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SCHEDE COME BIGLIETTI D’AMORE

L’intervento di Antonella Pellettieri

Diciamo la verità… gli accadimenti locali e nazionali, prima della campagna elettorale, hanno creato disagio, delusione, incredulità per alcuni episodi! Chi era già confuso ha pensato ed esclamato “non voto, devo andare a dare una preferenza a chi mi ha deluso e tradito, a chi utilizza la politica come un posto di lavoro” e se mai quella persona è disoccupata e ha tanti problemi quotidiani. Se mai al Pronto Soccorso non si sente più sicuro come una volta, il medico curante latita, percepisce sul- la propria pelle l’aumento dei prezzi nel carrello della spesa, a stento riesce a organizzare qualche giorno di vacanza per i piccoli figli. Ma non desiderano votare anche i vecchi tifosi dei partiti tradizionali, non si sentono più rappresentati e tutti sono stanchissimi di inutili parole che si leggono sui giornali o sui social e si ascoltano in tv. Bugie su bugie o accuse su accuse fra di loro che dimostrano che l’elettore deluso ha ragione: le colpe della cattiva gestione della pubblica amministrazione ci sono a destra, a sinistra e al centro molto spesso anche a causa della pessima classe dirigente che gestisce gli enti pubblici locali e che, nella maggior parte dei casi, sceglie e decide al posto dei politici. Su questo aspetto stiamo tornando a quello che succedeva nelle Province e nei Comuni nel secondo dopo- guerra. A comandare erano i dirigenti che non erano pronti ai nuovi politici dei partiti degli anni ’50 e ’60. Alcuni anni fa un politico potentino mi raccontò come era la situazione al Comune di Potenza negli anni ’60: i dirigenti mal sopportavano i giovani politici considerandoli inesperti e non capivano il ruolo degli assessori. Successe che fra un giovane assessore e un vecchio dirigente ci fu una discussione e il dirigente perse i sensi perché si sentiva oltraggiato nel suo ruolo e sminuito nel potere. Oggi siamo in una situazione al contrario, i politici sono impreparati e privi di autorevolezza e così tutto viene relegato nelle mani dei dirigenti: alcuni dirigenti arrivano negli Enti al seguito del presidente come succedeva con la nuova classe aristocratica quando si insediava un nuovo re a Napoli. Ma questi dirigenti, spesso, non sono all’altezza del ruolo oppure tradiscono chi li ha portati verso quel ruolo e approfittano della loro posizione per costruire un piccolo potere: in- somma per semplificare una specie di Congiura dei Baroni. E così gli elettori sanno molto bene che votando un nuovo presidente votano anche il suo staff che, però, nessuno sa da chi sarà formato. Sempre per semplificare con frasi e paragoni ad effetto per essere quanto più chiara possibile, non votare è una nuova forma di democrazia. I cittadini non comprendono più le ragioni del voto, non sanno o non ricordano cosa accadeva nel passato, le lotte che i nostri antenati hanno sostenuto per il suffragio universale. Io non so se in un futuro vicino ci saranno altre modalità per eleggere i nostri rappresentanti e tutti si sentiranno coinvolti e torneranno al voto, spero fortemente che nessuna forma di tirannia prenderà il potere e ognuno potrà esprimere il proprio pensiero e fare le proprie scelte. Io stessa, più volte, ho scritto di non recarsi alle urne se fra i candidati a presidente non ci fosse almeno una donna. Ho sbagliato a scrivere queste parole: noi donne dobbiamo votare le donne in lista, sostenerle con forza, aiutarle ad emergere. Il giorno di Pasqua Sky e Netflix hanno mandato in onda il film di Paola Cortellesi “C’è ancora domani”, film di grandissimo successo al botteghino e che si occupa della condizione della donna in maniera non usuale. Tutto il film si snoda intorno a una lettera che riceve la protagonista e, solo alla fine tipo un thriller, si scopre cosa sia questa lettera. Non voglio spoilerare la trama e il finale ma invitare a vedere il film se mai dopo aver letto queste parole “Lunghissima attesa davanti ai seggi. Sembra di essere tornati alle code per l’acqua, dei generi razionati. Abbiamo tutte nel petto un vuoto da giorni d’esame, ripassiamo mentalmente la lezione: quel simbolo, quel segno, una crocetta accanto a quel nome. Stringiamo le schede come biglietti d’amore…”. Queste parole sono stare scritte dalla giornalista Anna Garofalo per descrivere cosa provarono 13 milioni di donne che si recarono al voto per la prima volta. Era il 2 giugno 1946 e si votava per il referendum Monarchia o Repubblica e per scegliere i loro rappresentanti all’Assemblea costituente. Furono elette 21 madri costituenti nell’Assemblea e sulla Costituzione. L’Italia usciva dalla ditta- tura fascista che, tra l’altro, aveva tolto di mezzo i movimenti femministi e di emancipazione di fine XIX e inizio XX secolo. Quella lettera che Delia, la protagonista del film, stringe fra le mani come una lettera d’amore dall’inizio alla fine della pellicola e nessuno spettatore capisce cosa sia, è il certificato elettorale che regalava la speranza di un mondo migliore anche a donne in difficoltà come Delia. Andiamo a votare e votiamo le donne e, se proprio non gradiamo alcun candidato, lasciamo la scheda in bianco! Facciamo ancora sognare Delia!

Di Antonella Pellettieri

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