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CONDANNA MUSACCHIO: TUTTI I PERCHÈ

Canale 7, ecco come il Tribunale di Matera ha fatto a pezzi la difesa dell’Au del Consorzio di Bonifica

Canale 7 a Policoro e tombino abusivo poichè costruito in difformità alle prescrizioni imposte: il Pubblico ministero aveva chiesto la condanna ad 1 anno di reclusione, ma il Tribunale di Matera, ha condannato l’attuale Amministratore unico del Consorzio di Bonifica della Basilicata, Giuseppe Pio Musacchio, ad 1 anno e 6 mesi (pena sospesa). A distanza di circa un mese dalla nota sentenza, poichè depositate le motivazioni, è ora possibile meglio comprendere l’iter che ha condotto il Giudice Rosa Bia al convincimento della colpevolezza dell’avvocato Musacchio, A leggere le motivazioni, abbastanza agevole, per la linearità del percorso processuale, la ricostruzione dei passaggi salienti della contestata condotta omissiva che non ha interrotto il persistere del pericolo di un’inondazione, sebbene il pericolo derivante dall’apposizione del tombino abusivo da parte della Marinagri SpA «fosse stato conclamato». Nella zona, quel tombino è stato popolarmente definito il tombino della illegalità. Rischio inondazione conclamato e conosciuto, anche sulla scorta di una serie di atti tra cui, a titolo esemplificativo, gli esiti dello studio commissionato dal Comune di Policoro e gli esiti della conferenza di servizio convocata nel 2016 al fine di segnalare agli Enti preposti, tra cui il Consorzio di Bonifica, «il pericolo per la pubblica e privata incolumità derivante da esondazioni rinvenienti dalle reti del canale 7». A processo, due, in realtà, gli imputati, che tra l’altro «si sono tirati fuori dalla contesa addossandosi reciprocamente la responsabilità»: oltre a Musacchio, l’allora primo cittadino di Policoro, l’attuale consigliere regionale Rocco Leone, che è stato assolto poichè «non era nelle determinazioni del sindaco Leone, imporre ai responsabili della società di eliminare l’abusivo tombamento del canale 7». Musacchio, da parte sua, ha evidenziato «di non essere stato lui a dare causa all’abuso fonte del pericolo e che il Consorzio non aveva e non ha le competenze amministrative per porre rimedio al malfatto». Laconicamente, invece, il Tribunale ha ricordato come il canale è Consortile e quindi proprio l’Ente doveva intervenire per rimuovere la strozzatura: «Ci si attendeva che Musacchio – viene spiegato nelle motivazioni -, responsabile del Consorzio e longa manus dell’Ente regionale in materia di bonifica, insediatosi qualche mese dopo l’evento alluvionale del 2013, desse le opportune e dovute disposizioni». Per di più, l’Au avrebbe dovuto intervenire «non appena insediatosi», dal momento che «la situazione della mancata conformità dei lavori di tombamento eseguiti dai responsabili di Marinagri era stata assodata ed era conosciuta da Musacchio». All’avvocato Musacchio, in sintesi, non è stato imputato di aver compartecipato all’antecedente che ha creato la condizione di rischio, cioè la manomissione del canale 7 col tombino non conforme, ma di «aver fatto persistere il pericolo». Con maggiore precisione, «non vale affermare che se il canale non fosse stato rimaneggiato da altri, il pericolo non si sarebbe verificato, in quanto la condotta di Musacchio ha contribuito a che il pericolo, creato da altri, persistesse». Per il Tribunale di Matera, provato il nesso di causalità materiale: quel canale, dopo la manomissione per consentire a Marinagri di dotarsi della rete viaria, «è pericoloso» ed «è fuorviante» la tesi secondo la quale mancherebbe il nesso di causalità «tra le omissioni del Consorzio ed il pericolo di esondazione» sull’asunnto che quella zona era «a rischio già prima che arrivasse Musacchio». Come da rigoroso percorso logico fin qui tratteggiato, se lo strozzamento del canale è l’antecedente, allora la mancata pulizia dello stesso e la mancata rimozione della strozzatura, «l’omesso intervento del Consorzio e per esso del suo amministratore», è la conditio sine qua non del persistere del pericolo di inondazione. Tra l’altro, ha aggiunto il Giudice circa il profilo di colpa specifica contestato a Musacchio, «valgono a colorare la sua condotta delle connotazioni della colpa cosciente, le numerose lamentele che Musacchio aveva ricevuto personalmente dal Prefetto, dal sindaco e dai cittadini preoccupati dell’andamento ingravescente della tenuta del canale». Per il ruolo rivestito, l’avvocato Musacchio non si è comportato da «homo eiusdem professionis et condicionis», ovvero da uomo coscienzioso ed avveduto. Mentre il pericolo ha, ne- gli anni, «continuato ad assillare le popolazioni interessate», dall’Au Musacchio, quale «soggetto decisionista», nessuna soluzione concreta, ma ostinazione nel persistere col «contegno mantenuto al cospetto di Marinagri», invece di diffidare il privato, che aveva causato il danno, «a ripristinare lo stato dei luoghi e, in mancanza, di sostituirsi allo stesso addebitandogli i costi». Se Marinagri non ottemperante, da allora Commissario, Musacchio che «avrebbe dovuto imporre la rimozione dell’opera», doveva «provvedere d’ufficio anche a mezzo di ditte di terzi, facendosi rimborsare i relativi oneri». L’attuale Amministratore unico del Consorzio, già Commissario dell’Ente, tra le “distrazioni”, si era, per esempio, «concentrato su un progetto dello scolmatore con scarico a mare, bocciato dalla Regione perché ritenuto invasivo e non rispettoso dell’ambiente». Sarebbe intervenuto, al contrario, «se si fosse comportato da buon amministratore», ma invece, «ha lasciato che il pericolo persistesse, perpetuando l’errore dei suoi predecessori». Musacchio non ha fatto «un passo avanti attivandosi a tutela dei cittadini», nonostante avesse «riconosciuto il pericolo e poteva e doveva adottare le precauzioni necessarie per evitarlo». In conclusione, come rimarcato nelle motivazioni della sentenza, «ancora oggi Musacchio ritiene, lo ha ribadito in sede di esame» di aver ben operato e di avere «fatto il possibile», ma «se si fosse comportato da buon amministratore», sarebbe stata un’altra storia ed avrebbe anche verosimilmente evi- tato la condanna in primo grado ad 1 anno e 6 mesi (pena sospesa) di reclusione con risarcimento in favore delle parti civili costituitesi, difese dall’avvocata Giovanna Bellizzi, nonchè alle spese legali da loro sostenute.

Ferdinando Moliterni

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