NON È IL PROCESSO DEL SECOLO MA SICURAMENTE È IMPORTANTE: REPORT
Nel pomeriggio di sabato 16 dicembre 2023, intorno alle 16.05, la lettura della sentenza da parte del presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, in una affollata Aula polifunzionale dei Musei Vaticani, dove sono state celebrate le 86 udienze del procedimento giudiziario iniziato nel luglio 2021
Un processo che ha garantito i diritti di tutti
Andrea Tornielli
È sicuramente improprio definirlo “processo del secolo”, anche se quello che si è appena concluso nella sala polifunzionale dei Musei Vaticani è stato senza dubbio un processo importante. Il primo di tale portata e dimensioni da quando esiste lo Stato della Città del Vaticano, e cioè dal tempo dei Patti Lateranensi del 1929. È stato un processo lungo e oneroso, che è entrato nella “carne viva” della gestione delle finanze della Santa Sede, e che ha reso di pubblico dominio sia le modalità con cui in qualche caso si sono amministrati i fondi, sia il tentativo di alcuni attori esterni di appropriarsi delle risorse della Chiesa. Si è intrapresa la via trasparente e necessaria di un regolare processo di fronte alle denunce presentate e agli elementi emersi nella fase delle indagini e dell’istruttoria.
La gestione delle finanze d’Oltretevere è stata oggetto di inchieste giornalistiche e a volte anche giudiziarie per oltre mezzo secolo. La via della trasparenza è stata iniziata con coraggio già da Benedetto XVI e portata avanti con determinazione dalle riforme di Francesco. Il Papa, di fronte alle irregolarità segnalate all’autorità giudiziaria non dalla magistratura di altri Paesi ma da organismi interni alla Santa Sede, ha lasciato che la giustizia seguisse il suo corso ordinario e istituzionale. Al di là delle caricature rappresentate da taluni, quello sull’investimento del palazzo di Sloane Avenue e sui filoni connessi, è stato un processo equo, che si è interamente giocato nel dibattimento, nel pieno rispetto delle garanzie per gli imputati: lo dimostra non solo il numero di udienze, di documenti e di testimoni esaminati, ma anche il fatto che testimoni apparsi come fondamentali all’inizio sono poi e diventati irrilevanti a motivo del confronto in aula e delle prove documentali.
Ma l’esito di questo processo ci dice anche che i magistrati del Tribunale, com’era giusto che accadesse, hanno ragionato con piena indipendenza sulla base delle prove documentali e delle testimonianze ascoltate, non su teorie preconfezionate. E hanno lasciato un ampio spazio al dibattimento. Si è arrivati dunque alla sentenza nel rispetto di tutte le garanzie degli imputati, avendo preso in debita considerazione le istanze dei loro difensori e soprattutto senza mai plasmare le norme alle convenienze dell’accusa. Lo dimostra, ad esempio, la decisione del Tribunale di considerare inutilizzabile le dichiarazioni rese durante l’interrogatorio in Gendarmeria vaticana da Gianluigi Torzi. Dichiarazioni che accusavano altri imputati, ma che non sono state ammesse dato che lo stesso Torzi non si è presentato in aula per ripeterle e avvalorarle.
Ha detto Papa Francesco nel febbraio scorso, in occasione dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario: «Qui bisogna essere chiari ed evitare il rischio di “confondere il dito con la luna”: il problema non sono i processi, ma i fatti e i comportamenti che li determinano e li rendono dolorosamente necessari». Le norme sulla trasparenza, i controlli stringenti sulla gestione dei fondi, anche da parte di gestori esterni, e la consapevolezza che non esistono zone franche, contribuiranno a far prevalere un’amministrazione dei beni ecclesiastici sempre più simile a quella prudente del buon padre di famiglia. La genesi di questo processo ha mostrato che la Santa Sede e lo Stato della Città del Vaticano possiedono i necessari “anticorpi” per individuare presunti abusi o scorrettezze. Il suo svolgimento dibattimentale attesta che la giustizia viene amministrata senza scorciatoie, seguendo il codice di rito, nel rispetto dei diritti di ogni persona e della presunzione di innocenza.
#ègiustoinformare
🔺INTERDIZIONE PERPETUA‼️
5️⃣ANNI6️⃣MESI #5anni6mesi
✅ Processo in Vaticano,
#Angelo_Becciu condannato a 5 anni e mezzo di reclusione.
👉🏾 Il legale: faremo appello
#16dicembre2023
«Rispettiamo la sentenza, ma ribadiamo l’innocenza del cardinale» dice il difensore.
Il promotore di giustizia aveva chiesto una condanna a 7 anni e 3 mesi
#AngeloBecciu è stato condannato dal Tribunale vaticano a cinque anni e sei mesi, più l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e #8000eurodimulta
È la prima volta che un cardinale viene condannato in Vaticano da giudici laici.
Nei suoi confronti il promotore di giustizia #AlessandroDiddi pm vaticano, aveva chiesto
#7anni3mesi
Il processo ha avuto al centro la compravendita disastrosa del palazzo londinese di #SloaneAvenue e in generale gli investimenti della Segreteria di Stato negli anni in cui Becciu era Sostituto, dal 2011 al 2018, con il potere di disporre dei fondi riservati, compreso il denaro dell’Obolo di San Pietro donato dai fedeli per i poveri e finito disperso in un gioco di specchi tra società finanziarie e speculazioni.
🔺Ventinove mesi di processo, ottantasei udienze e finalmente la sentenza contro la quale il cardinale, che continua a dirsi innocente, ha già annunciato ricorso in appello. «Ribadiamo l’innocenza del cardinale, ma certamente faremo appello» ha detto l’avvocato del cardinale, #FabioViglione
🔹Peculato
La sentenza è stata letta nel pomeriggio dal presidente del Tribunale, #GiuseppePignatone
#Becciu è stato condannato anzitutto per peculato e quindi «l’uso illecito» di #200milioni500000dollari Usa 🇺🇸«circa un terzo delle disponibilità all’epoca della Segreteria di Stato»
La somma era stata versata tra il 2013 e il 2014, su disposizione dell’allora Sostituto, per la sottoscrizione di quote di
Athena Capital Group Commodities
un «hedge fund» del finanziere #RaffaeleMincione
«con caratteristiche altamente speculative e che comportavano per l’investitore un forte rischio sul capitale senza possibilità alcuna di controllo della gestione»
scrive il #TribunaleVaticano
Becciu è stato giudicato colpevole, in concorso con #CeciliaMarogna anche per il versamento di
#570000euro alla donna, amica del cardinale e accreditata come #analistageopolitica senza averne titolo, soldi che in teoria dovevano servire per il tentativo di liberare una suora colombiana sequestrata in Mali, una «motivazione non corrispondente al vero».
Infine, il cardinale è stato condannato, ancora per peculato, «per aver disposto, in due riprese, su un conto intestato alla Caritas-Diocesi di Ozieri», il versamento di #125000euro alla cooperativa Spes «di cui era presidente il fratello Antonino»
Gli imputati erano 🔟 dieci in tutto, più 4️⃣ #quattrosocietà
Il Tribunale ha condannato
#EnricoCrasso che per anni ha gestito gli investimenti della Segreteria di Stato, a sette anni;
il “minutante” della Segreteria #FabrizioTirabassi a sette e mezzo,
il broker #GianluigiTorzi a sei,
il finanziere #RaffaeleMincione a cinque e mezzo,
#Cecilia_Marogna a tre anni e nove mesi
Tutti gli impiutati sono sono stati condannati, «in solido tra loro», al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, calcolato in oltre
#200milioni di euro
🔹La compravendita del palazzo
La Santa Sede decise di acquistare nel 2014 quel palazzo londinese, da un anno di proprietà del finanziere #Raffaele_Mincione un immobile che aveva pagato 120 milioni di sterline ed era stato rivenduto al Vaticano a 230, quasi il doppio
«con la prospettiva che in futuro diventassero di un valore variabile tra 489 e 454 milioni»
Non è andata così.
La Segreteria di Stato si era costituita parte civile e la sua legale, #PaolaSeverino aveva chiesto 177 milioni e 818 mila euro come risarcimento dei «gravissimi danni» morali e di reputazione.
«Come molti di voi hanno rilevato, il dibattimento ha fatto emergere non pochi nuovi elementi di valutazione, non importa qui se a conferma o smentita dell’impostazione iniziale dell’accusa»
aveva detto il presidente
#Giuseppe_Pignatone prima che si riunisse la Camera di consiglio per la sentenza.
«Se così è, e il Collegio ne è convinto, risulta confermato che il contraddittorio tra le parti è il metodo migliore per raggiungere la verità processuale e, mi permetto di aggiungere, per cercare di avvicinarsi alla verità senza aggettivi»
🔹Il carteggio e la telefonata con il Pontefice
Nel corso delle udienze, tra le altre cose, è emerso un carteggio nel quale il cardinale Angelo Becciu, pochi giorni prima dell’inizio del processo, il 24 luglio 2021, scriveva al Papa allegando due dichiarazioni che chiedeva al pontefice di firmare perché lo scagionasse dalle accuse.
Il cardinale chiedeva a Bergoglio di annullare una lettera nella quale il Papa aveva scritto che la faccenda di Londra «mi parve subito strana per i contenuti, le forme e i tempi scelti» e «la complessiva valutazione dei vari elementi «mi indusse ad esprimermi in senso negativo sul proseguimento dell’iniziativa»
Becciu aveva pure telefonato a Francesco, da poco dimesso dall’ospedale e con la voce sofferente, registrando la chiamata di nascosto nel tentativo di farsi scagionare
«mi ha dato o no l’autorizzazione?»
🔹Francesco e la riforma degli investimenti finanziari
Resta, al di là della sentenza, la questione in sé degli investimenti finanziari con i soldi destinati ai poveri.
Francesco ha spiegato a suo tempo che va bene investire, ma con buon senso e a breve perché nel giro di «un anno, un anno e mezzo» vanno spesi per i bisognosi.
Dopo lo scandalo londinese, la riforma di Francesco ha trasferito la gestione dei fondi e di tutti i beni immobili della Segreteria di Stato all’Amministrazione del Patrimonio Apostolico (Apsa), che è diventata l’unico centro di spesa e di investimenti della Santa Sede:
niente più fondi autonomi nei dicasteri, ma un’unica cassaforte per avere sotto controllo il flusso reale della liquidità.
Il 23 novembre, in una lettera alla Segreteria per l’Economia, Francesco ha elogiato il «compianto fratello cardinale George Pell», primo prefetto dell’organismo di controllo e vigilanza, «un uomo che, prima degli altri, ha compreso quale fosse il percorso da realizzare».
Proprio Pell, che lavorava per accentrare il controllo di tutti i fondi vaticani, si era scontrato su questo con Becciu: «C’era sempre resistenza, anche da parte sua.
Se il Revisore o noi avessimo potuto entrare prima, avremmo salvato tanto, tanti denari a Londra e in altri posti»
Il cardinale Becciu condannato a 5 anni e 6 mesi e interdizione dai pubblici uffici
Il prelato accusato di uso illecito e appropriazione indebita di soldi del Vaticano.
Al centro dello scandalo l’acquisto di un palazzo nell’esclusivo quartiere Chelsea di Londra
Un tribunale vaticano ha condannato il cardinale Angelo Becciu a cinque anni e sei mesi di carcere per diverse accuse di appropriazione indebita. Il prelato, 75 anni, ex stretto consigliere di Papa Francesco, è il più alto funzionario della Chiesa cattolica ad essere comparso davanti al Tribunale penale vaticano, il sistema di giustizia con giudici laici della Città Stato. Il cardinale è stato anche multato di 8mila euro. La Procura vaticana aveva chiesto per l’arcivescovo Becciu una condanna a sette anni e tre mesi di carcere e una multa di oltre 10mila euro. La sentenza di primo grado riguarda il processo sulla compravendita di un palazzo a Sloane avenue 60, al centro di Londra, con soldi della Segreteria di Stato.
Becciu è stato condannato anzitutto per peculato e quindi “l’uso illecito” di 200 milioni e 500 mila dollari Usa, “circa un terzo delle disponibilità all’epoca della Segreteria di Stato”. È stato poi giudicato colpevole, in concorso con Cecilia Marogna, anche per il versamento di 570 mila euro alla donna, amica del cardinale e accreditata come analista geopolitica senza averne titolo, soldi che in teoria dovevano servire per il tentativo di liberare una suora colombiana sequestrata in Mali, una “motivazione non corrispondente al vero”.
Infine, il cardinale è stato condannato, ancora per peculato, “per aver disposto, in due riprese, su un conto intestato alla Caritas-Diocesi di Ozieri”, il versamento di 125 mila euro alla cooperativa Spes “di cui era presidente il fratello Antonino”. L’avvocato del cardinale, Fabio Viglione, ha dichiarato ai giornalisti presenti in aula che presenterà appello, affermando che il suo cliente è innocente. Dieci imputati erano accusati di vari reati, tra cui frode, abuso d’ufficio e riciclaggio di denaro. Tutti hanno negato di aver commesso reati. Il presidente della Corte Giuseppe Pignatone ha impiegato 25 minuti per leggere tutti i verdetti e le sentenze. Il processo è durato due anni e mezzo e si è svolto in 86 sedute.
Al centro del procedimento c’è il palazzo di Sloane avenue 60, nell’esclusivo quartiere Chelsea di Londra, un ex magazzino di Harrods che la Segreteria di Stato acquistò nel 2014, a titolo di investimento. Nel giro di qualche anno l’impresa si rivelò costosissima e, tra commissioni, mutui, mancati guadagni, nonché una svalutazione da Brexit, provoca perdite, secondo l’accusa, per 217 milioni. Un buco pari a un terzo dei fondi della Segreteria di Stato, un danno ancora più grave se si pensa che dato che in quella cassa confluisce anche l’obolo di San Pietro, ossia le elemosine che ogni anno i fedeli di tutto il mondo mandano al Papa. Nel 2022 il palazzo viene rivenduto per 186 milioni di sterline (233 milioni di dollari).
“C’è profonda amarezza, dopo 86 udienze, nel prendere atto che l’innocenza del cardinale Becciu non è stata proclamata dalla sentenza, nonostante tutte le accuse si siano rivelate completamente infondate. Le prove emerse nel processo, la genesi delle accuse al Cardinale, frutto di una dimostrata macchinazione ai suoi danni, e la Sua innocenza, ci consentono di guardare all’appello con immutata fiducia”, dichiarano in una nota Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione, legali del cardinale.
Nel processo in tutto sono stati dieci gli imputati e quattro le società alla sbarra. I capi d’imputazione iniziali erano 37, poi saliti a 41 il 25 gennaio 2022 e a 49 il 30 marzo di quest’anno: le ipotesi di reato andavano dalla truffa aggravata al peculato, dall’abuso d’ufficio aggravato all’appropriazione indebita, dalla corruzione aggravata al riciclaggio e autoriciclaggio, dall’estorsione fino alla subornazione di testimone e al falso materiale in atto pubblico commesso dal privato. L’unico assolto è monsignor Mauro Carlino, ex segretario personale del cardinale Becciu, ex funzionario dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, e oggi parroco nella diocesi di Lecce.
Scandalo Vaticano, al cardinale Angelo Becciu a 5 anni e mezzo. Condannati anche Mincione e Marogna
Con la condanna del Tribunale vaticano nei confronti del cardinal Angelo Becciu a 5 anni e 6 mesi di reclusione si chiude la prima fase del processo più lungo e articolato che si sia mai celebrato tra le mure vaticane, una sorta di “processo del secolo” per il clamore mediatico, l’importanza delle cifre in ballo, il ruolo di papa Francesco. Il Tribunale, presieduto da Giuseppe Pignatone – la cui carriera nella magistratura italiana è più che nota – non ha accolto l’intera richiesta di pena presentata dal Promotore di giustizia Alessandro Diddi, sette anni e sei mesi, ma Diddi può dirsi, e infatti si dice, “molto soddisfatto” per il risultato ottenuto.
Le accuse contro Becciu – la cui difesa ha annunciato ricorso – e gli altri 9 imputati più quattro società, erano quelle di peculato, abuso di ufficio, appropriazione indebita, autoriciclaggio e il caso è ruotato soprattutto attorno alla compravendita del palazzo Sloane situato a Londra acquistato dal Vaticano per oltre 200 milioni di euro e su cui pesa una perdita di circa 140 milioni. Di mezzo una serie di condotte fraudolente che hanno visto un ruolo privilegiato del finanziare Raffaele Mincione (condannato a 5 anni e sei mesi), di finanzieri e di parte dell’apparato della segreteria di Stato vaticana. Il cardinale Becciu, che si è sempre professato innocente, era allora il Sostituto della Segreteria di Stato e quindi capo della sezione Affari generali che si occupa della gestione complessiva dello Stato più piccolo del mondo e che ha a disposizione una riserva finanziaria dell’ordine di centinaia di milioni di euro.
La sentenza del Tribunale e il comunicato
“Con la sentenza emessa oggi, dopo 86 udienze, il Tribunale ha definito il giudizio di primo grado del processo a carico di dieci imputati e quattro società, – si legge nella nota del Tribunale – che aveva ad oggetto plurime vicende la principale delle quali è nota con riferimento al palazzo sito in Londra, 60 Sloane Avenue”
“Il Tribunale ha ritenuto sussistente il reato di peculato in ordine all’uso illecito, perché in violazione delle disposizioni sull’amministrazione dei beni ecclesiastici della somma di 200,5 milioni di dollari, pari a circa un terzo delle disponibilità all’epoca della Segreteria di Stato. Detta somma è stata versata tra il 2013 e il 2014, su disposizione dell’allora Sostituto mons. Giovanni Angelo Becciu, per la sottoscrizione di quote di Athena Capital Commodities, un hedge fund, riferibile al dr. Raffaele Mincione, con caratteristiche altamente speculative e che comportavano per l’investitore un forte rischio sul capitale senza possibilità alcuna di controllo della gestione”.
🔹Gli altri imputati
Il Tribunale ha quindi ritenuto “colpevoli del reato di peculato mons. Becciu e Raffaele Mincione, che era stato in relazione diretta con la Segreteria di Stato per ottenere il versamento del denaro anche senza che si fossero verificate le condizioni previste, nonché, in concorso con loro, Fabrizio Tirabassi, dipendente dell’Ufficio Amministrazione, ed Enrico Crasso”. Quanto all’utilizzo successivo della detta somma, servita – fra l’altro – per l’acquisto della società proprietaria del palazzo di Sloane Avenue e per numerosi investimenti mobiliari, il Tribunale ha ritenuto Raffaele Mincione “colpevole del reato di autoriciclaggio”. Ha invece escluso la responsabilità di mons. Becciu, Crasso Enrico e Tirabassi Fabrizio in ordine agli altri reati di peculato loro contestati perché il fatto non sussiste, “non avendo più la Segreteria di Stato la disponibilità del denaro una volta che esso era stato versato per sottoscrivere le quote del fondo”. Questo particolare fa venire meno una parte delle accuse del Promotore Diddi e spiega così la riduzione di pena. È stata dichiarata poi la colpevolezza di Enrico Crasso per il reato di autoriciclaggio per avere utilizzato “una ingente somma di oltre 1 milione di euro, costituente il profitto del reato di corruzione tra privati commesso in concorso con Mincione”.
In relazione invece al riacquisto da parte della Segreteria di Stato, nel 2018-2019, attraverso una complessa operazione finanziaria, delle società cui faceva capo la proprietà del palazzo già citato, il Tribunale ha ritenuto la colpevolezza di Torzi Gianluigi e Squillace Nicola per il reato di truffa aggravata e del citato Torzi anche per il reato di estorsione in concorso con Tirabassi Fabrizio, nonché per il reato di autoriciclaggio di quanto illecitamente ottenuto. Torzi, Tirabassi, Crasso e Mincione sono stati invece “assolti perché il fatto non sussiste dal reato di peculato loro ascritto in relazione all’ipotizzata sopravvalutazione del prezzo di vendita”. Tirabassi è stato, inoltre, ritenuto colpevole del reato di autoriciclaggio. Quanto a Tommaso Di Ruzza e Renè Brulhart, rispettivamente Direttore Generale e Presidente dell’A.I.F. (Autorità di Informazione Finanziaria), intervenuti nella fase finale del riacquisto del Palazzo di Sloane Avenue, “sono stati assolti dei reati di abuso di ufficio loro contestati e ritenuti colpevoli solo dei delitti di cui agli articoli 178 e 180 c.p. per omessa denuncia e per la mancata segnalazione al Promotore di giustizia di un’operazione sospetta”.
🔹Le accuse per Becciu
Becciu è stato poi ritenuto colpevole anche per il rapporto con Cecilia Marogna la “dama del cardinale” a cui sono stati versati 575 mila euro dalla Segreteria di Stato, tramite una società a lei riferibile, la Logics con sede in Slovenia, “con la motivazione, non corrispondente al vero, che il denaro doveva essere utilizzato per favorire la liberazione di una suora, vittima di un sequestro di persona in Africa”. Denaro invece utilizzato per “acquisti voluttuari”, come dalla richiesta dell’accusa e che sono andati poi in scarpe, borse, hotel di lusso.
Monsignor Becciu è stato altresì ritenuto colpevole di peculato per aver disposto, in due riprese, su un conto intestato alla Caritas-Diocesi di Ozieri, il versamento della somma complessiva di euro 125.000 destinata in realtà alla cooperativa Spes, di cui era presidente il fratello Becciu Antonino. Pur essendo di per sé lecito lo scopo finale delle somme, il Tribunale lo ha considerato “un uso illecito degli stessi, integrante il delitto di peculato, in relazione alla violazione dell’art. 176 c.p., che sanziona l’interesse privato in atti di ufficio, anche tramite interposta persona, in coerenza – del resto – con quanto previsto dal canone 1298 C.I.C. che vieta l’alienazione di beni pubblici ecclesiastici ai parenti entro il quarto grado”. Tira un sospiro di sollievo Mons. Mauro Carlino, il segretario personale del Sostituto, che è stato assolto da tutti i reati a lui contestati.
🔹I filoni del processo
Becciu, quindi, paga per i tre principali reati per cui è andato a processo. La compravendita da parte della Segreteria di Stato di un immobile di lusso a Sloane Avenue, a Londra con una perdita di circa 140 milioni di euro, un investimento che costituisce un caso esemplare di manipolazione, raggiro e utilizzo forsennato di fondi di investimento, transazioni, compensi, commissioni e poteri di firma pressoché illimitati.
Per acquistare, e poi vendere, quell’immobile, Becciu ha autorizzato la sottoscrizione di quote del fondo Athena Capital Opportunities Fund che faceva capo al finanziere Raffaele Mincione sostenendo commissioni sproporzionate. Utilizzava i fondi dell’Obolo di San Pietro destinati ad attività con fini religiosi e caritativi. Le speculazioni effettuate tramite complesse operazioni finanziarie si sono poi tradotte in perdite milionarie per le casse della Segreteria di Stato.
Oltre a questo Raffale Mincione, anch’egli condannato, aveva perseguito finalità personalità aggirando platealmente il conflitto di interessi.
🔹L’affaire Marogna
Condannato poi per la vicenda “Marogna”, la manager che ha incassato 575mila euro finalizzati a pagare il riscatto di una missionaria cattolica, la suora colombiana Gloria Cecilia Narváez, rapita da jihadisti in Mali. Marogna, manager con presunti canali con i servizi segreti, aveva invece, secondo l’accusa, aveva ottenuto “indebitamente” quei fondi, passati attraverso la società da lei controllata, la Logsic con sede in Slovenia, destinandoli anche “ad acquisti voluttuari (borse, scarpe, soggiorni in hotel di lusso) incompatibili con i fondi della Segreteria di Stato”. Pesante anche la condanna per i fondi alla Diocesi di Ozieri e alla Cooperativa Spes rappresentata legalmente dal fratello Antonino che, se pure ha impiegato i fondi in maniera legale, ha configurato un rapporto poco chiaro e non nello spirito della cura contabile che richiede la gestione di fondi della Santa sede.
🔹La difesa annuncia il ricorso
“C’è profonda amarezza nel prendere atto che l’innocenza del Cardinale Becciu non è stata proclamata dalla sentenza – dicono i legali del cardinale – nonostante tutte le accuse si siano rivelate completamente infondate. Le prove emerse nel processo, la genesi delle accuse al Cardinale, frutto di una dimostrata macchinazione ai suoi danni, e la sua innocenza, ci consentono di guardare all’appello con immutata fiducia”. “Abbiamo una solida certezza – sostengono ancora gli avvocati Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione – che il Cardinale Becciu, fedele servitore del Papa e della Chiesa, ha sempre agito nell’interesse della Segreteria di Stato e non ha avuto per sé e per i suoi familiari alcun vantaggio”.
Il tribunale ha stabilito il contrario e infatti il Promotore di giustizia Alessandro Diddi, si dice molto soddisfatto:
“Su 48 capi di imputazione, l’impianto ha ampiamente tenuto. Addirittura la richiesta di confisca, che è conseguenza dei reati, è superiore a quella chiesta da noi”
La confisca dei corpi di reato contestati ammonta a 166 milioni di euro e si aggiunge al risarcimento danni quantificato in 200 milioni di euro.
Qui si tratta di capire se il Vaticano potrà rientrare o meno delle risorse che gli sono state sottratte.
I sequestri sono stati consistenti in molte parti del mondo e, a quanto risulta al Fatto, sono pari alla somma della compravendita, 200 milioni di euro. Occorrerà attendere però la conclusione dei vari gradi di giudizio.
“Quello che è chiaro è che la storia è stata completamente confermata” continua Diddi, “Mincione ha sfruttato la situazione, Torsi ha truffato e ha commesso un’estorsione nei confronti della Segreteria per Becciu, nel caso Marogna, è stato riconosciuto un reato più grave di quello ipotizzato: dal peculato si è passati a truffa aggravata”
“In particolare mi interessava non aver portato a giudizio persone innocenti. Non gioisco per le condanne, non vivo questo mestiere come se fosse una partita e non voglio entrare in dinamiche in cui sembra scontro agonistico”
Diddi non scompare dal processo perché essendoci in Vaticano un unico ufficio per tutti i gradi di giudizio, a sostenere l’accusa in appello sarà ancora lui.
#sapevatelo2023