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VENERDÌ SANTO LA VIA CRUCIS DI PAPA FRANCESCO CON LE SUE MEDITAZIONI PER LE 14 STAZIONI

È un dialogo con Gesù quello che Papa Francesco sviluppa nelle meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo, un colloquio a tu per tu con Cristo, fatto di riflessioni, interrogativi, introspezioni, confessioni, invocazioni. Una lunga preghiera intima che, in quest’Anno della Preghiera, preludio del Giubileo, lascia parlare il cuore dell’uomo

È GIUSTO INFORMARE

Via Crucis, le meditazioni scritte per la prima volta da Francesco

 

“In preghiera con Gesù sulla via della Croce” il tema delle riflessioni che accompagneranno le quattordici stazioni al Colosseo. La Sala Stampa vaticana: “Un atto di meditazione e spiritualità, con Gesù al centro, nel contesto dell’Anno della preghiera indetto dal Papa. Meno diretto ma più ampio il riferimento all’attualità”. Sulla presenza del Pontefice al Palatino al momento nessun cambiamento rispetto a quanto previsto

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

Dopo vescovi, religiosi, intere famiglie, giovani, studenti, coppie di sposi, missionari, migranti, profughi di guerra, è il Papa stesso quest’anno a redigere le meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo. È la prima volta che accade nel pontificato di Jorge Mario Bergoglio. “In preghiera con Gesù sulla via della Croce” è il tema scelto per le riflessioni che accompagneranno le quattordici stazioni che ricordano il percorso di Gesù verso il Golgota. Un titolo che fa capire il carattere profondamente “meditativo” di questi testi che, come sottolinea la Sala Stampa vaticana, saranno dunque “un atto di meditazione e spiritualità, con Gesù al centro. Lui che fa il cammino della Croce e ci si mette in cammino con Lui. È tutto molto incentrato su quello che Gesù e vive in quel momento ed è chiaro che ci si allarga al tema della sofferenza…”.

Riferimenti più ampi

Sarà quindi meno diretto il riferimento all’attualità, come negli anni passati dove erano stati coinvolti profughi, vittime di tratta o gente di Paesi in guerra, o, lo scorso anno, con testimonianze e dialoghi ripresi dai Paesi feriti visitati dal Papa durante i suoi viaggi apostolici. Anche se “in questa via della croce i collegamenti sono più ampi, essendo una preghiera il riferimento si allarga… La preghiera non va per categoria di persone ma per la situazione”. Certamente la scelta è da legare all’Anno della Preghiera che Papa Francesco ha scelto di indire come preparazione al Giubileo, evento che, come ha sempre detto, ha anzitutto un carattere spirituale.

La presenza del Papa al Palatino

Quanto alla presenza del Papa alla Via Crucis, considerando le condizioni di salute del Pontefice e l’abbassamento delle temperature a Roma, non giunge dalla Sala Stampa vaticana alcuna conferma né smentita: rimane quanto già annunciato in precedenza e cioè che il Papa sarà venerdì sera al Palatino. “Allo stato attuale non ci sono cambiamenti rispetto a quanto già previsto”. I testi delle meditazioni saranno distribuiti il venerdì 29 marzo e lo stesso giorno si avranno maggiori dettagli su chi farà da “crucifero”, portatore della croce, lungo le antiche vie intorno al Colosseo. Certamente “le persone che portano la croce sono collegate alla riflessione nella stazione”.

Gli autori delle meditazioni in questi dieci anni

Nel 2013, per la prima Via Crucis del suo pontificato, Francesco aveva affidato le meditazioni ad un gruppo di giovani libanesi sotto la guida del cardinale Béchara Boutros Raï; nel 2014 era stata la volta di monsignor Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano; nel 2015, monsignor Renato Corti, vescovo emerito di Novara; nel 2016, il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, l’anno dopo eletto presidente della CEI. Nel 2017, il Papa aveva scelto la biblista francese Anne-Marie Pelletier, prima donna a vincere il Premio Ratzinger, come autrice delle quattordici riflessioni.

Invece, nel 2018, le meditazioni erano state frutto di pensieri, interrogativi e osservazioni di alcuni giovani tra i 16 e i 27 anni, coordinati dall’allora “professore” Andrea Monda, attuale direttore deL’Osservatore Romano. Tutti incentrati sul tema della tratta umana i testi del 2019, curati da suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata e presidente dell’Associazione “Slaves no more”. “Con Cristo e con le donne sulla via della croce”, il titolo delle meditazioni. L’anno della pandemia di Covid-19, il 2020, aveva visto invece come protagonisti della Via Crucis nell’inedito scenario di una piazza San Pietro isolata, i detenuti della Casa di reclusione “Due Palazzi” di Padova. Meditazioni ‘di gruppo’ anche quelle dell’anno dopo, 2021, con il gruppo scout Agesci “Foligno I”, in Umbria, e la parrocchia romana Santi Martiri di Ugandacome autori che avevano accompagnato i loro scritti anche con alcuni disegni.

Nel 2022 Papa Francesco aveva voluto che fosse la famiglia, con tutte le sue gioie e le sue fatiche, con le sue diverse sfaccettature e declinazioni, il centro della Via Crucis del Venerdì Santo. Ogni stazione è stata quindi affidata a una diversa tipologia di famiglia: una coppia di sposi e una di anziani senza figli; una famiglia numerosa e una che ha perso una figlia; una famiglia con figlio disabile, consacrato, con un genitore malato o che ha perso una figlia; una famiglia in missione, una adottiva, una famiglia che gestisce una Casa famiglia, due nonni, una vedova, genitori e figli migranti, due famiglie una ucraina e una russa. Infine, nel 2023, quasi come a voler riannodare il filo dei suoi dieci anni di pontificato celebrati qualche giorno prima aveva scelto di intervallare le tappe della Via della Croce del Venerdì Santo con testi tratti da testimonianze, dialoghi, discorsi raccolti durante i numerosi viaggi apostolici nei cinque continenti o in altre occasioni. “Voci di pace in un mondo di guerra”, il titolo; le voci, cioè, di uomini e donne di varie regioni afflitte da violenze, povertà e dall’odio fratricida che ferisce il mondo.

Il Papa: la Via Crucis, strada di compassione tra le condanne e le violenze del mondo

Nelle meditazioni delle 14 stazioni scritte da Francesco per il rito di questa sera al Colosseo, ispirate all’Anno della Preghiera, lo sguardo fisso su Gesù che dà la vita per salvarci, in un mondo in cui “basta una tastiera per insultare e pubblicare sentenze”. Ma “la sofferenza con Dio non ha l’ultima parola”

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

È un dialogo con Gesù quello che Papa Francesco sviluppa nelle meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo, un colloquio a tu per tu con Cristo, fatto di riflessioni, interrogativi, introspezioni, confessioni, invocazioni. Una lunga preghiera intima che, in quest’Anno della Preghiera, preludio del Giubileo, lascia parlare il cuore dell’uomo.

Nelle quattordici stazioni, i patimenti di Gesù nel percorso verso il Golgota, gli incontri lungo la via dolorosa, l’amorevole sguardo di Maria che sotto la Croce diviene Madre di tutti gli uomini, le donne capaci di gesti teneri e coraggiosi nei momenti più drammatici, il Cireneo pronto a offrire il suo aiuto al Nazareno condannato a morte, Giuseppe di Arimatea che offre quel sepolcro dove Dio sconfiggerà la morte, provocano un esame di coscienza che si poi fa preghiera, con una invocazione finale che ripete il nome di Gesù per quattordici volte.

Il Papa introduce la Via Crucis, sottolineando che la preghiera ha caratterizzato ogni giornata di Gesù, con sfumature diverse: come conversazione con Dio, “lotta e richiesta, ‘Allontana da me questo calice’”, “affidamento e dono, ‘Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu’.Di fronte, poi, alla paura della morte e all’“angoscia sotto il peso del nostro peccato” quella preghiera si è fatta più intensa e “la veemenza del dolore” è diventata “offerta d’amore” per l’umanità.

Il silenzio di Gesù

Nella prima stazione a fare riflettere è il silenzio di Gesù di fronte al “falso processo” che lo condanna, un silenzio fecondo che “è preghiera, è mitezza, è perdono, è la via per redimere il male”, per convertire ciò che viene sofferto in un dono offerto, spiega Francesco. Un silenzio che l’uomo di oggi non conosce, perché non trova il tempo per fermarsi e rimanere con Dio e “per lasciare agire” la sua Parola, ma che “scuote”, perché insegna che la preghiera nasce “da un cuore che sa stare in ascolto”. La croce di cui Cristo è caricato (seconda stazione) richiama invece esperienze che tutti vivono: pene, dolori, delusioni, ferite, fallimenti, croci che pure noi portiamo. “Gesù, come si fa a pregare lì?”, domanda il Papa dando voce a una richiesta comune, come fare quando ci si sente schiacciati dalla vita? Cristo ci invita ad accostarci a Lui, se stanchi e oppressi, per darci ristoro, ma noi rimuginiamo, rivanghiamo, sprofondiamo nel vittimismo, e allora Lui “ci vieni incontro”, caricandosi sulle spalle le nostre croci, “per togliercene il peso”. Eppure Gesù cade (terza stazione), ma ha la forza di rialzarsi; la molla che lo spinge ad andare avanti è l’amore, sottolinea Francesco, “perché chi ama non resta a terra, riparte; chi ama non si stanca, corre; chi ama vola”.

Maria, madre di Gesù, dono per l’umanità

Dopo l’Eucaristia, Cristo ci dà “Maria, dono estremo prima di morire”, scrive il Papa meditando la quarta stazione. Gesù nella strada verso il Calvario e la Madre: un incontro che rievoca premure e tenerezze, e che ci spinge a rivolgerci a lei, a Maria – Madre che Dio dona a tutti gli uomini – per poter “custodire la grazia”, “ricordare il perdono e i prodigi di Dio”, “riassaporare le meraviglie della provvidenza” e “piangere di gratitudine”. Il Cireneo che aiuta Gesù a portare la croce (quinta stazione), ci fa invece riflettere sulla presunzione di farcela da soli “davanti alle sfide della vita”. “Com’è difficile chiedere una mano, per paura di dare l’impressione di non essere all’altezza, noi sempre attenti ad apparire bene e a metterci in bella mostra! Non è facile fidarsi, ancor meno affidarsi”. Chi prega, però, “sa di essere bisognoso”, osserva Francesco, e Gesù, che nella preghiera sempre si affida, non disdegna l’aiuto del Cireneo, il cui gesto insegna “che voler bene significa soccorrere gli altri proprio lì, nelle debolezze di cui si vergognano”.

Il coraggio della compassione

Tra la folla che assiste al “barbaro spettacolo” dell’esecuzione del Nazareno c’è anche chi emette “giudizi e condanne”, getta “infamia e disprezzo” su di Lui, senza conoscerlo “e senza conoscere la verità”. “Accade anche oggi, Signore”, riconosce Francesco, “basta una tastiera per insultare e pubblicare sentenze”, ma a Gerusalemme, mentre “tanti urlano e giudicano” Gesù, si fa strada una donna che “non parla: agisce. Non inveisce: s’impietosisce. Va controcorrente: sola, con il coraggio della compassione, rischia per amore, trova il modo di passare tra i soldati solo per darti sul volto il conforto di una carezza”. Un gesto di consolazione, quello della Veronica, (sesta stazione) che passa alla storia e che ci mette di fronte a Cristo, “amore non amato”, che anche oggi, cerca “tra la folla cuori sensibili” alla sua sofferenza e al suo dolore, veri adoratori, in spirito e verità. Ma “la croce pesa, porta il carico della sconfitta, del fallimento, dell’umiliazione”. Poi Gesù cade per la seconda volta (settima stazione) e ci rivediamo in Lui quando schiacciati dalle cose, bersagliati dalla vita, incompresi dagli altri, compressi “nella morsa dell’ansia” e assaliti dalla malinconia, pensiamo di non poterci rialzare, o quando ricadiamo nei nostri sbagli e nei nostri peccati, quando ci scandalizziamo degli altri e poi ci accorgiamo di non essere diversi. Eppure con Gesù, “la speranza non finisce mai e dopo ogni caduta si risale”, perché Dio attende, e perdona, sempre, anche se ricadiamo tante volte. “Ricordami che le cadute possono diventare momenti cruciali del cammino, perché mi portano a capire l’unica cosa che conta: che ho bisogno di te, Gesù”, è la preghiera del Papa, perché la vita ricomincia dal perdono di Dio.

Riconoscere la grandezza delle donne

Gesù incontra le donne di Gerusalemme (ottava stazione) e per Francesco è lo spunto per esortare “a riconoscere la grandezza delle donne, loro che a Pasqua sono state fedeli e vicine” al Cristo, “ma che ancora oggi vengono scartate, subendo oltraggi e violenze”. Il loro pianto ci fa chiedere se sappiamo commuoverci davanti a Gesù, crocifisso per noi, se piangiamo le nostre falsità o di fronte alle tragedie, “alla follia della guerra, a volti di bimbi che non sanno più sorridere, a madri che li vedono denutriti e affamati e non hanno più lacrime da versare”. E contemplando Cristo spogliato delle vesti (nona stazione), l’invito del Papa è a vedere Dio fattosi uomo “nei sofferenti”, “in chi è spogliato di dignità, nei cristi umiliati dalla prepotenza e dall’ingiustizia, da guadagni iniqui fatti sulla pelle degli altri nell’indifferenza generale” e a spogliarsi “di tante esteriorità”. Sulla croce, poi “mentre il dolore fisico è più atroce”, perdonando chi gli “sta mettendo i chiodi nei polsi” (decima stazione), Gesù ci insegna che possiamo “trovare il coraggio di scegliere il perdono, che libera il cuore e rilancia la vita” e ci svela “l’altezza della preghiera d’intercessione, che salva il mondo”.

L’amore non rimane senza risposta

Nel momento più buio ed estremo Gesù grida il suo abbandono (undicesima stazione), di quale insegnamento fare tesoro? “Nelle tempeste della vita: anziché tacere e tenere dentro, gridare” a Dio, suggerisce Francesco, che nella dodicesima stazione si sofferma sul ladrone che affidatosi a Cristo, che a sua volta gli promette il Paradiso, facendo, così “della croce, emblema del supplizio, l’icona dell’amore”, trasformando “le tenebre in luce, la separazione in comunione, il dolore in danza, e persino il sepolcro, ultima stazione della vita, nel punto di partenza della speranza”. Maria che tra le braccia accoglie Gesù morto (tredicesima stazione), al termine della Via Crucis, ci aiuta a dire sì a Dio, lei che “forte nella fede”, crede “che il dolore, attraversato dall’amore, porta frutti di salvezza; che la sofferenza con Dio non ha l’ultima parola”. E infine Giuseppe di Arimatea, prendendo in custodia il corpo di Gesù per dargli una degna sepoltura (quattordicesima stazione) ci dimostra che “ogni dono fatto a Dio riceve una ricompensa più grande”, “che l’amore non rimane senza risposta, ma regala nuovi inizi”, che dando si riceve, “perché la vita si trova quando si perde e si possiede quando si dona”.

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