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BENNARDI AZZERA TUTTO PER SALVARE SE STESSO

Evidente il fallimento amministrativo grillino, le dimissioni sarebbero un atto di dignità. Verso il quarto rimpasto in quattro anni a Matera, il sindaco con la coll_ a sulla poltrona

Ci piacerebbe non parlare più di Bennardi un po’ perché è un discorso stantio e tedioso, un po’ perché è come spa- rare sulla croce rossa, un po’ perché veramente vorremmo non sentirne parlare più. Quando si immagina l’idea di dilettantismo, di inettitudine politica, di ozioso trascinarsi attaccati alla poltrona senza produrre niente non si riesce ad avere un’immagine più chiara di quella che ci offre Bennardi. La sua, ormai, è una immagine iconografica dell’inettitudine al potere.

VERSO IL BENNARDI QUATER

Non ci stancheremo mai di ripeterlo, la vittoria dei cinque stelle a Matera era l’acme’ del tempo grillino, il massimo momento del- la vittoria politica di chi doveva cambiare tutto, il luogo dove dimostrare quanto fosse radicata e strutturabile la rivoluzione dei cinque stelle in Basilicata. Il lento ed inesorabile trascorrere del tempo ha dimostrato che l’uno uguale ad uno e l’idea che si potesse fare politica senza un cursus honorum era l’anticamera del fallimento. Bennardi è la dichiarazione di fallimento dell’utopia grillina. Per l’ennesima volta, come in un rito stanco, Bennardi azzera la giunta. Qualche settimana fa ave- va ritirato due deleghe, oggi ha deciso che nessuno dei suoi attuali collaboratori merita di restare in Giunta. Quello che nascerà sarà il quarto governo Bennardi all’interno della stessa consiliatura. Per capire le proporzioni del disastro basti capire che il Comune di Potenza, nell’intera consiliatura in cui era sindaco Guarente, ha avu- to un solo rimpasto. Matera, seconda città della Basilicata per numero di abitanti, è già al quarto governo mentre manca ancora un anno alle elezioni. Praticamente ogni anno Bennardi ha cambiato la squadra. Conoscendo i meccanismi della politica e leggendo tra le righe delle sue dichiarazioni, ciò significa che per ben quattro volte è stato in grado di non sintonizzar- si con la sua maggioranza ed è sta- to costretto a rivedere tutto. In pratica Bennardi è come l’avversario di Terence Hill in “continuavano a chiamarlo Trinità” che, preso a schiaffi, continuava a non capire niente di ciò che era accaduto. L’unica differenza è che alla seconda spiegazione fattuale di Trinità, pur non avendo capito niente, preferiva ritirarsi. Bennardi è arrivato al quarto tentativo, non ha capito niente e ci riprova.

LA SFIDUCIA E LE DIMISSIONI

È chiaro che, al di là di ogni frase di circostanza, questo rimpasto è il tentativo maldestro e raffazzonato di convincere i suoi consiglieri a non votare con la minoranza la mozione di sfiducia. Un tentativo piuttosto grottesco che, però, da la misura esatta dell’attack senza dignità con il quale il sindaco della città dei sassi si è attaccato alla poltrona di primo cittadino. Sindaco con maggiore dignità avrebbero già presentato le proprie dimissioni in modo da evitare questa pantomima. Lo avrebbe fatto qualsiasi sindaco espressione della politica vera, di quella politica che si formava nel- la militanza e nei partiti di lungo corso. Emilio Nicola Buccico, per rimanere nella città di Matera, quando capì che la maggioranza non lo seguiva preferì dimettersi piuttosto che soggiacere ai ricatti di possibili sostituti dei pezzi mancanti della politica. Non ci permetteremmo mai di paragonare Buccico con Bennardi, troppo ampio il divario morale che separa il grande avvocato dal modesto e mediocre sindaco. Il nostro è solo un esempio per ricordare al sindaco grillino che ci sono strade di dignità che uomini dignitosi hanno percorso, non diciamo di prenderlo ad esempio ma quanto meno di considerare la possibilità di provare ad essere decoroso.

Di Massimo Dellapenna

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