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IACOPO MELIO CI SPIEGA PERCHÉ DONNE TRANS O INTERSEX POSSONO GAREGGIARE CON DONNE BIOLOGICHE

“È proprio il caso di dirlo, l’ennesima polemica montata ad arte dalla Destra ha fatto leva, come al solito, sull’ignoranza generale di chi non sa o non vuol sapere, alimentando un clima fatto di transfobia e razzismo in primis, tutto ciò che di più distante dovrebbe esistere nello sport“

È GIUSTO INFORMARE

BUONA LETTURA DI RIFLESSIONE CONDIVISA CON LA SQUISITA E FATTIVA COLLABORAZIONE DI IACOPO MELIO, GIORNALISTA

IACOPO MELIO

Il 20 settembre 2020 è stato eletto Consigliere regionale per la Toscana nella circoscrizione di “Firenze 1” dove era candidato come capolista per il Partito Democratico, ricevendo ben 11.233 preferenze, venendo poi nominato “Consigliere delegato per i diritti” dal Presidente Eugenio Giani.

*^*

Ma quindi le donne trans o intersex possono gareggiare con le donne biologiche?

Avere un livello più alto di testosterone influisce?

La scienza ci fornisce già tutte le risposte al riguardo, così stamani le riassumo in questo mio lungo articolo per decostruire, una volta per tutte, stereotipi e pregiudizi che una certa politica sta alimentando in questi giorni attraverso informazioni false.

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Perché donne trans o intersex possono gareggiare con donne biologiche

IACOPO MELIO CI SPIEGA PERCHÉ DONNE TRANS O INTERSEX POSSONO GAREGGIARE CON DONNE BIOLOGICHE 

Perché livelli di testosterone più alti della “norma” non apporterebbero particolari vantaggi nello sport

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IACOPO MELIO

AGO 03, 2024

“Non è giusto che donne trans o intersex gareggino con altre donne biologiche!”

È stato il mantra dell’ultimo periodo, tra l’euforia per le Olimpiadi e i deliri collettivi causati dalla Destra che, “stranamente”, ha cercato di far propaganda anche in questa occasione (e a quanto pare ci è riuscita, con tanto di abbraccio compassionevole “da mamma” – cito – di Giorgia Meloni ad Angela Carini dopo la sua resa)

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Dello scontro tra la pugile italiana e l’algerina Imane Khelif ne abbiamo parlato ormai abbastanza, e anche del fatto che la seconda abbia tutto il diritto a gareggiare dato che rispetta le regole stabilite dal Comitato Olimpico Internazionale (il quale ha dato la sua approvazione, appunto, dopo aver analizzato la numerosa documentazione presentata dall’atleta tanto discussa, e credo che questo debba bastare per far tacere le persone non addette ai lavori).

Ad ogni modo vi rimando al mio primo articolo di approfondimento nel caso in cui ve lo siate perso.

Ma facciamo una volta per tutte un punto chiaro per decostruire i pregiudizi e i luoghi comuni che la frase in apertura porta con sé, non senza tracce di transfobia e sessismo, eliminando così una volta per tutte le credenze errate

Cosa significa essere Intersex?

Il Centro di riferimento della Medicina di Genere dell’Istituto Superiore della Sanità (ISS) ci dice che:

«Intersex è un termine ombrello che include tutte le variazioni innate – ovvero presenti fin dalla nascita – nelle caratteristiche del sesso che non rientrano nelle tipiche nozioni dei corpi considerati femminili o maschili. Queste variazioni possono interessare perfino i cromosomi sessuali, i genitali, gli ormoni e l’apparato riproduttivo»

Dunque l’intersessualità prevede anche variazioni nei cromosomi sessuali, e un articolo pubblicato sulla rivista medica WebMD lo spiega bene parlando di “cromosomi intersessuali”:

«La maggior parte dei maschi ha un cromosoma X e un cromosoma Y. La maggior parte delle femmine ha due cromosomi X. Tuttavia, a volte, c’è chi nasce con diverse disposizioni cromosomiche che influenzano lo sviluppo sessuale. Tra le possibili variazioni può anche accadere che le persone intersessuali abbiano cromosomi sessuali tipici di maschi o femmine, ma avere tratti del corpo che non sono tipici di quel sesso»

Cosa ci dice la scienza di certo?

Secondo l’Istituto di Terapia Cognitivo Comportamentale A.T Beck, l’intersessualità riguarderebbe tra lo 0,05% e l’1,7% della popolazione.

Durante la Consensus Conference del 2005 fu coniata l’espressione “disordini dello sviluppo del sesso” o “Disorders of Sex Development” (DSD) per indicare “le condizioni congenite in cui lo sviluppo del sesso cromosomico, gonadico o anatomico è atipico”: decisione però piuttosto criticata soprattutto per l’uso del termine “disturbi” associato a una condizione che in realtà non è riconosciuta come malattia.

Il caso di Imane Khelif

Dunque: sì, è vero, nel 2023 Imane Khelif è stata sospesa dai mondiali dopo essere stata segnalata come atleta sospetta di non essere una “donna vera”(scusatemi, lo so, ho i brividi pure io a questa definizione), per questo motivo è stata sottoposta al sex testing, ovvero il test di verifica del sesso presente soltanto nelle categorie femminili (e già qui dovrebbe accenderci una lampadina circa il sottile sessismo presente…). Ma questo non significa nulla di negativo di per sé!

È stato infatti in questo caso che il Presidente della Federazione Internazionale di Boxe aveva parlato di “presenza di cromosoma XY”, anche se al riguardo non solo non c’è niente di verificato ma altre fonti hanno parlato invece di “livelli di testosterone elevati”, probabilmente per iperandrogenismo femminile(consideriamo che questa condizione può riguardare pure chi ha una “comune” sindrome dell’ovaio policistico).

Ecco proprio qui il punto della discordia, un metro di giudizio diverso adottato dal Presidente della Federazione, ma prima di perdere il filo chiariamo quali sono questi metri: dal 2011 il testosterone diventa, in ambito sportivo, l’unità di misura per stabilire chi è una “donna vera” e chi no, attraverso delle soglie ben precise nonostante non ci siano basi scientifiche certe per sostenere che esistano dei vantaggi apportati dal testosterone anche quando questo viene prodotto naturalmente.

  • 2011 = 10 nanomoli per litro di sangue;
  • 2018 = 5 nanomoli per litro di sangue;
  • 2022/2023 = 2,5 nanomoli per litro di sangue.

Dunque Imane Kheli avrebbe superato il limite dei 2,5 nanomoli per litro di sangue, soglia decisa per i mondiali del 2023 dalla Federazione Internazionale di Boxe che pare abbia fatto riferimento ai livelli fissati da altre federazioni non avendo un proprio regolamento. Questo però non vale per il Comitato Olimpico Internazionale, il quale dal 2021 ha emanato delle linee guida precise al riguardo (“Framework on fairness inclusion and non-discrimination on the basis of gender identity and sex variations”), fissando così un livello di testosterone più alto, pari a 5 nanomoli per litro di sangue, per poter accedere alle competizioni: ecco perché Imane Khelif ha potuto partecipare alle Olimpiadi di Parigi 2024 avendo una quantità di testosterone sotto questa soglia (al contrario di quella dei mondiali).

Quindi possiamo parlare di vantaggi dovuti al testosterone più alto?

La risposta per la scienza è una: no.

Livelli simili a quelli di Khelif, sebbene più alti della “norma”, non apporterebbero particolari vantaggi, eppure in questo caso si sono denunciati quando in altri sport riguardanti gli uomini biologici ciò non avviene (basti pensare al basket, dove molti giocatori dell’NBA presentano una condizione chiamata “acromegalia” che riguarda anche in questo caso la sovrapproduzione di ormoni della crescita), così come è sciocco non considerare la “fortuna” legata al contesto in cui si nasce, sia a livello territoriale che socio-economico (supporto familiare, accesso alle strutture sportive, qualità dello stato di salute in generale e possibilità di curarsi, adeguata alimentazione…)
Silvia Camporesi, bioeticista

Parola all’esperta:

Silvia Camporesi, bioeticista con una formazione interdisciplinare in biotecnologie e filosofia della medicina, in un’intervista per Vanity Fair ha dichiarato:

«La specie umana, come le altre specie di mammifero, non è binaria, quindi tutto ciò che cerca di catturare un binarismo di genere, compresa ogni regolamentazione sportiva, è destinato a fallire. All’interno del libro descrivo il caso studio della mezzofondista e velocista Caster Semenya che rientra nello spettro intersex e ha livelli naturali di testosterone più alti. Questo vantaggio però non è necessariamente maggiore in termini quantitativi rispetto ad altri vantaggi naturali, eppure nel 2011 la federazione internazionale dell’atletica leggera (IAAF) ha deciso che il suo livello di testosterone, maggiore della media statistica dei livelli presenti nelle altre atlete, doveva essere regolato perché considerato vantaggio iniquo. Ma questo vantaggio sotto quale punto di vista può essere considerato iniquo? E perchè questo specifico vantaggio merita di essere regolato mentre altri vantaggi naturali no?»

Vi lascio il resto dell’interessante intervista qui.

SPORT 

Le atlete transgender e intersex hanno davvero dei vantaggi nello sport?

Silvia Camporesi, bioeticista con una formazione interdisciplinare in biotecnologie e filosofia della medicina, prova a rispondere a questa domanda con il suo nuovo libro edito da Fandango Libri

DI MARINA CUOLLO

9 OTTOBRE 2023

Caster Semenya (Photo by Ian MacNicol/Getty Images) IAN MACNICOL/GETTY IMAGES

«Partiamo dal presupposto che la specie umana, come le altre specie di mammifero, non è binaria, quindi tutto ciò che cerca di catturare un binarismo di genere, compresa ogni regolamentazione sportiva, è destinato a fallire»

Della nostra lunga chiacchierata queste sono sicuramente le parole che mi sono rimaste più impresse.

{FOTO Caster Semenya (Photo by Ian MacNicol/Getty Images)IAN MACNICOL/GETTY IMAGES}

Caster Semenya (Photo by Ian MacNicol/Getty Images) IAN MACNICOL/GETTY IMAGES

«Partiamo dal presupposto che la specie umana, come le altre specie di mammifero, non è binaria, quindi tutto ciò che cerca di catturare un binarismo di genere, compresa ogni regolamentazione sportiva, è destinato a fallire». Della nostra lunga chiacchierata queste sono sicuramente le parole che mi sono rimaste più impresse.

Silvia Camporesi, bioeticista con un background interdisciplinare in biotecnologie e filosofia della medicina, è l’autrice di Partire (s)vantaggiati? Corpi bionici e atleti geneticamente modificati nello sport, edito da Fandango Libri all’interno della nuova collana Icaro, un libro che analizza quando un vantaggio può essere considerato iniquo nello sport, e con quali implicazioni per le politiche di regolamentazione delle tecnologie assistive e genetiche volte a potenziare le capacità performanti.

Ho avuto il piacere di intervistarla per cercare di comprendere non solo cosa rappresenti un vantaggio nello sport, ma anche per capire se le numerose polemiche legate ai livelli di testosterone nelle atlete transgender e intersex, o alla partecipazione degli atleti paralimpici alle OLIMPIADI possano avere un reale fondamento

Nello sport cosa rappresenta un vantaggio?

«Nello sport il vantaggio è tutto. Questo è il concetto chiave su cui ruota Partire (s)vantaggiati?

Lo sappiamo, gli atleti fanno sacrifici enormi che coinvolgono la vita privata, la famiglia e il corpo per ottenere un vantaggio spesso anche millesimale, il quale può fare la differenza nell’ottenere una medaglia o un podio. Ci sono alcuni vantaggi che vengono considerati iniqui, come il classico doping dove l’atleta fa uso di sostanze esogene, e la maggior parte delle persone concorda che questa rappresenti un’infrazione che fornisce un vantaggio iniquo. Esistono però anche dei vantaggi naturali, che nel libro definisco vantaggi di proprietà, si tratta di caratteristiche vantaggiose acquisite per nascita, come ad esempio elevati livelli di ematocrito o alleli che portano a specifiche predisposizioni allo sport e che vengono considerati equi»

Nonostante siano tanti i vantaggi naturali nello sport, come ad esempio la quantità di emoglobina nel sangue o appunto alcune caratteristiche genetiche, puntualmente quando si tratta invece di elevati livelli di testosterone si scatenano polemiche a non finire, essendo questi considerati automaticamente vantaggi iniqui

«All’interno del libro descrivo il caso studio della mezzofondista e velocista Caster Semenya che rientra nello spettro intersex e ha livelli naturali di testosterone più alti. Questo vantaggio però non è necessariamente maggiore in termini quantitativi rispetto ad altri vantaggi naturali, eppure nel 2011 la federazione internazionale dell’atletica leggera (IAAF) ha deciso che il suo livello di testosterone, maggiore della media statistica dei livelli presenti nelle altre atlete, doveva essere regolato perché considerato vantaggio iniquo. Ma questo vantaggio sotto quale punto di vista può essere considerato iniquo? E perchè questo specifico vantaggio merita di essere regolato mentre altri vantaggi naturali no?»

Nel suo libro non emergono solo i problemi di valutazione legati ai livelli di testosterone, ma anche quelli relativi alla tecnologia assistita utilizzata dagli atleti paralimpici

«Anche qui faccio una premessa: come spiego nel libro, non esiste una regola generale che impedisca ad atleti o atlete paralimpici la partecipazione a EVENTI olimpici. E infatti la lista di atleti e atlete con disabilità che hanno gareggiato con atleti e atlete senza disabilità è lunga. Ci sono però alcuni casi che il Tribunale di arbitraggio per lo sport ha ritenuto necessario valutare, come quello di Oscar Pistorius, Markus Rehm e Blake Leeper, i quali hanno dovuto dimostrare di non godere di un vantaggio in competizione derivante dalla loro tecnologia assistiva, ovvero dalle protesi che utilizzano per gareggiare. Una dimostrazione di fatto irrealizzabile visto che l’atleta che non usa le protesi viene posto come tetto massimo e che è impossibile comparare la performance dell’atleta con le protesi con la performance dello stesso atleta senza le protesi. Ritenere l’atleta olimpico la norma e l’atleta paralimpico ciò che si distanzia dalla norma invece di considerare l’unione di corpo e tecnologia come una fusione vera e propria, fa ricadere ingiustamente sull’atleta paralimpico l’onere di dimostrare l’assenza del vantaggio»

È interessante notare come le federazioni si preoccupino di scovare i vantaggi solo in determinati casi. Sembra quasi che ci sia l’intento di tutelare solo gli atleti olimpici, così come nei casi relativi ai livelli di testosterone quello di tutelare uno specifico genere. Insomma, due pesi e due misure?

«Al di là del fatto che si possa o no concordare con la tesi che espongo nel mio libro, quello che cerco di portare alla luce è che ci sono dei problemi oggettivi nel modo in cui vengono valutati questi vantaggi. Chi decide e su quale base cosa rappresenti un vantaggio iniquo? Perché i livelli elevati di testosterone non vengono considerati alla stregua di altri vantaggi di proprietà biologici? E in assenza della possibilità di comparare le performance di atleti che competono con la tecnologia alla performance che essi stessi avrebbero in assenza di tale tecnologia, come si può davvero valutare cosa rappresenti un vantaggio? Io credo che una base pregiudizievole esista perché di fatto le federazioni si riservano di valutare singolarmente ogni caso, visto che non esistono dei criteri chiari di valutazione. Questo porta le federazioni a fare quello che vogliono. Si può essere o meno d’accordo su cosa rappresenti un vantaggio iniquo nello sport, ma di fatto i casi che porto alla luce mostrano la necessità di una messa in discussione dei valori e delle norme che sottostanno alla costruzione delle categorie stesse»

In conclusione…

È proprio il caso di dirlo, l’ennesima polemica montata ad arte dalla Destra ha fatto leva, come al solito, sull’ignoranza generale di chi non sa o non vuol sapere, alimentando un clima fatto di transfobia e razzismo in primis, tutto ciò che di più distante dovrebbe esistere nello sport

La cosa “divertente” è che l’attuale maggioranza del Governo ha sempre dato estrema rilevanza al sesso biologico di nascita (un uomo trans nato con la vagina è per la Destra ancora una donna, ad esempio), mentre adesso, a quanto pare, la loro ferrea regola della “natura” parrebbe non valere più: quanto sarebbe bello se fosse perché, finalmente, stanno iniziando a capire…

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IACOPO MELIO

#sapevatelo2024 

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