FRENATE CHI RIESCE A FRENARE LA CULTURA
L’intervento di Antonella Pellettieri
Era il 1994, esattamente trenta anni fa. Veniva inaugurato e restituito ai cittadini il castello di Lagopesole dopo un lunghissimo restauro. Nel 1969 la Famiglia Doria lo aveva donato allo Stato e solo dopo moltissimi anni era cominciato il restauro che consentì ai cittadini di entrare e visitare il maniero con lo stupore di chi non immaginava di vedere tanta bellezza. Dal 1994 io ho frequentato il castello perché una parte di esso era sede del mio istituto del Cnr, organizzando convegni e mostre internazionali e trasferendomi nel 2001 con tutto il mio istituto. Dopo qualche anno fu inaugurata la Badia di Monticchio restaurata alla perfezione e, subito dopo, anche il Castello di Monteserico: si trattava dello stesso progetto del Ministero dei Beni Culturali che prevedeva restauri filologici e qualificati su queste tre emergenze monumentali di particolare pregio storico e artistico-architettonico. Queste tre strutture dovevano essere il grimaldello per lo sviluppo della regione… tre contenitori – come qualcuno li chiamava allora – di una bellezza inusuale: era impensabile allora quello che sarebbe successo! Tutti gli enti locali e coloro che, oggi, chiamiamo stakeholder volevano avere un pezzo di questi monumenti: iniziò una vera corsa verso questi tre emergenze restaurate magistralmente e site in tre luoghi di una bellezza che toglie il fiato. Qualcuno fiutava aria di affari e mai nessuno, da allora, ha pensato di cambiare il triste destino verso il quale si avviavano i tre siti. Lagopesole nato in Età normanna, domus federiciana, residenza estiva di re Carlo I d’Angiò è la porta del Vulture come ci ricorda un documento. Con una grande piazza d’armi su cui si affaccia una cappella con lacerti di interessantissimi affreschi due-trecenteschi nell’abside, ha anche un cortile minore nel quale sorge una torre con una sola finestra d’entrata, ultimo baluardo di difesa. In questo cortile, usato come discarica già in età angioina, una campagna di scavo archeologico in questa storica spazzatura, ha portato alla luce fornaci e altre strutture e moltissimi oggetti utilizzati dalla corte angioina durante i tre mesi estivi che trascorreva fra quei muri. Sacchi di ostriche e ossi di selvaggina dei boschi circostanti il lago e il maniero, giochi da tavolo, servizi di piatti e bicchieri, la scultura di un leone che azzanna un’antilope – frammento di un sarcofago romano del III secolo d.C. – e un antico rosone della cappella sono esposti in uno dei musei del castello. Ve ne è un altro dedicato a Federico II con tecnologie innovative e immersive e un Museo dell’emigrazione. Giusto per capire cosa si intende con la parola turismo in Basilicata: il maniero è chiuso da quattro anni per restauro! La complessa situazione su chi deve occuparsi del castello essendone usufruitori alcuni enti, rende difficile e problematica ogni minima vicenda. Gli abitanti hanno costituito un comitato a causa del danno economico subito per la mancanza di visita- tori e viaggiatori, non voglio usare il termine turismo che, ormai, è parola che indica solo quello di massa rumoroso, disattento e che lascia tracce di una invasione pacifica ma non innocua. I viaggiatori dei castelli sono raffinati e colti, esperti del tempo libero che osservano i famosissimi capitelli del castello e le altre sculture opera di Melchiorre da Montalbano e Mele da Stigliano, un museo architettonico-scultoreo-figurativo che racchiude altri musei. La Domus federiciana di Monteserico nasce in età bizantina ed è teatro di una famosa battaglia in età normanna. Ricostruito con una forma apyramidenturm come altri castelli, tipo quello di Termoli con il quale inizia lo scacchiere difensivo del Regno delle due Sicilie, un grande torrione centrale circondato da una possente muratura che contiene ambienti e terrazzi che si affacciano sulla sterminata vallata dell’Alto Bradano. In lontananza il Vulture e un paesaggio che cambia i suoi colori diventando un mare di grano giallo e verde a secondo le stagioni. Il castello, in territorio di Genzano (nasceva all’estremità di un lembo della motta sulla quale c’era un piccolo paese chiamato Monteserico che aveva quattro chiese e si spopolò durante il grande spopolamento di tutta l’Europa fra il XIV e l’inizio del XVI secolo, tipo lo spopolamento di oggi) non si raggiunge con facilità. Ci sono molte idee e pensatori che vorrebbero fare qualcosa per raggiungere questo luogo dell’incantevole silenzio con maggiore facilità. È un castello al femminile: ebbe una potente feudataria chiamata Sancia nel XIV secolo e la presenza, durante il ventennio fasci- sta, della diva del muto, primo seno scoperto del cinema italiano, Lyda Borellli. Il castello, dopo il restauro fra la fine del secondo millennio e l’inizio del terzo, non è mai stato realmente utilizzato. Come a Lagopesole, anche a Monteserico tutti volevano un posto per fare qualcosa e, come accade dove non esistono programmi chiari di valorizzazione del territorio, l’unica cosa che si è riusciti a movimentare è la probabile costruzione di un parco eolico per il vento che non farà ondeggiare solo le spighe del grano ma anche centinaia di pale che mortificheranno l’incantevole paesaggio culturale. Infine, la Badia di Monticchio restaurata anch’essa nello stesso periodo dei due manieri. La voleva Zichichi per far nascere un importante centro culturale come quello famosissimo di Erice dedicato a Ettore Majorana ma, anche in questo caso, tutti volevano la badia per fare qualcosa e immaginare affari favolosi. Nata con l’Ordine di San Benedetto vicino alla famosa grotta dell’Arcangelo Michele, ancora oggi meta di pellegrini e visitatori. Nasce nel cratere del Vulture sul lago piccolo dei laghi di Monticchio, il famoso numero 8 lucano fatto di acqua lacustre. Da sempre meta di visitatori e viaggiatori Monticchio è uno strano luogo di degrado e bellezza smisurata. La Badia ha un bellissimo Museo di Storia Naturale del Vulture scrigno della falena Bramea. Inoltre, sono stati depositati ed esposti i ritrovamenti dello scavo archeogico del vicino monastero di Sant’Ippolito, sito sull’istmo fra i due laghi e anche questo luogo è di grande bellezza. La Badia vive e viene tenuta aperta anche se manca il personale e la Provincia cerca di fare il possibile per accontentare i visitatori: la domenica è quasi sempre chiusa. Come si può ben intuire in tutti e tre i casi manca la progettualità e la forte volontà di risolvere i problemi tutti di natura gestionale e locale. Alle donne e agli uomini che si sono candidati dichiarando di voler salvare la Basilicata dalla precedente classe politica, così dicono tutti, chiedo di fare qualcosa per questi tre luoghi: mi pare di non aver ascoltato molte parole sul Patrimonio Culturale e la Cultura nei dibattiti politici durante la campagna elettorale, la Cultura si evita, è pericolosa! Giustino Fortunato scrisse nel 1902 che il castello di Lagopesole era in piedi per volere di Dio e non degli uomini… non è cambiato nulla da allora! Mettete da parte gli interessi personali – ristoranti dentro i castelli, musei improbabili e inutili, dedicazione di sale a personaggi che non sono del luogo e non hanno scritto su quel luogo -, fate qualcosa di normale. Frenate chi frena la vita in questi luoghi, chi li considera di personale proprietà e fateli gestire da un solo ente e da persone capaci. Spesso luoghi di questo genere camminano sulle spalle di una sola persona capace che sa cosa fare anche contro il menefreghismo ed o l’autoreferenzialità degli abitanti e politici del luogo, menefreghismo ed o l’autoreferenzialità sono i due mali peggiori di queste emergenze monumentali. Agire su queste tre strutture dipende solo dalla buona volontà, intelligenza e capacità della classe politica e dalla qualità della classe dirigente, il restauro finito aspetta una destinazione d’uso da trent’anni… Non è difficile, ce la potete fare, basta un pizzico di amore vero verso questa terra così bella e sfortunata… per colpa di tutti quelli che l’hanno governata finora!
Di Antonella Pellettieri