PALAZZO SAN GERVASIO, SGOMINATA LA BANDA DELLO SPACCIO: 4 ARRESTI
Nel mirino della Procura di Potenza il sodalizio con a capo Solimena che si riforniva nel Foggiano: 3 in carcere ed 1 ai domiciliari
Operazione “Frontetusio”, sgominata la banda dello spaccio a Palazzo San Gervasio: 3 persone in carcere ed una ai domiciliari. In carcere: Rocco Solimena (cl. ‘59, nato a Palazzo San Gervasio), ritenuto dagli inquirenti al vertice del sodalizio dedito allo spaccio di hashish e marijuana, Roberto Di Pierro (cl. ‘00, nato a Venosa) e Donato Teora (cl. ‘99, nato a Venosa). Ai domiciliari: Antonio Lorusso (cl. ‘02, nato a Venosa). A dare esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare disposta dal Gip del Tribunale di Potenza, su richiesta della locale Procura, le Fiamme Gialle del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Potenza, con il supporto di unità cinofile della Guardia di Finanza di Matera. Nel corso delle indagini documentati numerosi episodi di acquisto e cessione di sostanze stupefacenti. I successivi sviluppi degli elementi emersi dalle attività tecniche di intercettazione telefonica e ambientale, supportati da numerosi servizi di appostamento e pedinamento eseguiti anche nella vicina provincia foggiana, fermo restando la presunzione di innocenza, hanno consentito di acquisire «comprovati indizi di colpevolezza». Dalle indagini è emerso che il gruppo provvedesse ad approvvigionarsi, con cadenza settimanale, di sostanze stupefacenti nella vicina Cerignola, per poi rivendere, le singole dosi, attraverso numerose e quotidiane cessioni verso una nutrita platea di acquirenti localizzati prevalentemente nel territorio Palazzese e nei comuni limitrofi. Per la Procura di Potenza, cardine e promotore del sodalizio criminale, sarebbe stato Rocco Solimena, «noto pluripregiudicato di Palazzo San Gervasio», che, adoperando le proprie aderenze in territorio foggiano, poteva garantire approvvigionamenti di cospicue quantità di stupefacente, di tipo hashish e marijuana, da destinare allo smercio sul territorio lucano. Nel corso delle indagini sono stati acquisiti elementi di prova in base ai quali si è ritenuto che Solimena riuscisse ad assicurare il trasporto dello stupefacente fino a Palazzo San Gervasio, «servendosi anche della “copertura” di alcuni componenti del proprio nucleo familiare», adottando particolari accortezze lungo il tragitto di ritorno, per eludere eventuali controlli. Lo “smercio” al dettaglio delle sostanze stupefacenti veniva, successivamente, curato dai sodali di Solimena, che rifornivano i “clienti” su appuntamento presso luoghi di aggregazione del centro Palazzese o, addirittura, consegnando lo stupefacente anche “a domicilio”, sia nello stesso comune che nelle limitrofe zone di Venosa, Banzi e Genzano di Lucania. Per le plurime cessioni censite e documentate nel centro abitato di Palazzo San Gervasio, l’organizzazione «si serviva in molteplici occasioni di un appartamento, definito con il nome codice “club”, ubicato nel centro storico del paese, il quale non solo veniva utilizzato quale luogo di stoccaggio e deposito dello stupefacente, ma all’interno del quale, talvolta, gli acquirenti venivano ospitati per dar luogo alle illecite transazioni». Come evidenziato dal Procuratore aggiunto Maurizio Cardea, Di Pierro, Teora e Lorusso, nonostante la loro giovane età, «vantano già un’esperienza di notevole spessore criminale, anche desunto dai loro numerosi precedenti specifici in materia di sostanze stupefacenti, registrati negli ultimi anni». I contatti tra pusher e clienti, avveniva avvalendosi dell’utilizzo da parte degli indagati di utenze “citofoniche”, riconducibili anche a gestori telefonici stranieri, dedicate esclusivamente a specifici contatti tra selezionati interlocutori. Nel corso delle indagini è stato documentato l’utilizzo assai frequente di contatti mediante messaggistica istantanea, tramite “app” adoperate sui dispositivi cellulari. Nel corso delle indagini è emerso che gli indagati in una circostanza non si sono fatti scrupoli a forzare, «con lucida spregiudicatezza», un posto di controllo finalizzato a sotto- porre a controllo di Polizia l’autovettura degli indagati di ritorno da un’ennesima trasferta in terra pugliese dove si erano appena approvvigionati di sostanza stupefacente.