La fragile grandezza della disabilità: la singolare bellezza dell’essere “vasi di Murano”
di Maurizio Compagnone
Analista geopolitico
di Maurizio Compagnone
Analista geopolitico
La fragile grandezza della disabilità: la singolare bellezza dell’essere “vasi di Murano”
Si celebra oggi la “Giornata Internazionale delle persone con disabilità”.
Celebrare, commemorare, ricordare: spesso le “Giornate” si riducono a retorica, parole vane, discorsi vacui e di circostanza, svilendo il loro intrinseco significato.
Celebrare, commemorare, ricordare per agire!!!
Mi auguro, infatti, che il mondo possa veramente cambiare, mutando paradigmi di riferimento, e che una rivoluzione culturale, quanto mai necessaria, possa scuotere le coscienze per costruire una società davvero inclusiva!
Fino a quando avremo la necessità di fermarci a riflettere e strutturare eventi in cui si “parla” di disabilità, di inclusione, di cultura paralimpica e, persino, di diritto allo sport, previsto dalla Costituzione Italiana, vuol dire che esistono ancora esclusioni, discriminazioni, pregiudizi e preconcetti.
Ancora oggi non siamo capaci di guardare l’altro con gli occhi di chi va “oltre” l’apparenza, per valorizzare, sempre e comunque, l’unicità della persona, impegnandosi, concretamente, a tutelarne la dignità.
La “diversità”, che considero un valore aggiunto, è percepita dai più come un limite, come una barriera che separa e non come un ponte che congiunge.
Nessuno può permettersi di stabilire chi sia “normale” e chi “diverso”!
Normale o diverso rispetto a quali parametri di riferimento? Non esiste una tassonomia di normalità o diversità.
Tassonomia: studio della teoria e delle regole di classificazione; può basarsi sull’anatomia, sulla morfologia e sulla biochimica.
Vi dico io cosa c’è veramente dietro al mondo “apparente” della “disabilità”: diritti che esistono solo sulla carta, diritti negati che, non essendo davvero per TUTTI, sono soltanto PRIVILEGI per coloro che possono usufruirne.
Squarciando il velo di Maya della disabilità, emergono VITE fragili di persone stravolte dalla malattia, con il cuore spezzato dalla burocrazia, tra l’indifferenza dilagante di chi dovrebbe trattare con i guanti bianchi chi soffre, mentre proprio chi dovrebbe tutelare l’atleta “diverso” non rispetta le necessità di chi ha bisogno.
Non sono le leggi che mancano!
Manca la sensibilità nelle persone “sane” di capire cosa viva realmente il diversamente abile.
Manca la sensibilità di capire che vivere con l’incertezza di ogni domani è lacerante, per animo, psiche e corpo, e che la possibilità di mantenere una vita normale è la migliore fonte di coraggio per non arrendersi allo sconforto, alla desolazione, alla malattia.
Porto ovunque la mia testimonianza e la mia “reale” esperienza, vissuta e subita sulla mia pelle, sperando che qualcosa possa veramente cambiare, visto che, al di là delle solite belle parole, niente si muove concretamente lì dove c’è il potere per farlo.
“Fragilità è una parola antica e moderna, recuperata da non molto nei suoi vasti orizzonti tematici, che sconfinano dalla debolezza alla vulnerabilità, dalla delicatezza alla sensibilità. Ci sono parole di moda che nascono e rapidamente muoiono, ma ce ne sono altre che la moda fa riemergere dall’oblìo e che resistono anche allo scorrere del tempo, mantenendo il loro senso e la loro attualità, perché hanno in sé significati profondi e indelebili. Questo mi sembra essere il destino della fragilità, anche se non sempre si ha una chiara e adeguata coscienza della sua complessità, e della sua importanza psicologica e umana. C’è la fragilità che è ombra, smarrita stanchezza del vivere, notte oscura dell’anima, e c’è la fragilità che è grazia, linea luminosa della vita: l’una sconfina nell’altra e si rafforzano”.
Le parole dello psichiatra e saggista italiano Eugenio Borgna trovano concretezza nei miei vissuti, nelle mie esperienze, nel mio operato quotidiano.
Gli eventi e le manifestazioni sportive che io stesso, insieme al mio Team, organizzo o a cui partecipo come atleta o testimonial favoriscono l’accoglienza, l’integrazione, l’inclusione del “diverso”, riscoprendoci tutti uguali e diversi nei bisogni, nei sentimenti, negli affetti, nell’intrinseca umanità di fondo.
In queste occasioni emerge come di rilevante importanza sia fare come gli altri, stare con gli altri, fare gruppo, uniti per contare sugli altri e per gli altri, nella costruzione di un “NOI” inclusivo, accogliente, integrante, nel calore di una unità che arricchisce interiormente, e non nella freddezza di un “LORO” distante, che isterilisce gli animi.
Fragilità, disabilità, diversità, differenza: sfumature sinonimiche che perdono di sostanza se si riducono ad etichetta, stigma, contrassegno.
Ciascun atleta, con la propria peculiarità, specificità, quindi, preziosità, dimostra come quelle sfumature terminologiche trovino senso solo nell’unità della ricchezza della diversità, vista come risorsa e non come ostacolo, come ponte da costruire, per intessere relazioni umane ricche e arricchenti, e non come muro da erigere, per dividere, separare, isolare.
Ancora una volta voglio sottolineare l’importanza dello sport quale veicolo di valori positivi e universali importanti, rimarcandone la forte valenza formativa ed educativa, soprattutto per i giovani.
Oltre a diffondere i valori della solidarietà, della lealtà, del rispetto della persona e delle regole, che sono i principi fondanti di ogni società sana, lo sport si configura come uno straordinario strumento per costruire competenze trasferibili in altri contesti di vita.
Lo Sport, quale stile di vita come lo vivo io, può dare le giuste motivazioni a (r)esistere, fornendo la necessaria spinta a combattere e alimentando la fondamentale passione per la Vita, che dona la Vita.
Nella nostra “società liquida” forse dovremmo immaginare un nuovo umanesimo: l’umanesimo della fragilità.
E dentro l’umanesimo della fragilità è possibile un’educazione della fragilità.
In “L’educazione (im)possibile. Orientarsi in una società senza padri”, l’autorevole psichiatra Vittorino Andreoli utilizza un’immagine emblematica e, a mio avviso, particolarmente illuminante: il vaso di Murano, realizzato dai soffiatori del vetro di questa meravigliosa isola veneziana, colpisce per la forma e i colori.
Effetti possibili soltanto perché questi artigiani riescono a modellare un vetro molto sottile con un’abilità straordinaria, attraverso l’aria che vi soffiano dentro, mentre la pasta di vetro è ancora plastica, duttile, e perché, grazie ai pigmenti che da veri maestri inseriscono nelle sottili pareti, le colorano fino a farle sembrare dipinte.
Il vaso di Murano si può rompere facilmente e ha proprio un punto, definito di minore resistenza, che, se viene colpito, riduce quella sua straordinaria bellezza in frammenti.
Non si può dire che sia debole, mentre gli si adatta perfettamente la definizione di fragile.
Si tratta di una caratteristica peculiare, legata alla sua struttura, all’essere vaso di Murano, conseguenza delle caratteristiche che lo rendono così bello.
Non è un difetto, ma parte della sua condizione.
Questa è la concezione ed il senso della fragilità.
Tutti noi, fragili per natura, figli di un’epoca che non ci aiuta facilmente a rinvigorirci e corroborarci, abbiamo bisogno di essere accompagnati da abili soffiatori del vetro a (ri)scoprire il patrimonio di eccezionalità e meraviglia presente nella storia di ciascuno.
La fragilità e, quindi, la singolare bellezza dell’essere “vasi di Murano” diventa così punto di forza per potersi trasformare finalmente da canne al vento in pini loricati, come la mia storia o le tante storie di altri “super abili” testimoniano quotidianamente.
“Potevo lasciarmi morire o scegliere di vivere, nonostante tutto e tutti. Ho scelto la vita, quel dono meraviglioso che ognuno di noi ha ricevuto sin dalla nascita e che va difeso, protetto, onorato ogni giorno, valorizzandone ogni istante. Grazie allo sport, ho preso in mano il mio cuore fatto a pezzi, l’ho ricucito e mi sono rialzato”.
https://youtu.be/__7K5QqW8ZA?si=H0x92srj2uCNlJl5
Mai Arrendersi, nonostante tutto e @tutti!