DONNE E UNIVERSITÀ: L’ANALISI DI GENERE
L’approfondimento di Antonella Pellettieri
I Focus del Rapporto Anvur (Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca e di cui sono stata consulente esterno) sull’analisi di genere riporta dati quasi imbarazzanti, per il 2023. Realizzato da Alessandra Celletti, coordinatrice del Focus, da Paola Costantini, da Emilia Primeri e da Sandra Romagnos, il volume è suddiviso in tre principali capitoli: il primo è dedicato alla popolazione studentesca universitaria, il secondo al personale docente e non docente dell’Università e dei Enti di Ricerca e il terzo ai Comitati di Garanzia (Cug). Seguono altri due Focus dedicati al rapporto di genere nella Vqr (Valutazione della qualità della Ricerca) 2015-2019 e al rapporto di genere nel confronto internazionale. Il pamphlet è arricchito da grafici e schemi che illustrano con grande chiarezza la situazione che è molto difficile da riassumere. L’Italia non è un paese dove le donne vivono facilmente, o dove realizzano sogni o semplici modus vivendi dove vi è parità reale. Noi donne siamo vittime della prepotenza e dello strapotere di una educazione che costringe l’Italia a una forma di degrado culturale e intellettuale che si palesa proprio con l’esclusione delle donne dai posti di potere e dalla possibilità di “fare carriera”. In qualsiasi luogo, ancora più grave se questo accade in luoghi definiti di cultura e dove si dovrebbero preparare i giovani al futuro e alla scelta della propria professionalità, dove si dovrebbero insegnare i saperi e dove dovrebbero fermentare i semi dell’evoluzione e del progresso: mi riferisco alle Università e agli Enti di Ricerca. In base ai Focus di questa indagine dell’Anvur risulta maggiore il numero di donne iscritte all’Università ma è molto evidente un divario di genere nella scelta degli ambiti di studio: le donne sono in maggioranza nelle discipline umanistiche, artistiche e sociali mentre gli uomini sono in numero davvero maggiore nelle Scienze ingegneristiche, tecnologiche e matematico-informatiche. Il dato che più sorprende è quello relativo alle posizioni apicali delle carriere accademiche dove le donne sono in numero nettamente inferiore. Anche se nel corso degli anni si sono state moltissime iniziative per contrastare le disuguaglianze nel 2022, i professori ordinari donne sono il 27%, i professori associati donne sono il 42%, i ricercatori universitari donne sono il 49% e i ricercatori a tempo determinato donne sono il 44%. Più si va in alto e maggiore è la presenza maschile in posizioni apicali nelle carriere: questo divario diventa maggiore nelle discipline scientifiche ma anche per quanto attiene le aree geografiche. Al Sud e nelle Isole la presenza di donne in posizioni apicali diminuisce rispetto al Nord e anche al centro anche se le stime tra il 2012 e il 2022 mostrano un aumento lento ma costante. Anche fra i rettori e le rettrici italiani vi è un baratro: nel 2012 erano rettori il 92,5%, nel 2022 siamo passati all’87,9%. Dato che si ripete per quanto attiene il ruolo di Commissario nell’Abilitazione Scientifica Nazionale: nel 2021 si sono candidati 1032 donne e 3074 uomini, sono stati nominati commissari 344 donne e 927 uomini. Per quanto attiene il per- sonale tecnico amministrativo troviamo una maggiore presenza femminile e il divario di genere fra chi riesce a rag- giungere la dirigenza non è altissimo: le donne sono il 43,4% ma questo dato si trasforma del tutto se ci riferiamo ai Direttori Generali che, sempre nel 2022, vedono una presenza femminile pari al 27,9%. Invece negli Enti di ricerca, le ricercatrici a tempo indeterminato sono il 42,6% con un aumento costante dal 2012 che erano il 39% e fra queste ci sono anche io che sono una ricercatrice del Cnr dal 1988. L’istituzione dei Cug (Comitati Unici di Garanzia) nel 2010 andavano a nascere su precedenti comitati di Pari Opportunità sin dal 1987 e con l’istituzione della Conferenza Nazionale dei Comitati Pari Opportunità delle Università Italiane nel 2007. I Cug verificano il livello di benessere organizzativo, organizzano corsi sui temi della parità e sul mobbing e vigilano sul piano triennale di azioni positive dell’amministrazione. Particolare importanza hanno i Pap (Piani di Azioni Positive) che favoriscono l’uguaglianza, prevengono e rimuovono situazioni di discrimina- zione o violenze morali, psicologiche, mobbing, disagio organizzativo. Interessantissimo il Focus sulla valutazione della qualità della ricerca per il periodo 2015-19: su 161.169 prodotti conferiti vi è un vantaggio dei punteggi degli uomini tranne che per i prodotti delle Scienze Mediche, Agrarie, Veterinarie, Architettura ed Economia Aziendale dove il punteggio raggiunto dalle donne è leggermente più alto. Infine nel focus sul rap- porto di genere nel confronto internazionale le donne iscritte all’università in Italia è superiore mediamente ai dati degli altri paesi ma vi è un calo di iscritte di un punto percentuale all’anno anche se sembra si sia stabilizzato negli ultimi tre anni. Una contrazione in Italia è palese anche nel numero di donne laureate fra gli anni 2013-2021 di poco superiore alla contrazione europea: per quanto riguarda il personale docente universitario la percentuale di incremento di presenza femminile è minore rispetto a quella Europa. Necessita lottare ancora molto e serve aiutarsi l’un l’altra. Forza donne!