SEDOTTO E ABBANDONATO
Ora pensano che oltre a ritirarsi gli faccia pure una lista, come se fosse l’ultimo dei peones. Un gigante in mezzo ai nani: il Pd scarica Chiorazzo, non gradito ai 5 stelle
Gulliver nel primo dei suoi viaggi, capitò nell’isola di Lilliput. I suoi abitanti, quando lo videro, lo legarono nel sonno inconsapevoli del fatto che lui avrebbe potuto facilmente rompere quei lacci. Presero confidenza con lui, iniziarono a parlare con lui. Malgrado parlassero con un gigante altro dodici volte loro, gli raccontavano che il loro sistema di governo era il migliore, che loro erano i più forti di tutti e che avevano il diritto di ritenersi una razza superiore. Se Jonathan Swift vivesse oggi in Basilicata non avrebbe la necessità di inventare nuovi personaggi per raccontare il paradosso del suo viaggio, gli basterebbe riprendere il dibattito surreale che si sta scatenando in questi giorni nel Partito Democratico, tra i Dem e gli alleati e tra tutti questi insieme e Chiorazzo. Non osiamo immaginare gli occhi disincantati e delusi con i quali un grande imprenditore della stazza di Chiorazzo sia costretto a sopportare il misero teatrino della corte dei lillipuziani del “campo largo”, divisi su tutto, incapaci di trovare una qualsiasi sintesi su qualsiasi posizione ma anche di concludere una riunione senza litigare.
I TACCHI ALTI E I TACCHI BASSI
Ed è proprio l’avvenuta di Gulliver a Lilliput che ci sembra di rivivere, senza nessuno sforzo di fantasia, in questi giorni. La corte dei lillipuziani era divisa tra i tacchi alti e i tacchi bassi, ciascuno odiava gli altri definendoli incompetenti e dannosi per la comunità. La corte dei “campo largo” di Basilicata ha più tacchi che teste, più pensieri che pensatori, riesce a dividere l’atomo del concetto e il capello delle idee in un modo talmente complicato che non è semplice neanche per noi seguire il filo del ragionamento. Il Movimento Cinque Stelle, i socialisti, Italia Viva e Azione non vogliono Chiorazzo ma uomini del M5S, uomini di Italia Viva e di altri partiti e storie comuni già hanno dichiarato e confermato il proprio amore per il re delle Coop. Il Pd voleva Chiorazzo già qualche mese fa. All’improvviso si è fermato. Sabato ha riunito la Direzione regionale alla presenza dei legati romani ed ha approvato un documento che chiede l’impossibile coesistenza della moglie ubriaca e della botte piena. Dovendo scegliere tra Chiorazzo e gli alleati ha optato per Chiorazzo con gli alleati. Una Direzione regionale che non ha dipanato nessun dubbio né ha sancito una linea politica razionale ma ha prodotto il risultato di spaccare ulteriormente il Partito Democratico. Non credevamo fosse possibile ma la coppia Lettieri-Speranza è riuscita laddove nessuno aveva osato immaginare fosse possibile arrivare. Salvatore Margiotta e i suoi hanno abbandonato i lavori. I delegati romani Taruffi e Baruffi, preso atto dell’impossibilità di proseguire la discussione se ne sono andati. Le immagini delle risse verbali sono diventate di dominio pubblico. “Nave senza nocchiero in gran tempesta” il Pd lucano lascia l’amaro in bocca anche e soprattutto in chi credeva e crede nel suo fantomatico e mai comprovato progetto politico.
LE DIMISSIONI DI MAURA LOCANTORE
«Carissimi Giovanni e Carlo, perdonerete se mi rivolgo a voi senza usare il tono della formalità, che pur si conviene a una comunicazione ufficiale, ma che ritengo possa essere derogato alla luce di ben altri e volgari accenti, estranei da sempre al gruppo dirigente lucano, che hanno caratterizzato l’epilogo dell’ultima Direzione Regionale del Pd», inizia proprio così la lettera con la quale Maura Locantore rassegna le dimissioni dalla Direzione del Partito Democratico che non nasconde il senso di «imbarazzo e vergogna» che prova dopo quanto accaduto. Una lettera che sintetizza tutto il disappunto di una classe dirigente che non dirige e non decide, che si lascia trasportare dall’ «irrompere di rivalse, di ritorsioni, di personalismi spic- cioli e di leaderismi esasperanti» nel «socialismo pentacostale» della «Guyana Lucana».
IL CAMPO GIUSTO SENZA FATTORI
Conte parla di “campo giusto”. Per un’antica diffidenza verso i totalitarismi e memori del fatto che ciascuno di loro è nato con l’idea di essere nel giusto, noi non amiamo questo concetto che presuppone che chi non la pensa come loro è nel “campo sbagliato” e precostituisce una contrapposizione non più tra idee diverse ma tra uomini giusti e uomini sbagliati che è sempre il preludio di qualche male. Non è, però, rilevante il nostro giudizio. Conte e Schlein credono di essere i depositari della “giustizia” e non ci assumiamo il compito di voler far loro cambiare idea. Quello che possiamo notare è che, però, questo campo non ha fattori in grado di coltivarlo. La politica del centrosinistra, del campo largo, del campo giusto ha prodotto una scena degna della corte di Lilliput con l’ausilio di testate ufficiali che passano il tempo ad insultare chiunque non la pensi come loro, ignorando anche il passato di ciascuno di queste persone e anche l’importanza che hanno dato alla storia politica della nostra regione.
CHIORAZZO APPARE GULLIVER
Angelo Chiorazzo, in questo clima, nel confronto a questo teatrino orripilante di vendette trasversali, di parole infuocate, di ferme indecisioni e di penultimatum notturni appare un gigante. Ha ragione da vendere quando pensa che è veramente inimmaginabile che un uomo della sua levatura possa sospendere la sua candidatura per sostenere un candidato scelto da questi caotici, raffazzonati e mal organizzati conciliaboli. Qualcuno ricorderà la discesa in campo di Berlusconi. L’uomo del biscione ci provò con tutte le sue forze a costruire un campo moderato alternativo alla “gioiosa macchina da guerra” ma Buttiglione non ne voleva sapere, Segni pensava di essere il padrone del voto degli italiani, Fini e Bossi non dialogavano. A quel punto si sentì chiamato in causa e, tra l’ironia della vecchia morente politica, fondò Forza Italia e vinse le elezioni. Non si offenda Chiorazzo se lo paragoniamo a Berlusconi né si offenda qualcuno di Forza Italia se utilizziamo come termine di confronto quella “discesa in campo” ma, mutatis mutandis, così come non era immaginabile a quel punto della storia politica che Berlusconi diventasse un portatori di voti per un Segni, un Buttiglione, un Fini o un Bossi qualsiasi, così non è immaginabile che Chiorazzo trasformi Basilicata Casa Comune in una delle tante liste di supporto ad un candidato che esca da questi caotici conciliabili. È il senso della politica, la storia dei rapporti di forza, la determinazione della volontà che impedisce che un’ ipotesi del genere possa essere tenuta in considerazione. Noi crediamo nella centralità della politica. È il Pd che non riesce neanche a dimostrare di essere capace di essere centrale in sé stesso. In tempo di tramonti i nani hanno ombre lunghe ma restano nani. Nessun gigante si lascia spaventare dalle ombre dei nani ecco perché Chiorazzo non ha alternativa che scegliere tra l’ignominiosa fuga e il continuare comunque la lotta. Noi crediamo che uomini della sua levatura non siano portati ad accettare mezzucci.
Di Massimo Dellapenna