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RIFLESSIONI SULL’ARTE: SALVERÀ IL MONDO?

L’intervento di Dino Quaratino

L’ uomo di qualsiasi età e civiltà, è messo di fronte ad un problema eterno: come superare la solitudine e il senso di “separatezza” che avverte nei confronti di altri uomini e nei confronti della natura stessa di cui, vagamente è a parte e coartefice? È un problema, un anelito, avvertito da tutti gli uomini, sia esso il primitivo delle caverne, o il soldato romano, il mandarino cinese, l’uomo contemporaneo, o chissà, forse l’uomo del 3000. È un problema che nasce dalla solitudine esistenziale connaturata alla condizione umana e si può dire che la storia della filosofia e dell’arte ricalchi le tappe delle diverse soluzioni, che l’uomo si è inventato per risolvere questo problema e soddisfare questa esigenza a lui connaturata. Molte vite sono state sacrificate nell’ascetismo, nella ricerca di un’unione con Dio, in tutte le forme di stati or- giastici che sono tentativi per raggiungere, attraverso l’assunzione di droghe uno stato di trance o di esalta- zione fittizia, in presenza del quale il mondo esterno scompare e con esso il senso di separatezza e di isolamento, in un altro tentativo per superare questo senso di isolamento, certo il più fecondo e ricco di storia è l’attività creativa, sia artistica che artigianale. In ogni tipo di attività creativa, l’autore si fonde con la materia, con il mondo che lo circonda, nell’atto creativo l’artefice e il suo soggetto diventano un’unica cosa e l’uomo si unisce al mondo nel processo della creazione. La nostra civiltà ha avuto origine, indubbiamente, quando l’uomo ha incominciato ad esercitare attivamente il controllo sulla natura, ponendosi nei confronti di essa non solo in modo passivo, ma in modo attivo penetrandone i processi e inserendosi in questi, per modificarli a proprio beneficio, scoprendone le leggi e giovedì 23 maggio 2024 Cultura 21 www.lecronache.info preoccupandosi di dominarli. Il rapporto con la na- tura era diretto, i limiti al dominio totale di essa erano segnati dalle leggi, imponendosi di dominarli. Con l’avvento dell’era industriale e il progresso industriale, che vede la sostituzione dell’energia animale e umana, con l’energia meccanica prima e nucleare poi, con la sostituzione dei calcolatori alla mente umana, abbiamo creduto di essere sulla strada che porta alla produzione illimitata e quindi a illimitati consumi per tutti. Abbiamo creduto che la tecnica ci aveva resi onnipotenti e la scienza onniscenti. Abbiamo creato così, una seconda natura, con leggi e nuovi processi servendo- ci della prima natura, il mondo naturale come riserva da usare per scopi estranei a essa, calpestandone le leggi ed ignorandone i processi. La nostra società ha raggiunto livelli di civiltà molto elevati. Questo, certamente ci rallegra e ci riempie, come essere umani, di soddisfazione ed orgoglio, ma vanno tenuti presenti alcuni punti su cui tutti gli uomini che hanno in mano il destino della nostra civiltà, siano essi politici o scienziati, dovrebbero riflettere prima di accingersi a compiere nuove imprese, con l’avanzata della tecnologia, che mette in pericolo la nostra stessa vita per lo sconvolgimento ecologico che ha portato e il progresso economico rimasto limitato nei Paesi ricchi e tra quelli più poveri è aumentato, altra conseguenza importantissima è che questo mondo tecnologico, quello chiamato seconda natura, nato e creato per servire l’uomo quando l’uomo stesso era considerato un fine diventa fine a se stesso. Che si assista poi ad un riconoscimento di punti di vista, come se la domanda di fondo, prima di intraprendere una azione non fosse più che cosa è bene per l’uomo, ma che cosa è bene per il sistema. E questo è un dato di fatto, perchè sappiamo tutti che il “sistema finanziario” va avanti secondo leggi e che l’uomo della strada ignora o capisce solo in parte, come leggi e meccanismi che portano a risultati non sempre positivi per l’uomo, per la totalità delle persone interessate a quello che avviene nell’ambito di questo sistema, altro esempio, la politica, che è tutto quel sistema di ingranaggi che ruota attorno ad esso. La politica, che dovrebbe es- sere attività volta a curare gli interessi, a soddisfare le esigenze dell’uomo, in quanto membro di una collettività e della collettività nel suo complesso, è di- ventato tutto un mondo a parte, un sistema a parte che va avanti secondo leggi e formule, che in gran misura trascendono il fine, ma che hanno un unico scopo, la conservazione del sistema, che per molti significa conservazione del potere, e la conservazione di regole che vanno a beneficio soltanto del “sistema politico”. L’uomo del- la strada, che dovrebbe essere il fine di questa attività ne avverte solo, a volte, pesantemente, le conseguenze, quando non è usato egli stesso come mezzo, ma, quello che mi interessa di più sottolineare è che la possibilità di consumare più cose, o di soddisfare tutti i desideri, non aiu- ta l’uomo a raggiungere la felicità e la serenità, considerato che la maggior parte dei desideri e dei bisogni che l’uomo contemporaneo crede di avere, sono indotti, inculcati attraverso la pubblicità e altri mezzi di promozione. Cardine della società contemporanea, è il capitalismo avanzato, non solo di gruppo di routine, ma anche di massimo consumo dei servizi e dei beni prodotti, con la conseguente necessità di creare nuovi bisogno per il maggior numero di persone, cioè nuovi mercati per poter collocare prodotti che le fabbri- che e l’industria producono a ritmi sempre più elevati. In questa società la felicità dell’uomo è identificata con il conseguimento dei beni materiali, i valori dell’uomo misurato in base al suo guadagno e alla quantità di cose di cui riesce ad impossessarsi, secondo un’etica ad immagine e somiglianza del “sistema”. È facile capire oggi, che proseguendo su questa strada la felicità, il vero benessere dell’uomo si allontanano all’infinito come infiniti i bisogni di conculcare nelle persone. Sarebbe un errore ingenuo, ritorcere questa concezione pessimistica sulla tecnica e sul progresso demonizzandoli e unirsi a coloro che pronosticano un prossimo fatale collasso della società moderna e con essa la civiltà interna, ma se è e vero che la tecnica, non è l’unica causa dei mali dell’uomo e, quindi, da rifiutare in totalità, è pur vero che il malessere esiste. I nostri giovani si drogano, si rifugiano in India, il numero dei suicidi aumenta, la vita media aumenta, ma aumenta vorticosamente il numero dei morti per stragi ed incidenti, la disoccupazione costringe un numero sempre maggiore di persone a vivere ai margini della società, ad assistere al banchetto della società moderna, senza potervi prendere parte. E queste non sono che le manifestazioni più eclatanti di un malessere generale, che è il malessere dell’uomo, un uomo che da soggetto è diventato oggetto, che ha inventato delle macchine per vivere meglio ma è diventato egli stesso un ingranaggio di questa macchina, che ha i mezzi per soddisfare tutti i suoi “bisogni soggettivi”, la cui soddisfazione comporta un piacere momentaneo, ma non quei bisogni che sono radicati nella natura umana, la cui soddisfazione comporta uno sviluppo dell’uomo sulla via dell’autocoscienza, che ha per effetto il vivere meglio, come lo intendevano gli antichi greci. È pessimistico preannunziare la globale morte della civiltà occidentale, essa è senz’altro possibile, ma non fatale e per evitarla, occorre la solidarietà di tutti, in uno sforzo comune per riportare i termini del problema al loro giusto posto. L’uomo, con i suoi fondamentali bisogni di libertà, giustizia ed uguaglianza, deve tornare ad essere fine e avvalersi degli strumenti tecnici, che il suo impegno gli procura per il conseguimento di questi valori e recuperare quindi il rapporto uomo natura che è simbolico, di delicato equilibrio e mai preponderanza di un termine su un altro, un rapporto di primordiale unità e di scambi reciproci di linfa vitale, come tra le parti di una stessa pianta o tra gli organi di uno stesso organismo. Gli artisti, nei loro momenti di ispirazione, sentono questo primordiale rapporto e ne fissano le impressioni attraverso le manifestazioni proprie di ciascuna arte e, nello stesso tempo, sono l’esempio vivente di questo rapporto che non è solo a livello biologico. L’artista che crea si immerge nella “natura”, intesa come complesso uomo mondo naturale, e ne riemerge con la sua opera che è, nello stesso tempo, il segno tangibile di questa intuizione, il mezzo per comunicarla agli altri. L’artista ha il dono di vedere, guardando in se stesso quello che gli altri uomini sentono solo confusamente, ma che ritrovano e riconoscono quando si trovano di fronte ad un opera d’arte. Le varie forme d’arte non sono altro che manifestazioni dello stesso dono e il tentativo, da parte dell’artista di mettere a punto tecniche sempre più raffinate e dettate dal desiderio di rendere più chiaro un segno e più immediato un messaggio. Il pittore che dipinge un quadro, l’attore che sul- la scena rappresenta opere scritte mille anni fa o l’altro ieri, non fanno altro che tradurre, in forme tangibili e diverse tra di loro, le paure, le angosce, le gioie tipiche dell’uomo, in quanto tale essendo le varie storicizzazioni, nel caso di opere teatrali, mere appendici sceniche. L’artista può essere considerato se stesso e individuare i veri bisogni dell’uomo, quelli naturali, profondi e non i bisogni soggettivi e nella società moderna, come un lume che indica una strada, una strada che egli segue istintivamente, ma che tutti devono sforzarsi di percorrere, o meglio ripercorrere per costruire un mondo, “nuovo a misura d’uomo”.

Di Dino Quaratino

PRESIDENTE ASSOCIAZIONE VOGLIA DI TEATRO

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