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PAPA FRANCESCO IN VISITA UFFICIALE A VENEZIA

“La permanenza in una casa di reclusione può segnare l’inizio di qualcosa di nuovo”

È GIUSTO INFORMARE
Un gondoliere sul Canal Grande, sullo sfondo Piazza San Marco e il ponte che il Papa attraverserà con i giovani del Triveneto

Tra ponti, calli e canali: il Papa a Venezia per l’incontro con detenute, giovani e fedeli

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TRA LE STRADE DI VENEZIA
Ultimi preparativi per l’arrivo, domenica 28 aprile, di Francesco nella città lagunare che ha donato tre Papi alla Chiesa e ne ha accolti altrettanti tra le sue strade galleggianti. Cinque ore durante le quali il Pontefice visiterà il carcere femminile della Giudecca, che ospita il Padiglione della Santa Sede, incontrerà i giovani a “La Salute” con i quali attraverserà il ponte fino a San Marco e celebrerà la Messa nella piazza di fronte la maestosa Basilica del patrono

Salvatore Cernuzio – Inviato a Venezia

Tra le calli di Venezia affollatissime di turisti – quelli che “qui non mancheranno mai”, come dicono i residenti senza celare un pizzico di insofferenza – il cui flusso neppure l’attivazione del ticket d’accesso di due giorni fa è riuscito a scoraggiare (secondo il Comune, hanno superato la soglia di 23 mila unità paganti in quarantott’ore), ogni tanto si scorge il volto sorridente di Papa Francesco. In mezzo a gondole e vaporetti, negozi con le maschere di Carnevale di Pantalone, Rosaura e Colombina, e i palazzi dall’architettura decorativa che confermano la definizione della città lagunare come “museo a cielo aperto”, spuntano volantini e cartelli con l’immagine del Pontefice per annunciarne la visita di domani, domenica 28 aprile, accompagnata dal programma e dal motto scelto “Rimanere nell’amore di Cristo”

La Messa di fronte alla “Chiesa d’oro”


Parole, ispirate alla pagina evangelica del tralcio e della vite, che campeggiano pure su una gigantografia posta alla sinistra del palco fino a ieri ancora in allestimento nel lato opposto di Piazza San Marco, esattamente di fronte alla Basilica del santo, la maestosa “Chiesa d’oro”, accanto al Palazzo Ducale, tra i simboli più conosciuti di Venezia e dello stesso Veneto nel mondo. In questo quadrante architettonico di irraggiungibile bellezza, già luogo di concerti grazie all’acustica naturale, l’odore salmastro dei canali punzecchia le narici mentre all’orecchio giunge il suono dell’orchestra che allieta colazioni e aperitivi dei clienti dei “Gran Caffè”, frequentati in passato da personaggi come Casanova, Mozart, Goethe, Byron. Qui Papa Francesco celebrerà la Messa alle 11, seguita dalla recita del Regina Coeli: sarà l’appuntamento culminante della visita del Papa, quarto Pontefice nella “Serenissima” dopo Paolo VI (1972), Giovanni Paolo II (1985), Benedetto XVI (2011); primo, invece, a recarsi a Venezia per visitare la Biennale d’Arte.

Il volantino della visita del Papa a Venezia

Detenute e artisti

E a partire dalla Biennale si snoderà la domenica del Papa a Venezia, o meglio, a partire dal Padiglione della Santa Sede dal titolo “Con i miei occhi”, allestito secondo una scelta tanto inedita quanto suggestiva nel carcere della Giudecca, uno dei quattro istituti femminili d’Italia, nell’omonima isola. Proprio nel Piazzale interno della Casa di Reclusione, atterrerà alle 8 l’elicottero del Papa, accolto dal patriarca Francesco Moraglia, insieme alle autorità dell’istituto, un ex monastero fino al XII secolo, divenuto poi luogo di accoglienza gestito dalle suore e di rifugio per prostitute “convertitesi a Dio dalla bassezza dei vizi”, come recita la targa in latino sulla facciata. Un’opera talmente riconosciuta da dare il nome alla calle sulla quale si affaccia il pesante cancello verde dell’ingresso: Calle delle Convertite. L’esterno è, al momento, dominato dal murale di Maurizio Cattelan, dal titolo Father (Padre), che raffigura la pianta sporca e martoriata di due enormi piedi in gradazioni di grigio. All’interno fervono intanto i preparativi per l’incontro di Papa Francesco in cortile con il personale amministrativo, gli agenti della Polizia Penitenziaria, i volontari e 80 recluse che scontano una lunga pena, che hanno collaborato alla realizzazione di alcune opere e, due alla volta, hanno accompagnato in questi giorni dall’inaugurazione i visitatori del Padiglione. Più che un incontro sarà un abbraccio da parte del Vescovo di Roma a donne – giovani, anziane, madri, nonne, che imparano negli anni della reclusione anche a cucire e rammendare – per ribadire loro la speranza di sentirsi perdonate da Dio e andare avanti verso la ripresa, la rinascita, la ripartita. Terminato l’incontro, il Papa raggiungerà la chiesa della Maddalena, la “cappella” sempre nel complesso del carcere, per incontrare – insieme al cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, nonché curatore del Padiglione della Santa Sede – gli artisti che partecipano alla Biennale d’Arte di Venezia.

Uno scorcio di Venezia

In motovedetta per andare a incontrare i giovani

Il primo e unico spostamento via acqua (tanti veneziani speravano di vedere il Papa in gondola) avverrà per l’appuntamento successivo: in motovedetta Jorge Mario Bergoglio raggiungerà Santa Maria della Salute, mentre le tradizionali imbarcazioni a remi concentrate sullo specchio d’acqua antistante ai “Magazzini del Sale” sul Canale della Giudecca faranno un “alzaremi”, il saluto riservato alle più alte autorità, al passaggio del corteo.

A Santa Maria della Salute, quella che i veneziani chiamano più semplicemente “La Salute”, basilica barocca nata come ex voto alla Madonna patrona della città per la liberazione della peste nel ‘600, il Papa incontrerà 1.600 giovani di tutto il Triveneto.

Un gondoliere sul Canal Grande, sullo sfondo Piazza San Marco e il ponte che il Papa attraverserà con i giovani del Triveneto

L’appuntamento avverrà all’esterno, nella zona di Punta della Dogana, da dove la basilica – la cui facciata è in restauro – risalta nel panorama del Bacino di San Marco e del Canal Grande.
In queste ore si sta ultimando l’allestimento dello spazio per l’incontro: un palco posto esattamente di fronte agli imbarcaderi dei vaporetti che fluttuano lungo il canale insieme alle tradizionali gondole con a bordo i turisti.

La Basilica di Santa Maria della Salute dove il Papa incontrerà 1.600 giovani del Triveneto

La passeggiata sul ponte con ragazzi e ragazze

L’appuntamento con i giovani restituirà quella che probabilmente sarà una delle immagini più rappresentative dell’intera visita del Papa argentino a Venezia: Francesco in papamobile che, accompagnato da ragazzi e ragazze, si trasferisce a San Marco attraversando un lungo ponte galleggiante – lo stesso usato per la Venice Marathon – fino alla zona dei Giardinetti del doge. Una tradizione tutta veneziana quella di costruire ponti in occasione delle feste, come quella del Redentore, o di altre importanti ricorrenze. Un gesto in questo caso simbolico di accompagnamento del Papa alla gioventù verso le strade della vita, con l’esortazione sempre ad “andare” e mai rimanere “seduti” e tantomeno “caduti”.

In preghiera sulle reliquie di San Marco

Arrivato sul molo dove svetta la colonna con il leone alato, il Papa si recherà quindi a San Marco per la Messa, alla quale parteciperanno circa 9 mila fedeli. Una volta terminata la celebrazione, seguirà la visita privata di Francesco in Basilica per venerare le reliquie di San Marco, ovvero il corpo trafugato da Alessandria d’Egitto nell’anno 828, del quale si persero le tracce per secoli fino alla ricomparsa, miracolosa secondo la leggenda marciana, il 25 aprile 1094 durante la consacrazione della basilica a lui dedicata, costruita come sepolcro proprio per custodirne le spoglie. Dunque un momento conclusivo intimo e di preghiera, incastonato in mezzo a tanti appuntamenti pubblici nella città più scenografica d’Italia che ha accolto e anche donato Papi alla Chiesa universale: due santi, Pio X e Giovanni XXIII, e un beato, Giovanni Paolo I. Anche il loro volto si scorge tra calli, botteghe e parrocchie, come a vegliare sulla Laguna.

L’allestimento del palco per la Messa del Papa

Il Papa nella Giudecca 

Il Papa nella Giudecca: tanta sofferenza in carcere, mai isolare la dignità

Nell’istituto femminile che ospita il Padiglione della Santa Sede per la Biennale prende il via la visita a Venezia. L’elicottero del Pontefice atterrato nel cortile. Dopo il saluto ad autorità e operatori della struttura, il Papa ‘abbraccia’ le recluse: “Avete un posto speciale nel mio cuore”. La denuncia di sovraffollamento, violenza, sofferenze ma anche un messaggio di speranza:

“La permanenza in una casa di reclusione può segnare l’inizio di qualcosa di nuovo”

Salvatore Cernuzio – Inviato a Venezia

Giulia, coi capelli rossi, tre piercing a naso, bocca e sopracciglio, lo sguardo penetrante quanto i versi che ama scrivere nella sua cella. Fanta, di origine africana, lunghe treccine ad ornare un volto quasi infantile che mai si direbbe sia quella di una mamma di un 16enne. Antonella, la più anziana, capelli a caschetto, nonna di due nipotini. Sono tre delle 80 detenute della Giudecca condannate in via definitiva che danno il benvenuto oggi, 28 aprile, a Francesco nel carcere femminile, prima tappa della visita del Papa a Venezia. Hanno accompagnato nei giorni scorsi i visitatori tra le mura fatiscenti e i corridoi in mattone del penitenziario, il quarto istituto femminile in Italia, divenuto dallo scorso 19 aprile, su ispirazione del Pontefice, sede del Padiglione della Santa Sede per la 60.ma edizione della Biennale d’Arte. Le tre “donne”, come preferiscono chiamarsi le detenute qui alla Giudecca, hanno condotto i piccoli gruppi tra i quadri della suora pop artist Corita Kent inneggianti ai diritti umani, tra le placche di lava smaltata recanti disegni e parti di poesie composte dalle stesse recluse della pittrice siriana Simone Fattal, sotto l’installazione di sculture in tessuto sospese tra i balconcini teatrali e i confessionali della Cappella della Maddalena – dove il Papa incontra subito dopo gli artisti – realizzata dalla visual artist brasiliana Sonia Gomes in onore a tutte le donne (tutte, dalle prostitute alle casalinghe) per dire che ognuna è unica e speciale.

La gratitudine al Papa delle detenute

Questa mattina, poco prima delle 8, quando la Laguna è ancora avvolta da un cielo grigio che sembra creare un tutt’uno con l’acqua, Giulia, Fanta e Antonella insieme alle loro compagne accolgono il visitatore più importante, Papa Francesco, a cui da giorni desiderano esprimergli la gratitudine per l’intuizione di installare “in questo inferno mascherato di giustizia”, come recita uno dei versi più ferenti di Giulia, il Padiglione vaticano rendendole così “protagoniste” e permettendogli di respirare “un’aria nuova”.

Da queste donne, segnate dalla vita e dai suoi incidenti di percorso, che tra i muri di quello che nei secoli scorsi era il Convento delle Convertite imparano a stirare, cucire, coltivare l’orto e produrre cibi biologici utili pure a prodotti cosmetici, il Papa ha voluto avviare il percorso in terra veneziana che comprende più tardi l’incontro con gli artisti della Biennale, i giovani e i fedeli per la Messa in Piazza San Marco.

Non una visita ufficiale, ma “un incontro”

Per il Papa non è una “visita ufficiale” quella nella Giudecca, bensì “un incontro” in cui “ci doniamo a vicenda tempo, preghiera, vicinanza e affetto fraterno”

Oggi tutti usciremo più ricchi da questo cortile – forse chi uscirà più ricco sarò io – e il bene che ci scambieremo sarà prezioso

Lo dice Francesco stesso nel suo saluto – continuamente interrotto dagli applausi delle donne e dai loro “grazie” – pronunciato nel giardino interno al carcere, una zona di verde con panchine, altalene, scivoli e altri giochi per bambini. L’elicottero del Papa era atterrato invece nel cortile dove campeggia l’opera di Claire Fontaine, la scritta “Siamo con voi nella notte”, che di sera illumina questo spazio spoglio in cui le donne possono uscire un’ora e mezza la mattina e due ore il pomeriggio (“Ci fa uscire dal buio”, spiegano). Finestre sbarrate con appesi stendini, scarpe e indumenti, un pozzo abbellito per l’occasione e a un albero con due uova da cui nasceranno due cuccioli di gabbiano (“La mamma, un’artista anche lei”, scherza Antonella), è stato lo scenario che ha accolto il Vescovo di Roma. In questo enorme spazio, Papa Francesco è stato accolto dal patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, dal presidente del Veneto, Luca Zaia, e dalle autorità del penitenziario. Subito però si è voluto dirigere da loro, le detenute, 42 italiane, 36 straniere di 14 nazionalità differenti. E a loro ha portato un messaggio: “Avete un posto speciale nel mio cuore”. Insieme a questo, parole di speranza che, anche se dietro le sbarre, qualcosa di nuovo può rinascere, ricominciare, riandare avanti.  

Il carcere può anche diventare un luogo di rinascita, morale e materiale, in cui la dignità di donne e uomini non è ‘messa in isolamento’, ma promossa attraverso il rispetto reciproco e la cura di talenti e capacità, magari rimaste sopite o imprigionate dalle vicende della vita, ma che possono riemergere per il bene di tutti e che meritano attenzione e fiducia

Tanta sofferenza

La delicatezza delle parole di Francesco fa da contraltare alla “realtà dura” che si vive alla Giudecca, così come in tante carceri d’Italia: sovraffollamento, carenza di strutture e di risorse, episodi di violenza. Tanti elementi, tanti fattori, “tanta sofferenza”. Eppure, consola il Papa, “è il Signore che ci vuole insieme in questo momento, arrivati per vie diverse, alcune molto dolorose, anche a causa di errori di cui, in vari modi, ogni persona porta ferite e cicatrici”.

Dio ci vuole insieme perché sa che ognuno di noi, qui, oggi, ha qualcosa di unico da dare e da ricevere, e che tutti ne abbiamo bisogno

La riscoperta della bellezza

Le detenute ascoltano commosse quello che il Papa stesso definisce un paradosso: “La permanenza in una casa di reclusione può segnare l’inizio di qualcosa di nuovo, attraverso la riscoperta di bellezze insospettate in noi e negli altri”. L’evento artistico della Biennale che la Giudecca ospita e al cui progetto le recluse hanno contribuito “attivamente”, ne è la dimostrazione. Il carcere può diventare allora “un cantiere di ricostruzione”, insiste il Papa, in cui “guardare e valutare con coraggio la propria vita, rimuoverne ciò che non serve, che è di ingombro, dannoso o pericoloso, elaborare un progetto”

E poi ripartire scavando fondamenta e tornando, alla luce delle esperienze fatte, a mettere mattone su mattone, insieme, con determinazione

Nuove possibilità

Per questo, scandisce ancora Francesco, è fondamentale che “anche il sistema carcerario offra ai detenuti e alle detenute strumenti e spazi di crescita umana, spirituale, culturale e professionale, creando le premesse per un loro sano reinserimento”.

Non “isolare la dignità”, ma dare nuove possibilità!

“Perdonati che portano perdono”

Sulla stessa scia, guardando alle donne lì davanti ai suoi occhi, Jorge Mario Bergoglio ribadisce le parole che sempre ha rivolto nelle sue quattordici visite in questi undici anni a chi vive in condizioni di restrizione, in Italia, all’estero o nelle Messe in Coena Domini del Giovedì Santo: cioè quello di essere tutti peccatori, ma al contempo tutti perdonati da Dio. “Non dimentichiamo che tutti abbiamo errori di cui farci perdonare e ferite da curare, e che tutti possiamo diventare guariti che portano guarigione, perdonati che portano perdono, rinati che portano rinascita”.

Le parole con cui iniziare la giornata

Francesco si congeda dal penitenziario. Fuori lo attende una motovedetta che lo trasporterà nella Basilica di Santa Maria della Salute per l’incontro con 1.600 giovani del Triveneto. Prima però lascia alle donne della Giudecca un suggerimento pratico, delle frasi con cui iniziare ogni giornata:

“Oggi è il momento adatto”, “oggi è il giorno giusto”, “oggi ricomincio”, sempre, per tutta la vita!

Il dono

Tra battute (“Ora mi cacciano via”), applausi e ringraziamenti continui, il Papa ha consegnato al penitenziario una icona della Madonna: “È la tenberezza della mamma e questa tenerezza Maria ce l’ha con tutti noi”

Il patriarca Moraglia: il Papa a Venezia nel segno della misericordia

Alla vigilia della visita di Francesco nella città lagunare, monsignor Francesco Moraglia si sofferma sulla prima tappa del Papa: il carcere della Giudecca, luogo di espiazione e rinascita ma anche luogo d’arte perché ospita il padiglione della Santa Sede nell’ambito della Biennale
TRA LE STRADE DI VENEZIA

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

La Laguna è pronta ad accogliere Papa Francesco, domani, 28 aprile, in visita per un giorno con il motto “Rimanere uniti nell’amore di Cristo”. Venezia lo fa mostrandosi nella sua naturale bellezza. Il Papa decollerà alle 6.30 dall’eliporto del Vaticano per atterrare intorno alle 8 nel Piazzale della casa di reclusione Giudecca che ospita circa 80 detenute condannate in via definitiva. Nel Cortile interno, l’incontro e l’abbraccio con le ospiti. Un primo appuntamento nello stile di Francesco, accanto a donne in sofferenza e che per il patriarca di Venezia, monsignor Francesco Moraglia,rappresenta “un segnale importante”, come sottolinea a Vatican News.

Cosa significa la presenza di Papa Francesco per la sua diocesi e come leggere la scelta del carcere della Giudecca come primo luogo della sua visita?

Il fatto di avere il Papa in questo luogo e soprattutto partire da qui per l’inizio della visita a tutta la chiesa di Venezia ma anche non avere solo un momento con l’arte ma un momento con le ospiti della casa di reclusione di Santa Maria della Giudecca, evidentemente è un qualcosa che diventa un segnale importante, che apre una pista per la città e per le persone magari più refrattarie nel guardare questo luogo di espiazione e di dolore, ma che dobbiamo impegnarci a fare in modo che sia sempre più un luogo di redenzione, di crescita umana, spirituale delle ospiti che sono qui presenti. Essendo casa di reclusione e non circondariale, le ospiti hanno delle permanenze lunghe e tutto diventa per un certo verso più semplice perché c’è una certa conoscenza ma anche più difficile perché stare in un perimetro ristretto a lungo può diventare problematico. Io ringrazio l’intuizione del Santo Padre, la scelta del Santo Padre, credo che d’ora in poi questo carcere rimarrà sempre, non solo per chi ha fatto questa esperienza di questa visita del Papa, ma anche tra le carceri una luce, un modo di intendere nella giustizia anche la misericordia e anche il voler scommettere su persone che certamente hanno sbagliato.

La Giudecca non è solo una casa di reclusione ma, dall’inizio della 60.ma edizione della Biennale di Venezia dedicata al tema dello straniero, anche un luogo che ospita opere d’arte, nate dall’incontro tra le detenute e gli artisti, da uno sguardo nuovo…

Intanto c’è una grande presenza di ospiti non italiane nelle carceri, anche in questo carcere ci sono molto stranieri in questo luogo di espiazione e di sofferenza. Nello stesso tempo lo sguardo è il biglietto da visita con cui ci presentiamo, in genere agli altri ma in modo particolare a chi ci è straniero perché non lo abbiamo ancora incontrato e lo incontriamo per la prima volta, aver messo a fuoco il tema dello sguardo – perché il Vangelo dice che gli occhi sono lo specchio dell’anima – credo sia una chiave vincente che può aiutare veramente a crescere in un contesto molto difficile per l’armonia tra i popoli e le persone, penso alla guerra in modo particolare. Quindi abbiamo l’arte, la giustizia e la misericordia tenuti insieme dallo sguardo.

C’è un’opera particolare che l’ha colpita nel padiglione della Santa Sede dal titolo: “Con i miei occhi”?

Sì, l’opera all’ingresso (realizzata dall’artista brasiliana Sonia Gomes, ndr) I vestiti, gli indumenti indossati dalle donne che scendono dall’alto raggiungono la terra ma rimangono sospesi. Mi sembra una bella immagine dell’uomo e della donna che è custode dell’umanità. Questi abiti indossati che portano i segni della fatica del quotidiano e che sono sospesi tra cielo e terra rimangono un’immagine bellissima dell’uomo. 

Il Papa ai giovani: siate creatori di novità, non professionisti del digitare compulsivo

Nel suggestivo piazzale antistante la Basilica della Salute affacciato sulla laguna veneta, incontrando il mondo giovanile, Francesco esorta le nuove generazioni ad andare controcorrente, a fidarsi di Dio “che sempre risolleva e perdona”. E mentre “oggi si vive di emozioni veloci, di sensazioni momentanee”, il Pontefice invita i ragazzi di oggi a non isolarsi. “Esci, cammina con gli altri, cerca chi è solo, colora il mondo con la tua creatività, dipingi di Vangelo le strade della vita”

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Usa parole semplici ma efficaci, Francesco, rivolgendosi ai giovani delle 15 diocesi del Triveneto. Li incoraggia a mettersi in gioco, ad andare controcorrente, a dare meno spazio ai social, a spegnere la tv e aprire il Vangelo, lasciare il cellulare e incontrare le persone, “alzati e vai” ripete loro più volte, tanto da farne un motto che riecheggia nelle voci dei 1.500 ragazzi che lo ascoltano. Nel piazzale antistante la Basilica della Salute, lambito dalle acque del Canal Grande, il Papa giunge, dopo aver lasciato l’isola della Giudecca a bordo di un motoscafo, accolto dall’inno della Gmg del 2000 “Emmanuel” e a bordo di una miniauto elettrica passa lungo i viali creati dalle aree transennate riservate a quanti partecipano all’incontro. Nello spettacolare scenario della laguna di Venezia, “città della bellezza”, Francesco esorta a riscoprire un’altra bellezza: l’essere “figli di Dio amati”. E a rallegrarsi, “nel nome di Gesù, Dio giovane che ama i giovani e che sempre sorprende” – e per questo occorre stare preparati “alle sorprese di Dio” -, di essere tali e “chiamati a realizzare il sogno del Signore: testimoniare e vivere la sua gioia”. Un dono di cui spesso non si ha consapevolezza.

Viviamo immersi in prodotti fatti dall’uomo, che ci fanno perdere lo stupore per la bellezza che ci circonda, eppure il creato ci invita a essere a nostra volta creatori di bellezza, per favore, non dimenticate questo: essere creatori di bellezza. Fare qualcosa che prima non c’era.

Il Pontefice rimarca che la vita va donata e sollecita ad uscire “dal mondo ipnotico dei social che anestetizza l’anima“.

Ragazzi, non siate professionisti del digitare compulsivo, ma creatori di novità!

Imitare lo stile di Dio fatto di gratuità e creatività

Basta “imitare lo stile di Dio”, è il suggerimento del Papa, “creare”, fare una preghiera col cuore, realizzare un sogno o compiere “un gesto d’amore per qualcuno che non può ricambiare”. In pratica “è lo stile della gratuità, che fa uscire dalla logica nichilista del ‘faccio per avere’ e ‘lavoro per guadagnare’. E allora bisogna essere “creativi con gratuità”, insiste il Pontefice, dar “vita a una sinfonia di gratuità in un mondo che cerca l’utile”, perché in questo modo si può essere “rivoluzionari”.

Andate, donatevi senza paura! Giovane che vuoi prendere in mano la tua vita, alzati! Apri il cuore a Dio, ringrazialo, abbraccia la bellezza che sei; innamorati della tua vita. E poi vai! Alzati e vai

Bisogna uscire, prosegue Francesco, camminare con gli altri, cercare chi è solo, colorare il mondo con la propria creatività.

Dipingi di Vangelo le strade della vita. Per favore, dipingi di Vangelo le strade della vita. Alzati e vai. Gesù ti rivolge quest’invito. Lui, a tante persone che aiutava e guariva, diceva: “Alzati e vai”. Ascolta questa chiamata, ripetila dentro di te, custodiscila nel cuore. Alzati e vai!

Alzarsi e andare come Maria

Ma come ripartire dopo “un bel momento di incontro”, una volta tornati a casa “e poi domani e nei giorni a venire?

Vi suggerisco due verbi, pratici perché materni: due verbi di movimento che animavano il cuore giovane di Maria, Madre di Dio e nostra. Lei, per diffondere la gioia del Signore e aiutare chi era nel bisogno, “si alzò e andò”. Alzarsi e andare.

La prima cosa da fare al mattino

Occorre, anzitutto, “alzarsi da terra, perché siamo fatti per il Cielo”, spiega il Papa, che incoraggia anche ad “alzarsi dalle tristezze per levare lo sguardo in alto”, a “stare in piedi di fronte alla vita, non seduti sul divano”, a “dire ‘eccomi!’ al Signore, che crede in noi”, ad “accogliere il dono che siamo, per riconoscere, prima di ogni altra cosa, che siamo preziosi e insostituibili”. Dunque, nella vita quotidiana, la prima cosa da fare, al mattino, appena svegli, è accogliersi “in dono”, è la ricetta di Francesco, ringraziare Dio per la vita, e poi pregare il Padre Nostro e riconoscersi figli amati, ricordarsi che per Dio non siamo “un profilo digitale”, ma figli, e siamo figli del cielo perché abbiamo un Padre nei cieli.

Eppure spesso ci si trova a lottare contro una forza di gravità negativa che butta giù, un’inerzia opprimente che vuole farci vedere tutto grigio. Alle volte ci succede questo. Come fare? Per alzarci – non dimentichiamolo – anzitutto bisogna lasciarci rialzare: farci prendere per mano dal Signore, che non delude mai chi confida in Lui, che sempre risolleva e perdona.

Dio ci vede come figli da rialzare, non malfattori da punire

E se ci si sente fragili, deboli e si cade spesso, il rimedio è non guardarsi con i propri occhi, dice il Papa, ma pensare “allo sguardo di Dio” che quando cadiamo ci è vicino e ci prende per mano e “con le nostyre fragilità fa meraviglie”. 

Dio sa che, oltre a essere belli, siamo fragili, e le due cose vanno insieme: un po’ come Venezia, che è splendida e delicata al tempo stesso. Dio non si lega al dito i nostri errori – hai fatto così, hai fatto così – ma ci tende la mano. È Padre e, quando siamo a terra, vede figli da rialzare, non malfattori da punire. Per favore Fidiamoci di Lui!

Il segreto della costanza

A noi tocca “restare in piedi” e “rimanere quando viene voglia di sedersi, di lasciarsi andare, di lasciar perdere”, cosa non facile riconosce Francesco, ma “il segreto” è questo: “la costanza”. Mentre “oggi si vive di emozioni veloci, di sensazioni momentanee, di istinti che durano istanti”, che non consentono di andare lontano, “i campioni dello sport, come pure gli artisti, gli scienziati, mostrano che i grandi traguardi non si raggiungono in un attimo, non si raggiungono tutto e subito”, e lo stesso vale per ciò che più conta nella vita: l’amore. E anche la fede.

Qui il rischio è lasciare tutto all’improvvisazione: prego se mi va, vado a Messa quando ho voglia, faccio del bene se me la sento… Questo non dà risultati: occorre perseverare, giorno dopo giorno. E farlo insieme. Perchè insieme ci si aiuta, sempre andare avanti. Insieme: il “fai da te” nelle grandi cose non funziona. Per questo vi dico: non isolatevi, non isolatevi, cercate gli altri, fate esperienza di Dio assieme, seguite cammini di gruppo senza stancarvi.

Andare controcorrente

Andare controcorrente, senza paura: questo l’invito del Papa ai giovani, anche quando gli altri “stanno tutti per conto loro con il cellulare, attaccati ai social e ai videogiochi”, prendere “la vita tra le mani”. Tutto questo non è facile, ammette Francesco, ma “solo remando con costanza si va lontano”, perché “la costanza premia, anche se costa fatica”.

Farsi dono 

Dopo essersi lasciati “prendere per mano da Dio per camminare insieme”, occorre poi “andare”, cioè “farsi dono”, prosegue il Papa, che conclude il suo discorso invintando ancora i giovani ad alzarsi e andare e a camminare nel solco del Vangelo.

Screenshot

PRESENTI ALLA MESSA CELEBRATA DA PAPA FRANCESCO OLTRE 1️⃣0️⃣.0️⃣0️⃣0️⃣ FEDELI IN VENEZIA


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