AL CPR LUCANO FARMACI DILUITI «PURE NEL LATTE A COLAZIONE»
Con l’«inferno» gli «illeciti profitti privati». L’infermiera: «Anche i più sani, impazzivano»
Per il filone di indagine coordinato dal Procuratore aggiunto Maurizio Cardea e relativo ai maltrattamenti in danno degli ospiti del Centro di permanenza per rimpatri di Palazzo San Gervasio, 9 gli indagati e quasi altrettanti i capi d’accusa. Nel mirino della Procura di Potenza, la gestione del Cpr lucano, iniziata nel dicembre 2017, da parte della Engel Italia Srl. A decorrere dal 1 luglio scorso, la Srl non risulta più gestore del Centro. Rispetto ai 2 milioni e 898 mila euro erogati dalla Prefettura di Potenza alla società che si aggiudicò l’appalto offrendo un ribasso percentuale del 28,60% sui 6 milioni e 210 mila euro posti a base di gara, il Giudice per le indagini preliminari di Potenza, Antonello Amodeo, ha disposto il sequestro preventivo della somma di 383 mila e 615 euro a carico della società stessa, di Alessandro Forlenza e di Paola Cianciulli, rispettivamente nelle qualità di Direttore responsabile del Cpr lucano e di Amministratore della Srl. Al degrado del Cpr di Palazzo San Gervasio, per la Procura, hanno contribuito sia la condotta di Forlenza che quella del personale sanitario e del personale addetto all’Ordine pubblico.
FRODE NEI CONTRATTI PUBBLICI Per Forlenza, Cianciulli ed Alfonso Portanova, che svolgeva funzioni di impiegato amministrativo provvedendo all’effettiva e quotidiana gestione del Cpr, la prima accusa è quella di frode nell’esecuzione dei contratti di appalto stipulati con la Prefettura. Dagli investigatori, riscontrati livelli di assistenza e cura insufficienti a garantire agli extracomunitari ospiti del Cpr «il pieno rispetto della dignità umana». Dalla carta dei contratti alla realtà, tra capitolati d’appalto e specifiche tecniche, i conti non sono tornati sulla garanzia dei bisogni primari degli ospiti quali nutrizione, cura della salute ed equilibrio psicoemotivo, «carenti sia dal punto di vista quantitativo che da quello qualitativo». Quantitativamente, per esempio, per quanto riguarda il servizio medico, nel solo periodo dal 16 gennaio 2018 al 29 febbraio 2020, rilevato un ammanco contrattuale di mille e 120. Nel quasi intero biennio successivo, l’ammanco è risultato di mille e 477 ore. Per la Procura di Potenza non rispettate le prescrizioni contrattuali anche sul servizio infermieristico. Dal febbraio 2021 all’ottobre 2022, ammanco totale di 11mila e 284 ore. E ancora: «Sistematica discontinuità in ambulatorio della presenza del personale medico e infermieristico», vuoti nell’assistenza psicologica e prestazioni inferiori ai livelli minimi convenzionalmente fissati riguardo anche ai quantitativi di ore prestate dagli operatori dei servizi di informativa legale e di mediazione linguistico-culturale. In più, il servizio di organizzazione del tempo libero, «non è stato di fatto mai erogato».
«CONDIZIONI PESSIME, ANCHE I PIÙ SANI ED EQUILIBRATI PERDEVANO LA RAGIONE» A proposito di intrattenimento, sulla carta ricco e variegato il programma che spaziava dalle lezioni di lingua curda e di lingua italiana, ai cine-forum, alla preparazione, col contributo economico degli stessi trattenuti, di panieri alimentari da distribuire alle famiglie italiane meno abbienti e altro ancora, ma nella realtà nulla. Gli ospiti come confermato da un’infermeria trascorrevano le giornate in uno «stato di sostanziale inerzia: le condizioni di vita erano pessime tali da indurre anche le persone più sane ed equilibrate a perdere la ragione». Con soldi pubblici, profitti privati, tramite “dati alterati” trasmessi alla Prefettura e “dissimulazione maliziosa e sistematica” delle carenze quantitative e qualitative tramite trasmissione periodica alla Stazione appaltante di reports costi lacunosi, contraddittori e talvolta non veritieri e contraffatti, con extracomunitari trattati non come persone, ma a mo’ di soldi che camminano. Usando la terminologia tecnica utilizzata dal Gip, «frodi da cui deriva un indebito risparmio-arricchimento ai danni della parte contrattuale pubblica». Per esempio, raccolte dagli inquirenti, 11 fatture del periodo 2018-2019, aventi ad oggetto le prestazioni professionali di uno psicologo clinico e volte a qualificare l’uomo come psicologo presso il Cpr di Palazzo San Gervasio «senza che costui avesse mai svolto di fatto tale servizio all’interno della struttura di trattenimento in questione». Criticità anche in relazione alle forniture di pranzo e cena e impiegato pure personale senza requisiti professionali richiesti dalla normativa vigente.
LA SEDAZIONE COATTA: DALLA «DROGA DEI POVERI» AI FARMACI «OCCULTAMENTE PURE NEL LATTE A COLAZIONE» Pesante il quadro delineato dagli inquirenti circa l’aspetto qualitativo dei trattamenti. Per la Procura di Potenza, al Cpr di Palazzo San Gervasio, col placet del direttore Forlenza, e dei medici Giovanni Pizzuti, Giulia Paradiso, Donato Nozza e Luigi Topi, era stato pianificato, organizzato ed attuato un «vero e proprio sistema» teso ad avere un agevole controllo su tutti gli ospiti trattenuti presso il Cpr che mostravano segni nervosismo ed irrequietezza o che si temesse potessero mostrarli, i quali venivano sottoposti «capillarmente e continuamente» a maltrattamenti attraverso l’indebita somministrazione, «talora anche occulta ed o forzata ed in ogni caso senza che fosse acquisito il consenso informato dalle parti offese», di pesanti psicofarmaci anti-convulsivi tra cui il Rivotril, conosciuto anche come «droga dei poveri». Gli infermieri del Centro hanno «tutti» dichiarato che il Rivotril non vemva somministrato a pazienti epilettici «ma impiegato come tranquillante». Come è stato raccontato agli inquirenti, «non si trattava di una terapia vera e propria quanto di un sistema per tenere tranquilli gli ospiti» e di fatto «questo tipo di somministrazioni non andavano a scalare, ma rimanevano immutate perché erano erogate per mantenere una situazione di tranquillità». Tra le «singolari» modalità di somministrazione dei farmaci tranquillanti, anche quelli «diluiti occultamente nel latte a colazione». Per l’accusa, evidente come il rivotril come tranquillante non fosse un fatto episodico, ma «avveniva sistematicamente e su larga scala e corrispondeva alla specifica necessità di controllare illecitamente l’ordine pubblico interno da parte della Engel». Come riscontro esterno, le verifiche svolte dai Nas dalle cui ricerche è risultava che erano state prescritte a pazienti ospiti del Cpr ben mille e 315 confezioni soltanto di Rivotril in gocce e compresse nel periodo da gennaio al dicembre 2018, cioè nel corso del primo anno di apertura del Cpr, e ben 920 confezioni dal gennaio 2019 all’agosto 2019. Poi via, via ad aumentare tanto che «senza dubbio il rivotril è il farmaco più prescritto all’interno del Cpr, tanto che almeno la metà degli ospiti ha finito per assumerlo». Elevate contestazioni relative ai trattamenti con Rivotril di circa una 30ina di extracomunitari alcuni dei quali hanno sviluppato una degenerativa condizione di farmacodipendenza, patologia psico-fisica per la cui completa guarigione «sono necessari almeno sei mesi di terapie farmacologiche e psicologiche». Per comprendere meglio, al medico Nozza, è stato contestato di aver fatto false attestazioni, anche tramite ricette mediche a carico del Sistema sanitario nazionale, allo scopo di approvvigionarsi di confezioni dei farmaci benzodiazepinici come rivotril e quetiapina da somministrare impropriamente, vale a dire in maniera indifferenziata e non tracciabile, agli ospiti del Cpr. Simile accusa, per Luigi Topi. Un circolo vizioso, perchè come confermato da più persone che hanno lavorato nel Centro, «gli ospiti sviluppavano una sorta di dipendenza dal Rivotril tanto da diventare aggressivi quando il medesimo farmaco non veniva loro somministrato». Come ha dichiarato agli inquirenti chi nel Cpr di Palazzo San Gervasio ci ha lavorato: «Era un inferno là dentro e di episodi sgradevoli ce ne sono stati tantissimi, tanti, tanti, tanti».
VIOLENZE GRATUITE In una conversazione intercettata in modalità ambientale ed intercorsa tra alcuni infermieri che avevano lavorato presso il Cpr, si racconta del «violento pestaggio di un ospite epilettico» avvenuto all’interno dell’infermeria ad opera di un Carabiniere. «A un nigeriano che aveva proprio l’epilessia – racconta l’infermiera – (…) aveva dimenticato la sera di dare la compressa per l’epilessia a sto ragazzo, il depakin. La notte a questo gli venne una forte crisi epilettica, che ruppe la testa, praticamente (…) La mattina venne che io facevo il turno della mattina e mi portarono questo ragazzo, nu sort d cudd niur (un omone di colore, ndr). Gli dissi “senti, non te la prendere con me”. Davanti alla scrivania, così: “tu, tu”. Meh, c’erano i Carabinieri e uno dei Carabinieri lo prese, io mai vista una scena del (…) gli diede tante di quelle mazzate, ma tante di quelle mazzate, ma in faccia, lo uccide, lo uccide “non ti permettere mai più, hai capito, di rivolgerti con l’infermiera”».
LA GENESI Il primo atto di indagine risale al settembre del 2019. Inquirenti al Cpr per acquisire riscontri a quanto denunciato circa «la somministrazione inappropriata di farmaci tranquillizzanti e atti di violenza». A partire dalla testimonianza di un algerino durante l’interrogatorio di garanzia al Gip, era stato tratto in arresto all’interno del Cpr per resistenza a pubblico ufficiale, le prime conferme: «Nella struttura si verificano abitualmente episodi di intimidazione e di sopraffazione». Le lamentele dell’algerino, non un caso isolato. Anche in altre occasioni, dagli stranieri arrestati riferite le stesse cose. Nel prosieguo delle indagini, dalla «sedazione coatta» per determinare negli ospiti uno stato di prostrazione, il campo investigativo si è allargato comprendendo anche altre vicende.