BOZZOLI: ERGASTOLO 1º GRADO CONFERMATO IN APPELLO CONDANNA DEFINITIVA IN CASSAZIONE
IMPOSSIBILE ESEGUIRE L’ORDINE DI CARCERAZIONE
Omicidio Bozzoli, la Cassazione conferma l’ergastolo ma il nipote-killer è irreperibile
È GIUSTO INFORMARE
BOZZOLI: ERGASTOLO 1º GRADO CONFERMATO IN APPELLO CONDANNA DEFINITIVA IN CASSAZIONE
IMPOSSIBILE ESEGUIRE L’ORDINE DI CARCERAZIONE
Omicidio Bozzoli, la Cassazione conferma l’ergastolo ma il nipote-killer è irreperibile
I carabinieri l’hanno cercato tutta la notte per notificargli l’esito della sentenza con cui la Cassazione ha confermato l’ergastolo.
Ma Giacomo Bozzoli non si trova
Sono passati quasi 9 anni dalla sera dell’8 ottobre 2015, quando lo zio del condannato, Mario Bozzoli, è stato ucciso e il suo corpo è stato fatto sparire.
Il nipote, Giacomo, si è sempre dichiarato innocente per le accuse di omicidio aggravato e distruzione del corpo.
Ma adesso, dopo la conclusione del terzo grado di giudizio, l’esecuzione penale in carcere deve iniziare.
Il padre di Giacomo aveva indicato ai militari che il figlio si trovava nella villa a Soiano, sul lago di Garda. «Sta aspettando lì la sentenza», aveva detto. Ma di Giacomo, invece, i carabinieri non hanno trovato nessuna traccia.
Perse le tracce del 40enne bresciano ritenuto l’omicida dello zio Mario. I carabinieri, dopo la pronuncia della suprema corte, non l’hanno trovato in casa per condurlo in carcere
I carabinieri si sono presentati a casa di Giacomo Bozzoli sul lago di Garda per eseguire l’ordine di carcerazione dopo la sentenza della Cassazione che ha confermato l’ergastolo dei primi due gradi di giudizio per l’omicidio dello zio Mario, ma non hanno trovato il 40enne bresciano.
A quell’indirizzo, secondo il padre Adelio, il figlio avrebbe trascorso la giornata in attesa della pronuncia della suprema corte. Ma di lui, al momento, si sono perse le tracce.
Gli uffici della Procura di Brescia hanno ricevuto l’estratto della sentenza della Cassazione, atto fondamentale per poter emettere l’ordine di carcerazione.
Secondo i giudici della suprema corte l’imprenditore Mario Bozzoli fu gettato nel forno della fonderia di famiglia, che gestiva con il fratello e con i nipoti a Marcheno (Brescia), la sera dell’8 ottobre 2015.
Giacomo Bozzoli che in questi nove anni è sempre rimasto in libertà. Non ha seguito l’udienza a Roma dove invece era presente il padre Adelio, il quale aveva riferito che il figlio, da lui ritenuto innocente, era in attesa nella sua abitazione sul lago di Garda.
Da capire adesso se il 40enne deciderà di costituirsi, dal momento che i carabinieri che si sono presentati nella sua abitazione per condurlo in carcere, non hanno trovato nessuno.
A poche ore dalla pronuncia della Cassazione che ha confermato l’ergastolo nei confronti del 40enne bresciano ritenuto l’omicida dello zio Mario, Giacomo Bozzoli risulta irreperibile.
Le sue responsabilità nell’omicidio erano state accertate dalla corte d’assise di Brescia e poi confermate dalla corte d’assise d’appello.
Ora anche dalla Cassazione
Gettato nella fonderia di famiglia, la Cassazione: ergastolo al nipote. Ma è irreperibile, caccia all’uomo
Il movente del delitto sarebbe il rancore covato verso lo zio Mario Bozzoli: il corpo non è mai stato trovato.
Il 39enne Giacomo deve entrare in carcere per l’omicidio. I carabinieri vanno a casa sua, ma lui non c’è
Giacomo Bozzoli, nipote dell’imprenditore sparito, andrà in carcere per la prima volta a nove anni dalla scomparsa dello zio
Marcheno (Brescia)
I carabinieri non l’hanno trovato. Poche ore prima la Corte di Cassazione aveva confermato l’ergastolo a Giacomo Bozzoli per l’omicidio dello zio Mario nella fonderia di famiglia, la sera dell’8 ottobre 2015, a Marcheno, nel Bresciano. Condanna definitiva che apre le porte del carcere. Bozzoli non era però nella sua casa sulla sponda bresciana del lago di Garda dove ha la residenza. Lì, nella serata di ieri attorno alle otto, si sono presentati i carabinieri che avrebbero dovuto prelevarlo, dopo che la procura di Brescia aveva ricevuto l’estratto della sentenza della Cassazione, atto necessario per poter emettere il provvedimento restrittivo.
I militari non hanno trovato nessuno
Bozzoli viene cercato. Per quello che si sa, sta forse vivendo un momento di confusione, unito al desiderio di godere delle ultime ore di libertà che gli rimangono. A breve potrebbe costituirsi
La sentenza
Tre ore di udienza e una camera di consiglio di quasi cinque. Poco prima delle 18 è uscito il dispositivo della sentenza con cui la Suprema Corte ha deciso il rigetto del ricorso della difesa e reso definitivo il carcere a vita, dopo le condanne in primo e in secondo grado a Brescia. La prima sezione penale della Suprema Corte, presieduta da Giuseppe Santalucia, ha accolto la richiesta della procura generale. Bozzoli, 39 anni tra pochi giorni, è stato ritenuto colpevole dell’omicidio dello zio e di averne distrutto il corpo facendolo sparire nel forno grande. Secondo i giudici bresciani ebbe la collaborazione degli operai Oscar Maggi e Giuseppe Ghirardini. Quest’ultimo era scomparso ed era stato ritrovato senza vita, avvelenato da una ’ghianda’ di cianuro a Case di Viso, in Valle Camonica.
Gli elementi che convergono sul nipote secondo l’accusa
Soldi, rapporti familiari logori, rancore che si era trasformato in un vero e proprio sentimento vendicativo. Per il sostituto pg Assunta Cocomello le due sentenze di condanna sono prive di vizi, sotto il profilo sia formale, sia logico. Mario Bozzoli è sicuramente morto ed è morto all’interno della sua azienda. “Le piste alternative sono accreditabili solo nel campo della magia”, ha sostenuto l’accusa. Tutti gli elementi di prova convergono su Giacomo Bozzoli. Il luogo e l’ora in cui si trovava: nel reparto forni, tra le 19.15 (dopo la telefonata di Mario alla moglie per avvertirla che si preparava a rincasare) e le 19.18, orario dellafumata “anomala” uscita dal forno grande, nel quale sarebbe stato gettato il corpo dell’imprenditore. Lo spostamento delle telecamere interne perché riprendessero un punto “morto” della fabbrica. Il rientro di Giacomo nella fonderia dopo dieci minuti, non per disporre un cambio di produzione ma per completare l’azione e fare scomparire il corpo. Il movente: il rancore lungamente sedimentato da parte del giovane Bozzoli nei confronti dello zio, ripetutamente manifestato insieme con una volontà di eliminazione fisica. Un odio alimentato anche da motivi economici, dalla convinzione che Mario rappresentasse un ostacolo ai suoi progetti imprenditoriali.
La difesa
I difensori, l’avvocato Luigi Frattini e il professor Franco Coppi, avevano chiesto l’annullamento della condanna.
Per Coppi (a suo tempo avvocato di Andreotti e Berlusconi) la “doppia conforme” della sentenza non è sinonimo di verità assoluta, ma potrebbe essere un duplice errore.
Così come è un errore ritenere che sia la difesa a dover fornire la prova dell’innocenza dell’imputato, quando è invece l’accusa che ne deve provare la colpevolezza.
Contestato il cambio d’imputazione avvenuto nelle ultime udienze del processo di primo grado. L’accusa era passata da “ha ucciso lo zio e ha trasportato fuori dall’azienda il cadavere a bordo della sua auto” a “ha ucciso lo zio nel forno della fonderia”. La risposta delle sentenze alla domanda dove fossero finiti i resti era stata“non ci sono stati resti”
Ma l’esperimento giudiziale con il maialino nella fornace aveva provato il contrario, dal momento che erano state trovate tracce dell’animale carbonizzato. Manca la prova dell’ipotetico accordo con Oscar Maggi
Omicidio di Giacomo Bozzoli
Uccise lo zio e lo gettò nel forno, ergastolo per Giacomo Bozzoli ma i carabinieri non lo trovano
I militari sono al lavoro per rintracciare Giacomo Bozzoli, per nove anni rimasto libero, in attesa della pronuncia della sentenza definitiva.
L’ordine di esecuzione della condanna inserito in tutte le banche dati italiane ed europee
La Cassazione ha confermato la condanna all’ergastolo per Giacomo Bozzoli. È lui che nel 2015 ha ucciso lo zio Mario, un imprenditore di Marcheno nel bresciano che era svanito nel nulla. Il nipote lo avrebbe gettato nel forno della fonderia di famiglia, secondo quanto ricostruito dai giudici.
Giacomo Bozzoli è irreperibile, ricerche in corso
Già in primo grado e in appello a Brescia era stato condannato all’ergastolo. Negli ultimi nove anni, Bozzoli è rimasto in libertà e non ha seguito l’udienza a Roma, mentre in tribunale era presente il padre Adelio. È stato lo stesso genitore a dire che il figlio ha aspettato l’udienza nella sua abitazione sul lago di Garda, ma quando i carabinieri sono arrivati lì non lo hanno trovato. La casa era vuota.
I carabinieri che si sono presentati nella casa di Bozzoli, non hanno trovato nessuno. Il 39enne, che doveva essere condotto in carcere, è sparito. Le ricerche sono scattate immediatamente con i militari che sono al lavoro per rintracciarlo.
La vicenda
Secondo la ricostruzione degli inquirentiGiacomo avrebbe aggredito lo zio vicino ai forni ma poi avrebbe affidato il “compito” di gettare il corpo nel forno ad un dipendente dell’azienda, Giuseppe Ghirardini. Quest’ultimo svanirà nel nulla a sua volta sei giorni dopo la scomparsa di Bozzoli. Il corpo senza vita dell’operaio verrà trovato solo il 18 ottobre 2015 nei boschi di Case di Viso, ucciso da una capsula di cianuro rinvenuta nello stomaco.
Nella serata dell’8 ottobre 2015, si è ricostruito, la vittima fece l’ultima telefonata, rivolta alla moglie, intorno alle 19.15. Si parlava di una cena in una trattoria vicino a casa. Alle 19.18 si verificò una fumata anomala nel forno grande della fonderia: è in quel momento che il corpo di Mario Bozzoli sarebbe stato dato alle fiamme. Già dal giorno successivo alla sua scomparsa si iniziò a pensare all’omicidio. Soltanto sei giorni dopo, un’altra morte: Giuseppe Ghirardini, operaio della fonderia, venne trovato senza vita a Case di Viso, in Valcamonica. Ghirardini nelle carte della Corte d’assise d’appello di Brescia viene indicato come l’unica di due persone che, oltre a Giacomo Bozzoli, gravitavano intorno al “ristretto ambito spaziale e temporale” dell’omicidio. E a casa sua furono trovati 5mila euro in contanti, forse il compenso per la sua partecipazione alla distruzione del cadavere. L’altro nome fatto è quello di Oscar Maggi: le indagini a suo carico si sono chiuse da poco e a breve la Procura chiederà il rinvio a giudizio per concorso in omicidio.
Il movente
Secondo i giudici dell’appello, nel 2022, Giacomo Bozzoli sarebbe l’unica persona in cui “è risultato coesistere, unitamente all’odio ostinato e incontenibile (…) nei confronti della vittima, anche l’interesse economicoper ucciderla riconducibile agli interessi societari e familiari”. Lo zio era “colpevole a suo avviso” di guadagnare dalla società di famiglia alle spalle degli altri componenti e di intralciare i suoi affari.
L’ordine di arresto in banche dati Italia-Europa
Di Giacomo Bozzoli ancora non c’è traccia nonostante le serrate ricerche condotte questa notte dalle forze di polizia. L’ordine di esecuzione della sua condanna “è inserito in tutte le banche dati italiane ed europee” ha spiegato una fonte giudiziaria. Al momento l’ex imprenditore di 39 anni non è tecnicamente un latitante e quindi non è possibile cercarlo attraverso intercettazioni e altre modalità d’indagine più penetranti. Se non dovesse costituirsi o essere trovato nelle prossime ore, scatterà la ‘dichiarazione di latitanza’ prevista dal codice di procedura penale. Un provvedimento che deve essere motivato e che deve contenere “gli elementi che dimostrano l’effettiva conoscenza della misura e la volontà di sottrarvisi”. Bozzoli si è sempre dichiarato innocente. “Non c’è mai stata nessuna lite con mio zio” disse ai giudici della Corte d’Assise. In questi anni non ha mai dato segnali di voler fuggire in attesa del verdetto.
La storia di Mario Bozzoli, l’omicidio, il nipote Giacomo l’unico imputato: le tappe della vicenda dal 2015 a oggi
La scomparsa di Mario, le indagini e le sentenze. La presenza nella fonderia anche di altri dipendenti, oltre all’imprenditore e ai due figli del fratello Adelio. Il suicidio di Giuseppe Ghirardini, la fece finita ingerendo una capsula di cianuro.
Ora l’inchiesta «bis»: concorso in omicidio per uno degli operai
Mario Bozzoli, 50 anni, imprenditore, scomparve dalla fonderia di Marcheno la sera dell’8 ottobre 2015: alle 19.12 chiamò la moglie Irene – che non immaginava sarebbe stata l’ultima volta in cui gli avrebbe parlato – per dirle di essere in ritardo, che si sarebbe fatto una doccia, cambiato, e l’avrebbe raggiunta in un ristorante sul Garda.
Non ci arrivò mai. La sua auto nel parcheggio, i suoi abiti ancora nello spogliatoio, ma di lui nessuna traccia: sparito nel nulla con i vestiti da lavoro e le scarpe antinfortunistiche ancora addosso, niente telefono (non è mai stato trovato) né soldi.
L’allarme scattò attorno alle 22, quando preoccupata non vedendolo rientrare, Irene chiese al figlio minore – che viveva in Valtrompia – di fare un salto in fabbrica per capire che fine avesse fatto il padre.
La scomparsa di Giuseppe Ghirardini
Quella sera a Marcheno c’erano altri operai, oltre a Giacomo e Alex Bozzoli, figli di Adelio, fratello di Mario. Sei giorni dopo uno di loro scompare: Giuseppe Ghirardini, coetaneo del titolare Mario, addetto al forno grande della fonderia, chiama un amico per annullare una battuta di caccia causa maltempo e sale in auto, direzione Valcamonica. Viene trovato senza vita il 18 ottobre 2015 nei boschi di Case di Viso: stroncato da una capsula di cianuro rinvenuta nello stomaco. L’inchiesta aperta per istigazione al suicidio a carico di Alex e Giacomo fu definitivamente archiviata (dopo una proroga di indagini disposta dal gip) nei mesi scorsi. Sul fatto che le due vicende siano strettamente collegate gli inquirenti non hanno mai avuto dubbi. Ma il caso viene chiuso come un suicidio nonostante le opposizioni della famiglia dell’operaio.
L’inchiesta per omicidio e l’esperimento giudiziale
Dopo la scomparsa di Mario, si iniziò a indagare ipotizzando un omicidio quasi da subito, nonostante l’azienda sia stata posta sotto sequestro solo una settimana dopo la sua scomparsa. A vario titolo furono indagati (per favoreggiamento) anche alcuni degli operai. Per la procura Mario sarebbe stato ucciso e gettato nel forno, ipotesi, questa, abbandonata negli anni dopo l’avocazione del fascicolo da parte della Procura generale ma poi tornata in auge solo nella primavera del 2022, nel corso del processo di primo grado, dopo l’esperimento giudiziale in scala disposto dalla Corte d’assise – con un maialino di 13,2 chili – per capire, viste le conclusioni divergenti dei consulenti tecnici di parte, cosa sarebbe successo, con quali reazioni e in quali tempi.
Giacomo l’unico imputato
A quasi sette anni dai fatti, unico a processo con l’accusa di omicidio volontario e premeditato dello zio Mario, oltre che di distruzione del corpo, è il nipote, Giacomo Bozzoli.
Che si è sempre detto innocente. Per i sostituti procuratori Silvio Bonfigli e Marco Martani, che a suo carico hanno chiesto (e ottenuto) l’ergastolo, Giacomo avrebbe aggredito lo zio vicino ai forni, salvo poi affidarne il corpo a Ghirardini, il quale, “dietro compenso” l’avrebbe gettato, appunto, nel forno grande. Avrebbe ucciso spinto da un movente economico, stanco di quello zio che non condivideva la gestione “allegra” dell’azienda da parte del fratello e dei nipoti, pronti a gonfiare fatture, risparmiare sulle leghe e truffare l’assicurazione: non a caso, nell’auto di Mario – ne è certa l’accusa – fu ritrovata una fattura da oltre 46 mila euro di lavori mai eseguiti per aggiustare uno dei forni. In sintesi: un raggiro all’assicurazione.
Ergastolo in primo grado
«Alla responsabilità penale di Giacomo Bozzoli convergono sempre tutti i
diversi itinerari probatori che si intendono percorrere». Lo scrive la
Corte d’assise d’appello di Brescianelle 154 pagine di motivazioni della conferma della condanna all’ergastolo nei confronti di Giacomo Bozzoli, 39 anni, ritenuto l’omicida dello zio Mario, l’imprenditore di Marcheno, in Valtrompia, svanito nel nulla nella sua fonderia l’8 ottobre 2015. «Converge anzitutto la verifica del luogo e dell’ora in cui l’imputato è risultato trovarsi rispetto al luogo e all’ora in cui si trovava Mario Bozzoli al momento della sua scomparsa» scrivono i giudici. «Converge – spiegano – la verifica volta all’individuazione della persona che avrebbe potuto disporre di quella somma in contanti che risulta sia stata consegnata a Giuseppe Ghirardini che collaborò quantomeno alla distruzione del corpo di Mario Bozzoli».
La conferma in appello
La premessa diventa la chiosa, oltre cento pagine dopo, definita «il dato probatorio che domina sovrano nel processo»: «L’omicidio è stato commesso in un ristretto ambito spaziale e temporale in cui gravitavano, oltre all’imputato, unicamente Giuseppe Ghirardini e Oscar Maggi». La Corte d’assise d’appello conferma il massimo della pena per Giacomo Bozzoli, perché «alla sua responsabilità penale convergono, sempre, tutti i diversi itinerari probatori che si intendono percorrere», scrive nelle motivazioni della sentenza la Corte (presidente Claudio Mazza, relatore Massimo Vacchiano): «Converge, anzitutto, la verifica del luogo e dell’ora in cui l’imputato è risultato trovarsi rispetto a quelli in cui si trovava Mario al momento della sparizione». E cioè nel reparto forni, tra le 19.15 (dopo aver chiamato la moglie Irene) e le 19.18 (quando invece si verificò la «fumata anomala» al forno grande, dove per i giudici il suo corpo fu gettato ). Ma anche la disponibilità di quei cinquemila euro in contanti, emessi in successione dalla Banca centrale austriaca, trovati a casa di Ghirardini, addetto proprio al forno grande, presunto compenso, per la Corte, del suo ruolo nell’omicidio —il suo «un ruolo fondamentale quantomeno nella distruzione del corpo nel forno in cui aveva continuato a inserire rottami» — diventato poi «un rimorso insostenibile». Morì suicida in Valcamonica sei giorni dopo la scomparsa del suo titolare. E converge l’identificazione di un movente: Giacomo è l’unico «in cui è risultato coesistere, unitamente all’odio ostinato e incontenibile già molto tempo prima rispetto all’omicidio a sua volta germinato da un rancore altrettanto persistente e irremovibile nei confronti della vittima, anche l’interesse economico per ucciderla riconducibile agli interessi societari e familiari)»: Mario, «colpevole a suo avviso sia di lucrare dalla società dei proventi sia di intralciare i suoi progetti imprenditoriali»
L’inchiesta «bis»
Oltre otto anni dopo, si (ri)apre un nuovo capitolo sulla morte dell’imprenditore Mario Bozzoli, scomparso a 52 anni dalla fonderia di famiglia, a Marcheno, la sera dell’8 ottobre 2015. Così come indicato nelle motivazioni della sentenza di primo grado dalla Corte d’assise (presidente Roberto Spanò), adesso, la Procura ha chiuso l’inchiesta «bis». Risponde a sua volta di concorso in omicidio premeditato e distruzione di cadavere Oscar Maggi, operaio della fabbrica, addetto al forno più piccolo, che sarebbe stato presente al momento della «scomparsa» di Mario: lo scorso dicembre, convocato per l’interrogatorio dai pm, si era avvalso della facoltà di non rispondere. Stralciate le posizioni del collega Aboyage «Abu» Akwasi e di Alex, fratello maggiore di Giacomo — per i quali le indagini sono comunque chiuse — accusati invece di falsa testimonianza (per il primo inizialmente si era ipotizzato il favoreggiamento personale). Abu avrebbe cercato di «spostare» avanti e indietro gli orari dei presunti avvistamenti di Mario in azienda, quella sera, «allontanandolo» dalla zona dei forni: per favorire Giacomo e «proteggere se stesso» in ottica difensiva. Anche Alex avrebbe mentito. E pure Ghirardini, responsabile del forno grande, per la Corte, avrebbe partecipato su compenso al delitto: «Un ruolo fondamentale quantomeno nella distruzione del corpo nel forno in cui aveva continuato a inserire rottami» — diventato poi «un rimorso insostenibile». Anche per i giudici di secondo grado Abu e Maggi temevano che Ghirardini avrebbe potuto «crollare e raccontare la verità»
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Lo hanno constatato i carabinieri che si sono presentati nell’abitazione
Giacomo Bozzoli non è nella sua casa sulla sponda bresciana del Lago di Garda dove risulta residente. Lo hanno constatato i carabinieri che si sono presentati nell’abitazione ma non hanno trovato nessuno poche ore dopo la pronuncia della Cassazione che ha confermato l’ergastolo nei confronti del 39enne bresciano ritenuto l’omicida dello zio Mario.
Secondo i giudici l’imprenditore è stato gettato nel forno della fonderia di Marcheno la sera dell’otto ottobre 2015 come sostenuto dalla corte d’assise di Brescia poi confermato dalla corte d’assise d’appello e ora dalla Cassazione. Gli uffici della Procura di Brescia hanno già ricevuto l’estratto della sentenza della Cassazione, atto fondamentale per poter emettere l’ordine di carcerazione.
La Cassazione dunque ha confermato la doppia condanna che il 39enne bresciano aveva già incassato in primo grado e in appello a Brescia
Bozzoli che in questi nove anni è sempre rimasto in libertà non ha seguito l’udienza a Roma dove invece era presente il padre Adelio, il quale ha spiegato che il figlio era in attesa nella sua abitazione sul lago di Garda
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