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AUTONOMIA DIFFERENZIATA, QUEL PURTROPPO IGNORATO

l’intervento di Enrico Torlo

È stato approvato anche dalla Camera ( e quindi diventata legge dello Stato)il DDL sull’autonomia differenzia. Il provvedimento rischia di frammentare ulteriormente l’Italia, aumentando le disparità tra le diverse regioni, minando, di fatto, i principi fondamentali di uguaglianza e solidarietà sanciti dalla nostra Costituzione. Acuirà le disuguaglianze esistenti tra Nord e Sud, tra aree urbane e rurali, attraverso una distribuzione di risorse finanziarie che, inevitabilmente, favorirà le regioni più ricche e lascerà indietro quelle con conclamate maggiori difficoltà. Ho grande preoccupazione soprattutto per i settori della sanità, dell’istruzione, dei trasporti, il cui accesso ai servizi essenziali rischia di diventare disomogeneo, creando cittadini di serie A e serie B ( e noi saremo tra questi) a seconda della regione di residenza. Ma vi è di più temo che il ruolo dello Stato come garante dell’uguaglianza e della giustizia sociale potrebbe venire indebolito, mettendo a rischio l’equilibrio nazionale, in palese violazione dei principi costituzionali di uguaglianza e solidarietà. Nè mi convince la tesi del maggiore controllo su materie di competenza concorrente e su alcune di esclusiva competenza statale, affidato alle regioni, come l’istruzione e la tu- tela ambientale, addotta a ragionie della scelta, in quanto non trova alcun fondamento, atteso co- me molte regioni, in special modo quelle più povere, possano non avere le risorse necessarie per gestire queste competenze in modo efficace. Men che meno persuasi- va appare l’idea che l’autonomia differenziata mira a rendere le amministrazioni regionali più efficienti e vicine ai cittadini, in virtù del fatto che non hanno ancora trovato definizione e finanzia- mento (e chissà se e quando li troveranno) i Livelli essenziali di prestazione (LEP), che dovrebbero garantire diritti civili e sociali uniformi su tutto il territorio nazionale. Un pasticcio politico elettorale, insomma, che divide il mondo politico e preoccupa le comunità. Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna, una delle regioni ricche del Nord Italia, ha definito la proposta “irricevibile”, sostenendo che non è stata condivisa adeguatamente con la Conferenza delle Regioni e che rischia di spaccare il Paese. Il Presidente Bardi, è bene ricordarlo, espresse, invece, al- l’epoca, parere favorevole nella conferenza Stato-Regioni, infilando la Basilicata in un tunnel politico-finanziario-sociale, dal quale sarà molto complicato uscire. Qualcosa, però, si può e si deve fare. E come sempre dovrà essere la politica, la buona politica, a farsi carico della tutela e della sopravvivenza delle comunità, così duramente colpite da questa che non esito a definire una vera iattura. Dovrebbe essere il Governo a farsi carico di creare un fondo speciale per supportare le regioni meno sviluppate, nell’attuazione delle nuove competenze. Così come sarebbe necessario il monitaroggio puntuale dell’impatto dell’autonomia differenziata sui territori, da realizzarsi attraverso un comitato indipendente che sia in grado di proporre i giusti correttivi. E la Regione Basilicata? dovrebbe mettere a terra un piano di sviluppo per implementare piani specifici in grado di stimolare la crescita economica, a cominciare dal miglioramento infrastrutturale. E la città capoluogo? Una nuova Potenza riformi- sta e progressista, che dice NO all’autonomia differenziata in maniera forte e chiara, dovrà farsi carico di stimolare e pungolare la Regione Basilicata, affinché attivi tutte le iniziative necessarie e finalizzate alla tutela delle comunità. E, perché no, ponendosi a capo e quale riferimento autorevole per la difesa della nazione, uni- ca e indivisibile. Una vecchia Po- tenza, leghista, superficiale e sottomessa, non potrà che supina- mente accettare le scelte romane, già avvallate dalla Regione.

Di Enrico Torlo

(COORDINAMENTO CITTADINO CENTRO STUDI PROGETTO BASILICATA)

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