che riprende l’antico brocardo latino secondo cui Giove a quelli che vuole rovinare toglie prima la ragione, lo fa parlando della disastrosa decisione di Napoleone di avviare la campagna di Russia. Mutatis mutandis si potrebbe utilizzare per le decisioni del centrosinistra mentre si prepara alla campagna elettorale prossima ventura. Ha un bagaglio di amministratori locali che gli fanno fare bella figura sul territorio, che hanno già dimostrato di saper vincere anche quando il centrosinistra perdeva ovunque ma il Pd accetta il Papa straniero imposto da una lista civica. Eppure è esistito un tempo in cui il Partito Democratico attingeva a piene mani dai sindaci per costruire i cavalli di battaglia per vittoriose campagne elettorali. Era il tempo in cui la politica era una cosa seria ed il cursus honorum una necessità. Un tempo che il Pd dei salotti ha evidentemente dimenticato abbandonando nelle retrovie chi ha dimostrato di saper vincere e ben governare.
Di Massimo Dellapenna