REGIONI MOTHER FRIENDLY, MALE IL SUD
La ministra Roccella annuncia il G7 per le donne a Matera contro la violenza e per l’empowerment.
La provincia autonoma di Bolzano, come nel 2022, è al 1° posto della classifica delle regioni più “mother friendly”, mentre la Basilicata è ultima, preceduta da Campania e Sicilia: è quanto emerge dalla 9a edizione del rapporto “Le Equilibriste-La maternità in Italia 2024”, stilato da “Save the Children” in collaborazione con l’Istat. Il valore del Mother’s Index, pari a 100 per l’Italia nel 2022 rappresenta il termine di riferimento rispetto al quale cogliere una condizione socio-eco- nomica più favorevole per le donne, in caso di valori superiori ad esso, o al contrario condizioni meno vantaggiose quando il valore si attesti su livelli inferiori a 100. Rispetto al 2022, la situazione italiana è migliorata sia da un punto di vista assoluto (il valore nazionale dell’indice passa da 100 a 102,002). Nel 2023 le prime 3 posizioni della classifica sono occupate da Regioni o Province Autonome con valori decisamente più alti rispetto alla media nazionale. Più nello specifico la Provincia Autonoma di Bolzano (115,225) occupa la prima posizione in graduatoria (come nel 2022), seguita dall’Emilia-Romagna (110,530) e dalla Toscana (109,239), evidenziando una maggiore attenzione ad una più elevata qualità delle condizioni socio-economiche delle donne grazie ad investimenti di carattere strutturale nel welfare sociale.
IL GAP TERRITORIALE
Al contrario, come nel 2022, le regioni del Mezzogiorno si posizionano tutte al di sotto del valore di riferimento Italia. In particolare, il 14° posto della graduatoria è occupato dall’Abruzzo (99,332) mentre il 21° posto dalla Basilicata (87,441). Tra la Basilicata e l’Abruzzo, ci sono ben 11,891 punti di differenza. Fanalino di coda, come anticipato, risulta la Basilicata, preceduta in fondo alla classifica, da Campania, Sicilia, Puglia e Calabria: «Sono queste le regioni che più di altre, scontano i mancati investimenti sul territorio, traducendosi in una carenza strutturale di servizi e lavoro». Nel complesso, comunque una riduzione da un punto di vista di gap territoriale: la differenza dei valori tra la Provincia Autonoma di Bolzano e la Regione Basilicata passa da 34,517 nel 2022 a 27,784 nel 2023. LAVORO, IL RECUPERO Sono 7 dimensioni dell’Indice delle madri, tra queste il “dominio” lavoro. Solo 4 regioni sono al di sopra della media Italia del 2023: Marche (102,488), Piemonte (100,979), Abruzzo (100,504) e Liguria (100,321). In queste regioni, per le madri il mondo del lavoro è più accessibile ed il numero di dimissioni o quello delle riduzioni di orario di lavoro non volontarie dopo la nascita di uno o più figli sono più bassi. La regione meno virtuosa è la Campania (81,535). Se Friuli-Venezia Giulia e la Valle d’Aosta hanno perso, rispettivamente, ben 6 e 5 posizioni, passando dall’8° al 14° posto la prima e dal 3° all’8° la seconda. Dall’altro lato, Marche, Lazio, Molise e Basilicata hanno guadagnato ben 4 posizioni. La Puglia (84,667), la Provincia Autonoma di Trento (84,356), la Sicilia (81,567) e la Campania (81,535) sono le regioni meno virtuose.
RAPPRESENTANZA POLITICA: MALE
Il dominio “Rappresentanza” è dato dall’indicatore elementare: Percentuale di donne in organi politici a livello locale per regione. Una regione del Centro conquista il primato: il Lazio (134,054). Fanalino di coda , la Basilicata (68,46). SALUTE Il dominio “Salute” considera gli indicatori elementari: Quoziente di mortalità infantile (nel 1° anno di vita) per regione e Strutture sanitarie pubbliche e private accredita- te per attività di consultorio per ogni 10mila abitanti. La Lombardia (98,707) e la Liguria (93,341) sono le uniche regioni del Nord ad avere valori inferiori alla media nazionale. In questo dominio il risultato migliore lo raggiunge l’Umbria, che passa dal 15° posto dello scorso anno al 1°, grazie a una marcata riduzione nel quoziente di mortalità infantile (da 3,23 nel 2020 a 1,15 nel 2021) e ad una crescita delle strutture pubbliche e private accreditata per attività di consultorio (da 4,2 ogni 10.000 abitanti nel 2019 a 5.6 nel 2022). Sul versante opposto, peggiorano notevolmente le proprie posizioni la Liguria, che perde ben 9 posti (dall’8° alla 17° posizione) e la Basilicata, che perde 6 posti, passando dalla 5° all’11° posizione. Entrambe hanno visto un aumento del quoziente di mortalità infantile (passato da 2,06 al 3,27 in Liguria e dal 2,27 a 3 in Basilicata tra il 2020 e il 2021) e una riduzione delle strutture accreditate per attività di consultorio (da 3,5 ogni 10.000 abitanti a 2,9 in Liguria e da 5,6 a 5,2 in Basilicata).
DEMOGRAFIA
Il dominio “Demografia” considera l’indicatore elementare: numero medio di figli per donna o tasso di fecondità totale per regione. Riguardo l’area della demografia, la capofila delle regioni più virtuose è la Provincia Autonoma di Bolzano (130,857), che supera nettamente il valore di riferimento (100) seguita dalle regioni Sicilia (110,286) e Campania (107,714). Basilicata (89,714) e Sardegna (75,143) si posizionano come ultime.
LA SITUAZIONE ITALIANA IN SINTESI
In Italia una lavoratrice su 5 esce dal mercato del lavoro dopo essere diventata madre e il 72,8% delle convalide delle dimissioni dei neogenitori riguarda le donne. Ancora una volta in Italia c’è stato un nuovo record negativo per la natalità: il 2023 ha registrato il minimo storico delle nascite, ferme sotto le 400mila nascite e con un calo del 3,6% rispetto al 2022. Le donne scelgono di non avere figli o ne hanno meno di quanti ne vorrebbero: nella popolazione femminile, in età fertile tra i 15 ei 49 anni, il numero medio di figli per donna, infatti, è di 1,20, mostrando una diminuzione rispetto al 2022. Il calo della natalità ormai coinvolge anche la componente straniera della popolazione: nel 2023 ci sono stati meno 3mila nati rispetto all’anno prece- dente. Inoltre, l’Italia si conferma come uno dei Paesi europei con la più alta età media delle donne al parto, circa 32,5 anni. In Italia il tasso di occupazione femminile, per l’età 15-64 anni, è stato del 52,5% nel 2023, un valore più basso della media dell’Unione Europea che si attesta al 65,8%: a fronte di un tasso di occupazione femminile del 63,8%, le donne senza figli che lavorano raggiungono il 68,7%, mentre so- lo poco più della metà delle donne con due o più figli minori ha un impiego, cioè il 57,8% L’Italia è anche il Paese europeo con la più alta età media delle donne per la nascita del primo figlio, circa 31,6 anni, con 8,9% di primi nati da mamme over 40, tasso inferiore solo a quello della Spagna. La nascita di un figlio influisce sulla disparità di genere nel mondo del lavoro, come mostrano i dati delle dimissioni volontarie post genitorialità: a dimettersi sono principalmente le madri, al primo figlio ed entro il suo primo anno di vita. Nel corso del 2022, infatti, sono state effettuate complessivamente 61.391 convalide di dimissioni volontarie per genitori con figli in età 0-3 in tutta Italia, in crescita del 17,1% rispetto all’anno prece- dente. La percentuale che riguarda le donne è del 72,8% del totale, pari a 44.699. Mentre il 27,2% riguarda uomini, pari a 16.692. I motivi per aver dato le dimissioni, tra uomini e donne, sono differenti: Per le donne, infatti, il motivo principale è la difficoltà nel conciliare lavoro e cura del bambino o bambina: il 41,7% ha attribuito questa difficoltà alla mancanza di servizi di assistenza, mentre il 21,9% per problemi di organizzazione del lavoro. Complessivamente, gli impegni legati alla cura rappresentano il 63,6% di tutti i motivi di convalida delle dimissioni fornite dalle lavoratrici madri. Per gli uomini, invece, il motivo principale è di natura professionale: il 78,9% ha dichiarato che la fine del rapporto di lavoro è stata dovuta a un cambio di azienda e solo il 7,1% ha riportato esigenze di cura dei figli.