LA POLITICA SENZA CITTADINI NELLA DUMA LUCANA
l meccanismo elettorale e l’accessibilità alle cariche elettive: paradossi e ostacoli
La strategia è una sola ed è molto chiara: laddove i cittadini esprimono stanchezza, se non ostilità, nei con- fronti dei partiti politici tradizionali, questi reagiscono ritraendosi nei “propri” spazi istituzionali. Palazzi che le Leggi elettorali hanno reso sicuri quanto la Duma di Putin, per poter custodire e amministrare il potere. La Regione, senza nemmeno bisogno del progetto di autonomia differenziata, rappresenta, infatti, un fortino all’interno del quale politici di destra e di sinistra da decenni governano e gestiscono tanto le vittorie quanto le sconfitte elettorali, in un collaudato sistema di consociativismo che sembra ignorare la distanza dagli elettori. I partiti minimi nella loro capacità di rappresentare la società, diventano mas- simi nell’occupazione del- le istituzioni. Così facendo, tutto il resto viene descritto come anti- politica, ed ogni fermento di rinnovamento, le spin- te da parte di energie positive alla ricerca di una via di uscita dalla demo- crazia bloccata, devono confrontarsi non soltanto con l’apparato politico, ma anche con il sistema burocratico e legislativo. Dalla teoria alla pratica. Tra marzo e giugno saranno chiamati a votare gli elettori di cinque regioni. Nella piccola (più per numero di abitanti che per estensione) Basilicata, le acque paludose in cui ristagna la politica regionale hanno provocato una progressiva disaffezione al voto, tanto da fare intra- vedere una affluenza ai seggi ben al di sotto del 50 per cento. Ma qui, a dispetto della in- sofferenza dei cittadini, le attenzioni sono molto al- te: oltre alla ricchezza di acqua, nella Valle della Agri c’è la più grande ri- serva di idrocarburi onshore dell’Europa occidentale, una porzione di territorio al centro della Basilicata che si estende su un raggio di 660 chilo- metri quadrati, di cui è titolare l’Eni per il 60,77 per cento e la Shell per il 39,23 per cento. Da coordinatore regionale del partito paneuropeo Volt Basilicata, mi sono fatto promotore di una iniziativa politica tesa a scardinare “il sistema”, attraverso la candidatura a presidente della Regione al di fuori dei due poli. Non un’avventura (avendo una certa conoscenza della politica e dei suoi sistemi) bensì un percorso studiato e programmato per tempo, che ha messo in conto tutte (o quasi) le difficoltà del caso. Gli ostacoli principali per accedere alla competizione elettorale non si riassumono nella difficoltà (si direbbe, impossibilità) a reperire risorse finanzia- rie, né nella mancanza di un reticolo di relazioni che si potrebbero definire “forti”, “corte” o “pericolose”, né, ancora, nella pressoché sistematica censura da parte degli organi di informazione (compre- so il cosiddetto “servizio pubblico” della Rai). Uno degli ostacoli principali è posto addirittura a monte, ed è rappresentato dall’accesso stesso alla competizione politica. Lo strumento utilizzato è la legge elettorale regionale (con l’approvazione della legge costituzionale 22 novembre 1999 ogni regione a statuto ordinario è tenuta a dotarsi di una pro- pria legge elettorale, nel- l’osservanza dei principi stabiliti dalla legislazione statale). Quella vigente in Basilicata è un condensato di difesa del fortino che nemmeno i generali del Pentagono americano avrebbe- ro saputo elaborare e mettere a punto. Ne sono stati capaci, invece, la sinistra e la destra lucane che la approvarono 5 anni e mezzo fa, con il collaudato metodo consociativo. Passino le soglie di sbarramento, che fanno parte di tanti sistemi elettorali: in Basilicata si sono cimentati nella costruzione di una legge che vorrebbe obbligare qualsiasi espressione a stare in una delle due coalizioni (le loro, appunto), stabilendo soglie più elevate per quelle forze politiche che vorrebbe- ro scegliere di presentarsi da sole. Dice inoltre la Legge: sia chiaro, se arrivi terzo tra i candidati presidenti, in Consiglio regionale non ci entri! Infatti, passano solo il primo e il secondo (destra e sinistra, appunto). Il voto disgiunto? Vietato, pena l’annullamento del voto, e ciò nonostante la diversa indicazione del- l’impalcatura della legge nazionale (infatti la Basilicata è tra le poche Regioni in cui il voto di- sgiunto non è consentito). E poi, a complicare ulteriormente le cose, ci sarebbero la metodologia di assegnazione dei seggi, la raccolta delle firme obbligatoria se non ti chiami Pd o FdI, le procedure e le scadenze… Insomma, non esattamente un sistema che incoraggia la partecipazione alla vita democratica e politica, bensì una forma di arroccamento, di difesa del- le posizioni conquistate affinché non siano contendibili da altri. È questa, purtroppo, la risposta alla degenerazione dei partiti, alla loro perdita di credibilità, all’astensionismo e alla disproporzionalità: restare al potere con pochi voti. È la politica senza cittadini: un paradosso, una contraddizione in termini, dal momento che la stessa nozione di cittadinanza è intrinsecamente legata a quella politica. Per questo viene in mente la Duma di Putin: se durante la presidenza di Medvedev, anche grazie alla pressione di massa, furono introdotte una se- rie di misure atte a semplificare la vita dei partiti, con il ritorno di Putin alla presidenza, l’evidente perdita di consensi del partito del Cremlino convinsero a stabilire ostacoli all’accesso di nuove forze politiche. Ostacoli, solo un po’ meno rigidi di quelli in vigore in Basilicata.
Di Eustachio Follia