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GRAZIA NAPOLI: «IL MIO LAVORO È UN PRIVILEGIO»

La giornalista si racconta a Cronache: «Ho sempre saputo che avrei fatto questo mestiere»

Oggi pubblico il mio quinto articolo su un potentino, non descrivo la città ma i suoi abitanti con ruoli noti e non usuali, Potenza ha bisogno di cittadini davvero capaci fuori e dentro le istituzioni. Dopo Luigi Catalani, Donato Ramunno, Paolo Albano e Ivana Pipponzi ho scelto di intervistare Grazia Napoli. Non scelgo chi conosco o mi è amico o sodale, scelgo nomi noti della città e che svolgano un ruolo spesso poco conosciuto e che si muovano silenziosamente, senza fare inutile baccano! A Grazia Napoli piace il rosso e lo indossa di frequente: non ama i coloro sgargianti, in TV è molto curata ma con delicata semplicità, come semplice è il suo trucco e semplici e non eccessivi i gioielli che indossa. Solo le montature degli occhiali sono, spesso, particolari e sono il risultato di sue attente ricerche e acquisti ben mirati. La raffinata semplicità nei modi, nel linguaggio e nell’aspetto l’ha resa molto amata fra il pubblico anche di RAI 1: quel viso è noto e familiare ai Lucani, e non solo, che la seguono seduti a tavola e commentano le notizie. Esclama «A me interessa arrivare al pubblico e alle vecchiette che mi riconoscono e mi fermano al Supermercato…è un lavoro come un altro, forse privilegiato ma non mi ha fatto sentire superiore ad altri».

Quando ha capito che le sarebbe piaciuto diventare una giornalista? E quando la RAI è entrata nella sua vita? Le piacerebbe cambiare professione?

«Ho sempre saputo che avrei fatto la giornalista o, comunque, che mi sarei voluta occupare di scrittura ed editoria. Scrivere è tra le poche cose che ho sempre saputo e voluto fare. Alle Scuole Elementari scrivevo nei compiti che da grande avrei fatto la giornalista. Dopo il mio primo servizio in Tv lo confermò anche la mia maestra. La Rai non è entrata subito nella mia vita. Ho iniziato a lavorare a Telenorba a Dicembre 1987, dieci giorni dopo la Laurea. Ero appena tornata da Napoli e mi si offrì questa occasione, che mi parve un “segno”. È lì che ho imparato il mestiere e che sono diventata giornalista professionista. Un mestiere che poi ho affinato in Rai, dove ho avuto il primo contratto a termine nel 1993. L’assunzione definitiva nel 1999, dopo un precariato durato sette anni durante il quale mi sono occupata di tutto, anche di sport! Nel frattempo, ho scritto per riviste e quotidiani, mi sono occupata di documentari, ho seguito per cinque anni l’Ufficio Stampa dell’Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza. Un’esperienza importantissima, quest’ultima, per conoscere da vicino e dal di dentro il mondo sanitario e poterlo raccontare, poi, anche in Rai. Questo mestiere è stato sempre il mio desiderio ed è stata la mia vita. Mi ha dato tante opportunità, pur lavorando in una testata regionale. Sono riuscita a viaggiare: fino in Sudamerica per raccontare dei nostri emigrati! Non saprei e non vorrei fare un altro mestiere. Certo, a questo punto della mia vita, mi piacerebbe poter approfondire di più, scrivere con meno fretta, raccontare più storie. Ma per questo dovrò pensare a un dopo-Tv. Chissà, magari riuscirò a farlo, prima o poi».

Mi capita di leggere il suo curatissimo blog, implica una necessità di scrivere e divulgare che manca a una giornalista TV? E la sua passione per il teatro e la musica e la interessante rubrica che è in onda di notte su RAI 1 da cosa nasce?

«Il mio sito web www.queenaurelia.it è una “creatura” nata molti fa. Ha una veste grafica non proprio modernissima, ma a me piace molto così. È il luogo in cui scrivo ciò che in Rai sarebbe difficile approfondire, per motivi di spazio o ciò che non potrebbe trovare posto in un tg. Scrivo di me, delle mie passioni, dei libri che leggo, delle mie esperienze sindacali, di chi ho conosciuto. Ospito anche chi vuole scrivere qualcosa. Ho una pagina per gli amici. È nato nei primi anni del 2000 dopo la pubblicazione del mio saggio “Aurelia”, su un libro di novelle del ‘500 inglese. Per questo si chiama queenaurelia.it. All’inizio era una sola sezione, dedicata al libro, alla rassegna stampa, alle presentazioni, ai commenti. Nel 2008, con il mio webmaster Mauro Pace pensammo di ampliarlo con sezioni dinamiche, lasciando fissa la prima, anche in inglese. Lo aggiorno quando posso e quando voglio. In assoluta libertà. Ogni tanto facciamo un restyling e c’è anche la versione mobile. Per me è una passione, un divertimento, un luogo di riflessione, un’evasione dalla routine della cronaca stretta. La mia passione per il Teatro nasce negli anni universitari, quando con i libri di inglese, all’ “Orientale” di Napoli avevamo anche il blocchetto dei biglietti del “Teatro Augusteo”, dove – parlo di fine anni ’80 – c’era sempre una stagione su Shakespeare, anche in lingua, che era materia d’esame. Ho iniziato così. Dal teatro elisabettiano a quello classico e con- temporaneo il passo è stato breve. A Potenza, ho avuto uno dei primi abbonamenti con l’Abs, il circuito che organizzava le stagioni in Basilicata fino a qualche anno fa. Una passione che, da studio e divertimento, è diventata anche lavoro. Quello teatrale è un linguaggio che mi fa riflettere, mi appaga, mi commuove, mi forma. Può parlare a tutti. Quando posso, anche fuori regione, cerco di coinvolgere amici e colleghi “trascinandoli” tutti a teatro. Soprattutto i giovani. Io coinvolgo spesso le mie nipoti. L’occasione che mi è stata data da Gigi Marzullo, per oltre 10 anni, di collegarmi con la trasmissione “Applausi” è stata un’ulteriore palestra di confronto con professionisti della Rai e del Teatro ed è stato un modo per veicolare notizie e immagini di spettacoli spesso di nicchia, locali, che ho cercato sempre di raccontare, anche per dare una piccola vetrina ai nostri talenti lucani. E ce ne sono. Purtroppo, dopo la pandemia la scelta editoriale della trasmissione non ha più incluso le sedi regionali. Mi dispiace soprattutto perché era un modo, per la nostra regione, di esserci e mostrare anche diverse “chicche”, come le definì lo stesso Marzullo».

Ogni anno lei parte per Lourdes con l’UNITALSI e accompagna i malati, l’ho ammirata sempre per questa sacrificante e stancante forma di volontariato…

«La mia esperienza nell’Unitalsi risale ormai al 2010, quando, dopo un periodo difficile, decisi di tornare a Lourdes. Da allora è un appuntamento fisso e inderogabile. La fatica non si sente mai. A Lourdes aiuta la preghiera, ma anche la serenità che pervade tutto, anche l’accettazione della sofferenza. Non ho mai visto un ammalato senza sorriso. È un toccasana per tutti. Io dico sempre “anche per chi non crede”. Il mio incontro con l’Unitalsi è nato per la necessità di partire da vicino casa, senza dover prendere un aereo come in passato. Ed è stata una scoperta, prima come pellegrina, poi come volontaria. Un incontro che è cresciuto e che mi ha consentito di entrare nell’Associazione a pieno titolo, per aiutare, collaborare, essere presente e “comunicare” con i mezzi che ho – la Rai, il sito Unitalsi, il mio sito e i colleghi delle altre testate che mi danno una mano – quello che l’Unitalsi fa tutto l’anno e non solo a Lourdes, ma in tanti luoghi della sofferenza, in regione, in Italia, fino a Betlemme. Un’esperienza di fede, ma soprattutto di solidarietà e di vita».

Essere donna in Basilicata è difficile in casi limite come il suo lavoro che l’ha resa nota e conosciuta? Cosa suggerirebbe a una giovane donna che vorrebbe diventare giornalista in questa regione gestita da politici con mentalità paesana, antica e bigotta?

«L’essere donna non mi ha limitata, né aiutata nel lavoro, come nella vita. O almeno io non me ne sono accorta. Sono sempre andata avanti senza pensare a questo e nessuno me lo ha fatto pesare. Quando ho iniziato qualcuno si meravigliava che non avessi scelto una carriera nella scuola; quando ho avuto un contratto per lo sport alcuni capi rai sembravano titubanti, ma io, pur nella mia poca esperienza sportiva, ce l’ho messa tutta e, alla fine, è andata bene. Io ci ho sempre creduto molto e ho studiato molto. È questo che bisogna fare ed è questo che consiglio a chi vuole fare questo mestiere o qualsiasi altro lavoro. Studio, perseveranza, onestà intellettuale, amore per il racconto della verità. Valori. E non è retorica. Fare il giornalista oggi è quasi impossibile e non solo in Basilicata. La categoria – a parte la Rai e poche altre realtà come Mediaset o Ski – non ha più editori di riferimento, il precariato predomina, il guadagno è minimo e non garantito. Una situazione di crisi dovuta ai social, ma non solo. Una situazione difficile che tocco con mano nella mia esperienza sindacale e di vicepresidente di CasagitSalute, la Società di Mutuo Soccorso nata dalla cassa sanitaria integrativa dei giornalisti. Si regge in gran parte sulle contribuzioni che arrivano dai con- tratti giornalistici. Ma i contrattisono sempre di meno. A me comunque piace pensare che il giornalismo – o i giornalismi – sia solo in evoluzione e si stia adattando a tempi nuovi e nuove esigenze. E allora dico alle ragazze e ai ragazzi di studiare e cercare la propria strada. Ci sono tanti siti seri, uffici stampa, agenzie. Qualche giornale ancora regge. La comunicazione è necessaria ovunque: nelle aziende, nelle istituzioni, negli enti locali. I politici che non aiutano e vogliono asservire la comunicazione passano, la voglia delle nuove generazioni di raccontare rimane. E il giornalismo, non si chiamerà più così forse, ma sopravviverà. Ne sono sicura».

Di Antonella Pellettieri

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