REVOCA DOMICILIARI A LUOGOTENENTE E IMPRENDITORE
Informazioni segrete in cambio di assunzioni, mutato lo scenario della corruzione tra il carabiniere Pavese e Di Marzio
Il Gip del Tribunale di Potenza, Lucio Setola, a seguito dell’interrogatorio di garanzia ha revocato l’ordinanza degli arresti domiciliari che erano stati disposti per l’imprenditore materano Francesco Paolo Di Marzio (difeso dal Prof Donatello Cimadomo e dall’avvocato Domenico Palombella) e per il Luogotenente dei Carabinieri in servizio presso il Comando Provinciale di Matera, Vito Antonio Pavese (difeso dagli avvocati Leonardo Pace ed Eustachio Dubla). A carico di Pavese resta soltanto la misura dell’interdizione dall’utilizzo delle banche dati in uso e a disposizione dell’Arma dei Carabinieri. Scenario notevolmente mutato, caduto uno dei pilastri portanti dell’inchiesta che ha avuto ad oggetto reati, contestati a vario titolo, quali corruzione, accesso abusivo e continuato a sistema informatico, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio: il do ut des tra i due indagati.
Secondo l’accusa, il sottufficiale dell’Arma accedeva alla banca dati per fornire a Di Marzio «informazioni sul conto di persone con cui l’imprenditore entrava in contatto». In cambio, l’imprenditore assumeva nei suoi cantieri «familiari di Pavese», quali il figlio ed il cognato. Riscontrato un disallineamento temporale, per il Gip necessari ulteriori accertamenti. Per esempio, nel caso di un familiare di Pavese, il rapporto lavorativo tra lo stesso e l’imprenditore Di Marzio è consistito in una collaborazione di neanche 1 mese e comunque risalente ad anni prima rispetto ad alcuni contestati accessi abusivi al sistema informatico a disposizione dei Carabinieri. Caduti i gravi indizi sul reato più grave, la corruzione, revocati gli arresti domiciliari per insussistenza delle relative esigenze cautelari.
L’imprenditore, inoltre, è stato anche sotto scorta. Alcune richieste di informazioni rivolte al Carabiniere, più che frutto di una «propensione e di una capacità a ricercare “scorciatoie” per il soddisfacimento dei propri interessi, anche attraverso accordi illeciti con pubblici ufficiali», potrebbero anche rivelarsi come in buona fede. Ad ogni modo, come dalle indagini svolte dalla Procura del capoluogo, erano emersi molteplici episodi di accessi informatici che coinvolgendo anche altri soggetti, «dovranno essere oggetto di ulteriori accertamenti». Successive verifiche si concentreranno sull’utilizzo, improprio o meno, delle banche dati in uso e a disposizione dell’Arma dei Carabinieri. Sull’accordo corruttivo tra il Luogotenente Pavese e l’imprenditore Di Marzio, informazioni in cambio di assunzione di familiari, al momento, lo scenario, in attesa di future risultanze investigative, appare considerevolmente cambiato.