LE PAGELLE DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLA BASILICATA
Ecco i voti
Gianuario Aliandro 5
Continua ad avere la faccia del bravo ragazzo. La stessa che aveva il primo giorno del Consiglio ma con qualche ruga in più e anche qualche chilo. Sul viale del tramonto di legislatura, in concomitanza con le festività natalizie, il politico di Paterno prende atto del fallimento della Lega e anche lui cambia partito: adesso è in Forza Italia. Da come si muove nella sua zona elettorale si vede che è a caccia della riconferma Più che politica, per lui è solo questione di voti: la statura del condottiero non è proprio nelle sue corde.
Vincenzo Baldassarre 5,5
Uno che chi lo vedesse per la prima volta, senza sapere il suo ruolo, lo potrebbe tranquillamente scambiare per un professore di scuola media taciturno e spesso immerso nei propri pensieri. Un uomo pacato. No, il suo aspetto nasconde un animo da vero e proprio globetrotters. La palla c’è, la palla non c’è: capace di giocare a più tavoli e cambiare posizione senza nemmeno dare il tempo a chi gli sta di fronte di capire cosa accade. Basti pensare che in tutta la legislatura è stato vicepresidente del Consiglio, poi brevemente assessore, poi di nuovo consigliere semplice passando dalle stanze di Idea a quelle di Fratelli di Italia per poi tornare a Idea con una semplicità disarmante così come da moderato a estremista a di nuovo moderato alla velocità della luce. Bravo nel suo gioco per carità, ma nel suo e basta.
Gerardo Bellettieri 6,5
Pensando a lui viene in mente la canzone di Liga, ‘Una vita da mediano’ soprattutto nella parte che fa: “da chi segna sempre poco, che il pallone devi darlo a chi finalizza il gioco…”. Spesso nell’aula del Consiglio a via Anzio ha addirittura dovuto vestire il ruolo da stopper a difesa del ‘suo’ presidente Bardi dagli attacchi dialettici al veleno non tanto da parte dei consiglieri di opposizioai ma da quelli dei suoi ex colleghi di maggioranza. Nel gioco ‘sporco’ probabilmente è secondo a pochi. Certo, come si diceva in premessa, se ci si aspetta da lui il dribbling funambolico o il ‘tiraggir’ sotto la traversa allora non è lui il giocatore ideale. Ma i ‘polmoni’ gli garantiscono una larga sufficienza.
Luca Braia 6
Luca Braia è semplicemente Luca Braia. Non assomiglia a nessuno se non fisicamente per il look alla Yul Brynner abbastanza inflazionato anche a via Anzio. E sè stesso sempre. Può essere un merito secondo i parametri della coerenza (qualora essa fosse una qualità) ma anche un limite perché i tempi cambiano e a volte c’è bisogno di aggiornarsi. Lui no. Prende la parola, polemizza fa andare i cronometri oltre, e di molto, i tempi prestabiliti e alla fine se qualcuno gli contesta il tempo va avanti ancora quasi per sfida. Non si può dire che non studi però: tra i consiglieri probabilmente è quello che sulle leggi, emendamenti e mozioni si ripiega di più. Ma il monologo è il suo tallone di Achille: spesso rischia di parlare da solo. Punta a ritornare in Consiglio: auguri a lui e agli ascoltatori.
Pasquale Cariello 3
Ha seguito il cuore. Non gli è andata bene. Ha lasciato il Consiglio regionale dimettendosi dopo essersi candidato a sindaco di Scanzano ed aver vinto le elezioni nel suo comune. tra l’altro dopo che già si era candidato a consigliere con un sindaco candidabile e decaduto al momento della convalida. Oggi però, dopo soli sette mesi dal suo trionfo alle comunali, si è dimesso anche da sindaco a tempo di record dopo essere stato messo in minoranza nell’atto finanziario comunale. Insomma è fuori dall’agone politico e a caldo, dopo le sue dimissioni da primo cittadino, ha anche annunciato che non si candiderà alle regionali. Difficile dargli un voto migliore. Autolesionista
Carmine Cicala 4
Come abbia potuto iniziare la legislatura da presidente del Consiglio regionale e concluderla con lo stesso ruolo, nonostante gli evidenti limiti e le contestazioni spesso partite verso di lui dalla sua stessa maggioranza, resta uno dei misteri più ‘fitti’ dell’intera storia politica lucana. Tanto più che non si parla di uno Statista. Non è mancata fortuna, evidentemente, con le tante fibrillazioni interne al centrodestra che spesso hanno giovato alla sua causa: con equilibri sempre da trovare evidentemente la maggioranza non ha avuto la forza e il tempo per metterlo seriamente in discussione. Resta però che è stato il campione della trasparenza dichiarata valida spesso solo per gli altri. Pochissima sostanza: bocciato su tutta la linea.
Roberto Cifarelli 5
Alla fine della giostra non ha inciso come ci si poteva aspettare. Cifarelli è partito in vantaggio rispetto alla stragrande parte dei consiglieri regionali. Aveva esperienza, stoffa del politico e anche un certo stile. Invece con il tempo si è fatto trascinare in basso non riuscendo quasi mai a spiccare. Anzi, eccedendo troppo spesso in faide dialettiche nei lavori del Consiglio ha perso di sovente la lucidità e anche l’obiettivo finale. Per uno da cui ci aspettava grandi cose e magari anche la scalata alla candidatura per la presidenza della Regione è troppo poco. Spesso si è fatto fatica a distinguerlo dalle posizioni grilline. Si dice che al massimo potrà ambire a una riconferma da consigliere che potrebbe però, non essere scontata.
Tommaso Coviello 6,5
candidato a poter essere il primo della classe nella maggioranza di centrodestra. In realtà alla fine è il compagno di reparto di Bellettieri; con qualche tecnicismo in più ma anche con meno ‘fiato’. Rimane uno di quelli che più si è affannato in aula a mantenere i numeri in aula ma allo stato dell’arte, con sedute troppo spesso finite all’improvviso tra lo stupore delle stampa e spesso anche di molti suoi colleghi, il ruolo di paciere e di moderatore non gli è riuscito fino in fondo. Certo quasi mai per suoi demeriti. Ha pagato poi con il tempo l’esaurirsi della potenza di fuoco del canovaccio ‘dei disastri’ di quelli di prima. A fine legislatura guardare indietro significa guardare anche a se stessi. Sufficienza piena più che meritata, stante le condizioni in cui ha lavorato.
Rocco Fuina SV
E’ subentrato in Consiglio regionale il 20 giugno scorso in seguito alle dimissioni di Cariello prendendone il posto in forza del suo essere primo dei non eletti dello stesso seggio. Considerata la pausa estiva praticamente è ancora in rodaggio tanto più che oltre ad apparire spesso spaesato non appare uno a cui piace la prima fila.
Gino Giorgetti 5,5
Se questa legislatura è arrivata al suo termine la causa ha un nome e cognome: Gino Giorgetti. Il consigliere ex 5 stelle negli ultimi mesi è stato il vero asso nella manica del presidente della Regione e della maggioranza. Senza Giorgetti spesso non ci sarebbero stati i numeri in aula nemmeno per garantire il numero legale. Va detto che la sua uscita dai 5 stelle, dopo tutte le beghe e i ricorsi a suon di carte bollate con la Carlucci e i leader del suo ex partito, era inevitabile. Che però in pochi mesi da consigliere di opposizione si sia trasformato nel più fedele degli alfieri di Bardi è un po’ troppo.
Gianni Leggieri 4
A scuola si leggeva spesso: è dotato ma non si applica. Qui il problema dopo ben 10 anni da consigliere regionale e che viene il dubbio che non solo si applica ma che forse non sia nemmeno così dotato. A parte l’ironia Leggieri non si comprende bene con chi stia e cosa voglia fare: è stato eletto per ben due volte con i voti dei 5 Stelle e regole interne vorrebbero che salutasse, come è avvenuto per suoi colleghi di partito anche al Senato e alla Camera, la politica istituzionale. Il punto è che il consigliere venosino nemmeno ci pensa a lasciare al secondo mandato. Tanto che in un amen è passato prima da essere avvistato spesso nei corridoi del primo piano del palazzo della Giunta a intrepido sostenitore quasi della prima ora di Chiorazzo. Insomma Francia o Spagna, ‘basta che si magna’.
Rocco Leone 5,5
Da quando ha smesso i panni di assessore regionale ha assunto un atteggiamento dimesso. Non è più lo stesso. Per una ‘prima donna’ con un passato da sindaco passionario evidentemente aver perso i gradi è stato un colpo troppo forte per il suo ‘super ego’. In aula svolge il compitino tranne quando si parla di sanità o meglio quando qualcuno dell’opposizione ricorda i fatti del Covid. In quell’istante Leone torna a ruggire con la fiera criniera da re della giungla. Ma sono momenti. Per il resto prende appunti, segue il dibattito, partecipa alle riunioni ma senza entusiasmo. Il fatto che le sue intemperanze dialettiche si siano ridotte è comunque un bene.
Donatella Merra 4,5
Quattro anni e mezzo da assessore alla mobilità e poi a fine ottobre le dimissioni accettate senza batter ciglio dal presidente Bardi. Non senza polemiche con la stessa Merra che rientrata tra i banchi dell’aula da consigliera semplice ha lasciato la Lega. Un finale inatteso di una vicenda i cui contorni paiono essere molto elettorali. La Merra che aveva passato indenne ben due rimpasti di Giunta confermando anche la stessa delega praticamente si è messa fuori da sola per ‘impossibilità’ a portare avanti il proprio lavoro, ha detto. Pare abbastanza sospetto che si sia accorta di questo solo alla scadenza della legislatura. Ci sbaglieremo, ma non ci sorprenderebbe di trovarla in primavera candidata contro il centrodestra. Chi vivrà vedrà ma intanto per il ‘timing’ sbagliato perde un paio di punti.
Giovanni Perrino 4,5
Ad amici e non ha già chiarito da tempo di volersi ritirare dall’attività istituzionale e tornare al proprio lavoro. Insomma differentemente dal suo collega pentastellato Leggieri non sgomiterà per ottenere una deroga allo Statuto del Movimento 5 stelle che impone il non superamento del doppio mandato. Evviva Perrino: solo per questo meriterebbe un voto alto. Ma solo per questo. Per il resto rimane uno dei consiglieri regionali che meno mancherà alla Regione Basilicata non fosse per il folklore e per i picchi di polemiche, spesso fini a sé, stesse, che non ha mai fatto mancare alla parte trash del dibattito consiliare.
Francesco Piro 7 –
Il suo essere sempre schietto, anche a costo di apparire scomodo, è la sua cifra politica. Anche stilistica. E’ un sanguigno e non le manda mai a dire. Non entriamo invece nel merito, perché da sempre convintamente garantisti, delle indagini della magistratura che lo vedranno il prossimo 30 gennaio in udienza preliminare davanti al Gup presso il tribunale di Potenza. Gli auguriamo insieme alla sufficienza maggiorata di mezzo punto di stima, di superare anche questa vicenda che non c’è dubbio gli ha tolto serenità. Ama la sua Lagonegro come pochi, qualcuno dice anche troppo dandogli la maglietta di consigliere comunale più che regionale. ma la passione non fa i conti con la razionalità: è uno verace.
Marcello Pittella 6 +
Si avvia alla chiusura della legislatura, la quarta della sua storia, verso un futuro mai così incerto. Quello che accadrà è realmente ancora da scrivere. Ma per la prima volta il ruolo di Marcello Pittella potrebbe essere quello di attore non protagonista. Sia chiaro: l’ex presidente della Regione rappresenta pagine importanti della recente (e non solo recente) storia politica della Basilicata. Ora, escluse sorprese, Marcello Pittella non dovrebbe essere candidato presidente. Mai dire mai ma potrebbe anche accadere di vederlo protagonista candidato alle prossime elezioni europee di giugno nelle liste della circoscrizione meridionale di Azione e semplice ‘portatore’ di voti invece alle regionali. Per quanto riguarda invece l’attività istituzionale del 2023 si è allineato al poco o nulla che tutto il Consiglio ha prodotto. Certo quando prende la parola comunque cattura l’attenzione.
Mario Polese 7 +
Rimane, e lo conferma sempre più spesso, una spanna sopra agli altri. In fondo è l’unico che è riuscito in tutta la legislatura a mantenersi sempre sul merito delle questioni e mai sulle polemiche e a ottenere plausi sia dai banchi dell’opposizione che da quelli della maggioranza. Detto della sua capacità di giganteggiare sul grigiore diffuso del Consiglio, cosa che spesso gli ha permesso di farsi approvare provvedimenti anche importanti. Meriterebbe probabilmente scenari più importanti ma intanto è entrato nella cabina di comando di Italia Viva nazionale superando nelle gerarchie renziane anche parlamentari dal palmares decennale. E’ e sarà uno di quelli più attivi nella preparazione delle tele per le prossime elezioni regionali.
Piergiorgio Quarto 6
Tra i big di Fratelli di Italia pare sia l’unico a non avere chance come possibile candidato presidente (o è tattica). Questo nel caso Meloni dovesse insistere di piazzare una propria bandierina sulla Basilicata nonostante Forza Italia abbia blindato Bardi. La stessa Giorgia nazionale e il suo entourage ministeriale non gli avrebbero perdonato delle ‘uscite’ pubbliche poco ripiegate sulle scelte del Governo nazionale. Nel partito della ‘regina’ queste cose pesano. Rimane un riferimento del mondo agricolo lucano ma questo non gli garantirebbe più alcun ‘pass’ di privilegio nemmeno con il ministro Lollobrigida. In consiglio come la stragrande maggioranza: nessun acuto e nessun prodigio. Sufficienza meritata, senza infamia e senza lode.
Carlo Trerotola 4
Negli scorsi anni abbiamo scritto che non si riusciva a capire come potesse essere stato il candidato presidente del centrosinistra. Cioè designato a essere l’erede di Bubbico, Boccia, De Filippo e Pittella per citarne alcuni. Un mistero perché Carlo Trerotola alla fine non solo non ha mai dimostrato la ‘stoffa’ del politico di razza, ma nemmeno la voglia di immedesimarsi nel ruolo e di imparare. Lui imprenditore di successo è sempre rimasto ‘Trerotola il farmacista’. Quest’anno è riuscito anche a fare peggio disertando spessissimo i lavori del Consiglio regionale dando plasticamente la sensazione di quello che non vedeva l’ora che finisse questa avventura. Un ultimo sforzo ‘Carlè’ ed è finita davvero…
Giovanni Vizziello 6 –
Grande onestà intellettuale, la sola colpa di aver trasformato il suo ruolo in quello numero due di Zullino. Spesso quasi l’ombra. Ha rotto con la maggioranza e dopo un periodo vissuto in una sorta di limbo ha preso coraggio e insieme (naturalmente) a Zullino ha dato vita a ‘Basilicata oltre’ che di fatto è diventata la quarta opposizione in Consiglio regionale. Certo il curriculum e di convinto uomo di destra, ma nelle uscite mediatiche spesso si ritrova a svolgere il ruolo di moderato di centro uscendone alla fine poco credibile. Il suo futuro non è chiaro come non è chiaro se e con chi si candiderà alle prossime regionali. Difficile che possa essere un successo ma in fondo nemmeno 5 anni fa partiva con i favori del pronostico.
Massimo Zullino 6 –
Urla, sbraita, si arrabbia, a volte attacca stile Don Chisciotte contro i mulini a vento ma, diciamolo chiaramente e lo ripeto anche quest’anno, se non ci fosse Zullino molte riunioni del Consiglio regionale sarebbero terminate tra gli sbadigli. Si fa portatore (sano) anche di battaglie che non gli appartengono, spesso si perde ma poi non perde mai di vista l’obiettivo: cioè il consigliere o il gruppo consiliare di turno da bastonare. Ha una dialettica tutta sua, ma efficace, si guarda attorno e “Oltre” non arretra di un centimetro anche quando sa di avere torto netto. Si, è l’emblema del politico attuale: non è importante cosa si faccia ma come la si dica, questo potrebbe essere il suo motto. Il suo futuro è un salto nel vuoto, tante incognite e tanti progetti di dialogo da costruire, sicuramente più semplici se insieme alla veemenza, migliorasse anche la strategia e la dialettica.