BIG LEGA, GRANDE PURE IL TONFO
Regionali, al Park Hotel il Ministro Calderoli e i capigruppo Molinari e Romeo: nessuno lascia il segno, il Carroccio arranca. Pepe si gioca i jolly, ma nessuno se n’accorge: la partita è a un altro tavolo
I pubblicizzati big della Lega, al Park Hotel alle porte di Potenza, sono apparsi tutt’altro che big. Nel ciclico passaggio di voti all’interno del centrodestra da un partito all’altro della coalizione, alle condizioni attuale, sembra che il Carroccio debba saltare un turno. Il Commissario regionale Pasquale Pepe li ha definiti dei «pezzi da 90 della politica italiana», ma al di fuori dei confini della Padania, cogliere, anche alla luce dei loro interventi lucani al Park Hotel, il valore reale del Ministro Calderoli, e dei capigruppo alla Camera e al Senato, rispettivamente Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, risulta impresa complicata. A parlare, non tanto per qualità quanto per quantità, ineccepibili: così tante chiacchiere che ognuno dei big è riuscito, nel corso del discorrere, a sostenere anche il contrario di ciò che poco prima aveva difeso. I leghisti con ambizione di essere una copia in carta carbone di Salvini, con tutto ciò che ne può venire fuori, più che argomentare, difendono. Come se il portare la spilletta di Alberto da Giussano sulla giacca, attivi in loro una sorta di immedisimazione con la figura di una qualche tipologia di paladino, che trasformi in loro agire politico in una obbligatoria e obbligata difesa di noumeni. Così strenui nella difesa, che tra due contendenti riescono a difenderli entrambi. Un relativismo relativo che non si sa dove approdi. Così, per esempio, Romeo ha esordito ricordando che la Lega nasce contro il centralismo romano, per poi però ammettere, come, ma non solo, sulla Zes unica, che serve una «certa flessibilità» tra centralismo e decentramento. C’è un centralismo buono, uno cattivo e via discorrendo, ben si comprende come si possa dire tutto e il contrario di tutto, con continui catenacci verbali comprensibili nella forma, meno nella sostanza. Tale protervia se dilaga, porta, come accaduto, a fare battaglie, il riferimento è ad uno degli interventi di Molinari, contro l’Europa che sul riusoriciclo favorisce le nazioni del Nord, anche la Lega Nord è a Sud di qualcosa, perchè lì si producono i bastoncini in legno utilizzati dai distributori automatici per far girare il caffè, mentre un tempo quei bastoncini erano in plastica e li produceva l’Italia. Romeo, apparso in forma. Il Pnrr, tra le tante cose dette, bene come «mentalità», ma non nella «pratica». Perchè l’Italia non era pronta. Chissà che il Pnrr non sia buono nella pratica, ma sbagliato nella mentalità italiana. L’ipotesi, magari, sarà vagliata da Romeo ed entourage. Pepe vede i «marziani» e Calderoni sente la «febbre»: «Se devo dire il livello della temperatura della Lega in Basilicata, vedendo questa sala, direi che c’ha la febbre». I «marziani» di Pepe, tra i tanti che avrebbe potuto nominare non avrebbero sfigurato i vari Liuni e Marti coi loro mandati lucani a mo’ di esperimento sociologico, sono invece quelli del centrosinistra. Marziani perchè «sono in un contesto estraneo alla Basilicata». «Questa sala del Park Hotel – è stato uno dei picchi del discorso di Pepe – era la sala del Partito democratico, cioè del Partito regione, ma ora siamo noi in questa sala e sono contento che abbiamo organizzato questo evento qua». Pur sempre soddisfazioni. «Nel Sud – ha specificato Pepe – la Lega è il partito più giovane del centrodestra. Il nostro obiettivo è la doppia cifra elettorale. Il centrodestra è la coalizione da battere, ma deve essere rinforzato, sia rispetto alla rappresentanza che alla proposta politica, e bisogna aprirsi ai civici». Il finale ad effetto: «La Lega si serve, della Lega non ci si serve». In conclusione, se l’oste può dire che il vino è buono, anche Pepe può affermare che Calderoli, Romeo e Molinari sono dei «pezzi da 90 della politica italiana».