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NEMICO COMUNE, MA FRONTE DIVISO

In vista del fantomatico tavolo, soltanto portatori d’acqua del fu partito regione. Tra Pd, Movimento 5 stelle e Chiorazzo manca ancora un progetto condiviso

Già nel nome del suo movimento “Basilicata una storia nuova”, Angelo Chiorazzo prova a definire il suo progetto politico una novità, come se volesse cambiare la nostra terra, come se fosse qualcosa di mai visto prima. Eppure, basta leggere i nomi di quelli che si spendono per sostenere questa candidatura per capire che di nuovo non c’è proprio niente. Il primo a benedire il nuovo progetto è stato Tonio Boccia che già nel novembre dell’anno scorso aveva detto di sperare che i leaders del centrosinistra si riunissero presto per decidere chi dovesse essere il candidato a Presidente e che scegliessero Angelo Chiorazzo. Tonio Boccia è un padre nobile del centrosinistra lucano ed uno dei più importanti protagonisti della politica in Basilicata: presidente della Regione Basilicata dal 1990 al 1995, poi deputato e senatore. Una persona autorevole ma sicuramente nulla a che vedere con una “storia nuova”. Sia chiaro, noi non ci pieghiamo alle recenti (e già scadute) mode del nuovismo ma “nomina sunt conseguentia rerum”. Se ci si candida alla presidenza della Regione con la benedizione di chi quell’incarico lo ha ricoperto quando tre dei cinque attuali assessori della Giunta regionale erano ancora alle scuole superiori si dovrebbe rinunciare ad ogni rivendicazione di novità. Lo stesso Chiorazzo, del resto, è un grandissimo e capacissimo imprenditore ma proprio per questo non è una “storia nuova”. Forse sarebbe stato più corretto parlare di esperienze che ritornano, di vecchie storie che vogliono portare la loro esperienza. È corretto, è lecito, è normale che ciò possa avvenire. Non esiste nessun obbligo di essere una novità.

QUANDO C’ERANO LORO TUTTO FUNZIONAVA PERFETTAMENTE

Ci chiediamo perché doversi inventare “una storia nuova”, se il loro motore è proprio l’esperienza? Perché non trasformare la loro esperienza antica in un punto di forza? Ne avrebbero tutti gli strumenti. Potrebbero raccontare che prima tutto funzionava a meraviglia. Per esempio potrebbero dire che la sanità lucana prima era un fiore all’occhiello del sistema sanitario nazionale, potrebbero dire che prima il tessuto imprenditoriale lucano era florido, che le aree industriali pullulavano di vita operaia, che il turismo era fiorente e che tutto funzionava. Potrebbero farlo ma, forse, non troverebbero nessuno disposto a dare loro ascolto. Questo mondo del ben- godi dove tutto funzionava a meraviglia, distrutto dai barbari della Lega, dagli incapaci della Destra, dai napoletani di Bardi non è mai esistito. E, quindi, per poter sperare di raccontare che possono sistemare le cose in modo migliore devono far credere che sono nati oggi, che sono una novità, che non esistono rapporti con il passato, quasi che la Regione Basilicata abbia iniziato ad esistere con il Governo Bardi e che prima di lui non c’era niente da raccontare. È proprio il loro voler rescindere ogni rapporto con il loro stesso passato che qualifica la poca fiducia che essi stessi hanno nei confronti di ciò che hanno fatto quando hanno governato. La retorica va bene, la politica si fonda anche sull’illusionismo delle parole ma ci piacerebbe che ci dicessero anche in che cosa i governi del centrosinistra siano stati migliori rispetto a quello di Bardi.

IL NEMICO COMUNE COME UNICO COLLANTE

Come la storia politica insegna ci si può unire perché sia ha l’idea di fare qualcosa tutti insieme o ci si può unire perché si ha un nemico comune. Nulla rinsalda gli uomini quanto la paura di un nemico comune. L’anticomunismo è stato per anni il collante che ha consentito alla Democrazia Cristiana di stare al potere e alle forze che credevano nella democrazia rappresentativa di restare uniti a qualsiasi costo per evitare di concedere il potere ai filosovietici. L’anticomunismo e l’antifascismo, lo spauracchio delle dittature più urlato che reale sono stati il vero punto di equilibrio della Prima Repubblica. “Hannibal ad portas” gridavano i romani dopo la battaglia di Canne e quella paura unì il Popolo romano e rinforzò i ranghi dell’esercito che vinse le guerre puniche. Annibale, però, era un nemico vero, autentico, si poteva vedere e toccare, marciava verso Roma e ne minacciava la stessa esistenza. Bardi non è Annibale e, quindi, il richiamo che molti fanno di “stare uniti per sconfiggere la destra” non trova ascolto nella classe dirigente e non affascina elettori e militanti. Per unirsi ci vuole un progetto comune ed esso può nascere soltanto da una comune “weltanschauung”, da una visione del mondo e dei valori. Nel campo largo non esiste tutto ciò. Cosa può mettere insieme, infatti, l’elettore dell’ “uno vale uno” con Tonio Boccia? Cosa hanno in comune il re delle Coop con chi gridava e grida contro il sistema? Niente, non riusciamo a trovare un punto di aggregazione comune. Se anche le classi dirigenti trovassero un tavolo comune intorno al quale sedersi non riuscirebbero a scaldare i cuori degli elettori. Il Movimento lo sa bene che in una alleanza sarebbe spazzato via dalle urne. Il Pd lo sa bene che il suo elettorato non ha alcuna voglia di concedere spazio ai Cinque Stelle. Il centrodestra ha il vantaggio di avere un elettorato e una visione comune. Le forze politiche che lo compongono sono diverse ma sono simili. Gli elettorati sono simili.

QUELLA VOGLIA DI RESTAURAZIONE MASCHERATA

E, allora, diciamolo senza finzioni e senza nasconderci. Malgrado i cinque anni di governo la “storia nuova” è ancora il centrodestra. Cinque anni sono una porzione infinitesimale di tempo rispetto a tutta la stagione del centrosinistra che è iniziata con l’avvento della Repubblica prima e l’istituzione delle Regioni poi. Non c’è nulla di male a pensare che “si stava meglio quando si stava peggio”, è corretto credere che sia necessario portare indietro le lancette della storia, è nobile il sentimento della nostalgia del tempo in cui era tutto Partito Regione, quello che è insopportabile è spacciare la voglia di restaurazione con una speranza di cambiamento. A prescindere dai protagonisti della tenzone elettorale, anche le elezioni di Aprile saranno tra chi vuole portare avanti una linea nuova di governo e chi coltiva il torcicollo di quando c’erano loro.

Di Massimo Dellapenna

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