VALENTINA PETRILLO IPOVEDENTE SARÀ LA PRIMA DONNA TRANS A PARTECIPARE ALLE PARALIMPIADI DI PARIGI NELLA ATLETICA LEGGERA
“Mi sono innamorata dell’atletica vedendo l’impresa di Mennea sui 200m alle Olimpiadi di Mosca 1980. Mi sono detta che avrei seguito questa strada”
È GIUSTO INFORMARE
Quando ci saranno le Paralimpiadi a Parigi?
La XVII edizione dei Giochi Paralimpici 2024 si terrà a Parigi, dal 28 agosto all’8 settembre. Il countdown è cominciato.
I Giochi Paralimpici stanno per tornare in Europa, a Parigi, a 12 anni di distanza dall’edizione di Londra.
Giochi Paralimpici Estivi Parigi – 2024
La XVII edizione dei Giochi Paralimpici 2024 si terrà a Parigi, dal 28 agosto all’8 settembre
Il countdown è cominciato.
I Giochi Paralimpici stanno per tornare in Europa, a Parigi, a 12 anni di distanza dall’edizione di Londra. L’impegno degli atleti paralimpici è al massimo per cercare di guadagnarsi un pass per i prossimi Giochi di Parigi 2024. Grandi aspettative e molto entusiasmo per un’edizione che sarà importante non solo da un punto di vista meramente sportivo.
La Paralimpiade francese, infatti, sarà anche la prima dopo la lunga pandemia che ha fortemente condizionato lo svolgimento delle ultime due edizioni dei Giochi, con restrizioni e limitazioni.
Ora sarà possibile rivivere gli eventi dal vivo assistendo alle gare (vede sezione ticketing) e alle iniziative che metterà in campo il Comitato Italiano Paralimpico, a partire da Casa Italia.
La capitale francese, che per la prima volta ospiterà i Giochi estivi, è già pronta per accogliere i tanti atleti e le tante atlete e i tantissimi supporters che invaderanno le strade della città dal 28 agosto all’8 settembre.
Il programma prevede 22 sport, 23 discipline diverse e 549 eventi distribuiti negli 11 giorni di Giochi. La cerimonia di apertura il 28 agosto, si svolgerà in Place de la Concorde, nel cuore della capitale. Sono previsti 4400 atleti, 2500 accompagnatori, 184 delegazioni e una stima di circa 65.000 spettatori. La cerimonia di chiusura, è prevista per l’8 settembre allo Stade de France.
Data: 24.08.24 – 10.09.24
Parole chiave: Parigi 2024
L’atletica leggera delle Paralimpiadi estive 2024 si terrà allo Stade de France di Parigi. Saranno 164 le gare: 90 maschili, 73 femminili e una mista, tre gare maschili in meno rispetto ai Giochi precedenti mentre le gare femminili e miste restano le stesse.
Valentina Petrillo è la donna delle prime volte: nel 2020 è stata la prima atleta transgender a partecipare ai Campionati italiani paralimpici di atletica leggera nella categoria femminile e la prima italiana trans a correre per qualificarsi nelle Paralimpiadi di Tokyo 2021.
Valentina Petrillo comincia a sognare l’atletica da bambina: all’età di 7 anni resta folgorata dalla vittoria di Pietro Mennea alle Olimpiadi e inizia a immaginarsi con la maglia azzurra.
VALENTINA PETRILLO IPOVEDENTE SARÀ LA PRIMA DONNA TRANS A PARTECIPARE ALLE PARALIMPIADI DI PARIGI NELLA ATLETICA LEGGERA
Ma nel proiettarsi all’interno della gara sportiva più prestigiosa di tutte, lo fa pensandosi con un corpo diverso, con un corpo femminile.
Benché abbia dentro di sé la consapevolezza di essere in un corpo che non sente suo, Valentina prosegue la sua vita cercando il più possibile di adeguarsi alle aspettative altrui, allo standard, senza “tradire” il genere assegnatole alla nascita. Continua con lo sport anche quando le viene diagnosticata la sindrome di Stargardt, malattia che la rende ipovedente:
vince 11 titoli nazionali nella categoria maschile di atletica leggera paralimpica. Parallelamente si sposa, nasce un figlio.
Ma il cumulo di bugie, raccontate prima di tutto a se stessa, si fa sempre più pesante.
Nel 2019 quindi fa coming out e intraprende un percorso di affermazione di genere.
Ai campionati italiani paralimpici di atletica leggera dell’11 settembre 2020 è la prima donna transgender a gareggiare nella categoria femminile.
Forza Valentina ❤
Che disabilità ha Valentina Petrillo?
sindrome di Stargardt
All’età di 14 anni, invece, è stata colpita dalla sindrome di Stargardt(che l’ha resa ipovedente). Una diagnosi che l’ha portata a rinunciare al calcio: «Ero un bravissimo portiere», ricorda Valentina.
{di MICHELA ANGELINI}
La questione “persone transgender nello sport” è piena di pregiudizi e luoghi comuni. La realtà dei fatti dice che non ci sono prove di alcun vantaggio per le persone trans assegnate al maschile alla nascita.
Per ogni studio che dimostra vantaggi ce ne sono altrettanti che dimostrano svantaggi o che non rilevano differenze significative
(questi in realtà sono molti di più).
Personalmente invece di un quadretto drag per rappresentare l’amore o non so che altra minchiata, mi sarebbe piaciuto alla cerimonia di apertura delle olimpiadi si fosse rappresentata questa questione. Perché ogni federazione è libera di fare regole a seconda dei propri pregiudizi.
Perché è in atto una campagna mondiale per l’esclusione delle persone trans dallo sport.
Perché chi ha lo sport nel sangue deve avere il diritto di gareggiare ai massimi livelli, senza dover subire continue accuse, continui stress, continue mancanze di riconoscimento.. non diversamente a quanto è già accaduto in passato per le persone nere.. perché, come al solito, la storia si ripete.
Tra pochi giorni Valentina Petrillo gareggerà per l’Italia.
Fate il tifo per lei. Mandatele un segno di incoraggiamento. Sostenetela.
Se lo merita, e se lo meritano tutte le persone che continuano a gareggiare nonostante il clima di astio e diffidenza che le circonda. Forza Vale!
{di PAOLO ARMELLI OLIMPIADI 2024 ~ 31.07.2024 su WIRED}
Olimpiadi, le persone transgender possono competere?
L’inclusione di atleti e atlete transgender nelle gare sportive è da sempre oggetto di dibattiti.
Ecco le regole dei giochi di Parigi
La partecipazione delle persone transgender nelle gare sportive e nelle competizioni ufficiali è un tema continuamente dibattuto, ma che torna con pressante attualità quando ci si avvicina alle Olimpiadi.
E anche nel caso delle
OLIMPIADI DI PARIGI 2024
le polemiche e le controversie riguardano in particolare le donne transgender, cioè le persone a cui alla nascita è stato assegnato il genere maschile ma che poi hanno compiuto un percorso di transizione verso quello che è il genere nel quale si identificano, quello femminile appunto: secondo alcuni, ammettere le donne transgender nelle competizioni sportive femminili significa dare loro un vantaggioeccessivo nei confronti delle donne assegnate come tali alla nascita (ovvero le donne cisgender).
I criteri di esclusione
Chi è favorevole alla partecipazione degli atleti e delle atlete transgender nelle gare internazionali lo fa sulla base di evidenze empiriche: nel caso delle donne transgender, gli ormoni bloccanti della crescita somministrati durante la pubertà e l’impiego di estrogeni ridurrebbero già in modo consistente la produzione di TESTOSTERONE portandolo a percentuali che si avvicinano a quello delle donne cisgender (negli uomini cisgender il valore di testosterone nel sangue si attesta tra i 10 e i 37 nanomoli per litro, nelle donne cisgender è inferiore a 2 nanomoli, mentre la maggior parte delle competizioni internazionali fissa il limite ormonale per i concorrenti transgender da 5 a 10).
C’è poi il caso delle persone iperandrogine, cioè che producono già naturalmente una quantità di testosterone oltre la norma. Inoltre c’è da prendere in considerazione i vantaggi biologici che derivano dal passaggio attraverso durante la pubertà maschile: secondo alcune ricerche determinate conseguenze come la maggior densità ossea e muscolare o la maggiore resistenza cardiovascolare rimarrebbero vantaggiose anche dopo la transizione, altri studi invece ne dimostrano l’attenuazione già dopo un paio d’anni di terapia ormonale.
C’è inoltre chi vorrebbe astrarre il discorso dalle semplici caratteristiche medico-biologiche e ne fa un discorso sociale: soprattutto a livello non agonistico e non professionale, quindi nelle categorie giovanili e amatoriali, lo sport è una dimensione di socialità, accoglienza e condivisione, dunque molti sono contrari all’esclusione di atleti e atlete transgender a questi livelli.
Altri sostengono che l’eccezionalità di alcune atlete transgender dovrebbe trattarsi alla stregua dell’eccezionalità che attribuiamo di norma ad alcuni campioni e campionesse: ne è convinto per esempio Eric Villain, genetista statunitense e consulente del Comitato Olimpico Internazionale (Cio), citato in Cose spiegate bene: Questioni di genere (Il Post/Iperborea, 2021), il quale sostiene che i vantaggi competitivi di atleti e atlete transgender non sono necessariamente ingiusti, perché ogni individuo può avere dei vantaggi biologici nelle competizioni sportive, qualsiasi sia la sua identità o il suo percorso.
La posizione del Cio
Al momento i dibattiti sono ancora in corso e non c’è una tendenza unanimee a livello mondiale per gestire queste situazioni, tanto che ogni corpo che governa le diverse discipline atletiche ha un suo approccio e dei suoi regolamenti specifici (per esempio organizzazioni mondiali come World Athletics, World Aquatics e World Rugby – precedentemente note come Iaaf, Fina e Irb – hanno bandito le donne transgender che hanno vissuto una pubertà maschile dal partecipare alle loro competizioni).
Il Cio si è occupato della questione solo a partire dai primi anni Duemila: nel 2003 la sua commissione medica aveva stilato delle linee guida che consentiva la partecipazione di atleti e atlete transgender solo se avessero compiuto un intervento di ricostruzione genitale, il loro cambio di genere fosse riconosciuto legalmente e fossero continuativamente in terapia ormonale.
Nel 2015, dopo diverse polemiche, le linee guida sono state modificate: ora chi vuole partecipare dovrebbe in linea teorica dimostrare solo di avere un livello di testosterone inferiore a 5 nanomoli per litro nei dodici mesi precedenti alla competizione.
Il fatto che ci siano comunque dei requisiti richiesti per la partecipazione alle gare ufficiali fa sì che si possa ricorrere ai cosiddetti processi di sex verification, cioè verifica dell’effettivo genere di appartenenza: le modalità sono cambiate negli anni, nei contesti e a seconda delle specialità sportive, ma possono andare dalla semplice consegna di certificati medici all’esame dei genitali, passando per test ormonali e cromosomici.
Nella storia lo si è praticato nel caso di tutti quegli atleti sospettati di non essere quello che dichiaravano, ed è comunque ritenuta da molti una pratica invasiva, irrispettosa, misogina e in generale poco etica.
Eclatante, a riguardo, è il caso di Caster Semenya, atleta sudafricana nella corsa di mezzofondo che, dopo la sua vittoria nei Campionati mondiali del 2009, è stata obbligata a sottoporsi a un test ormonale, dal quale è emersa la sua condizione di INTERSESSUALITÀ
(le persone intersex sono coloro che fin dalla nascita mostrano caratteri sessuali primari e secondari che non sono univocamente riconducibili a un solo genere), per la quale produce naturalmente testosterone a livelli che si direbbero maschili.
Dopo che nel 2019 World Athletics ha escluso tutte le persone con disordini dello sviluppo sessuale (Disorders of Sex Development, DSDs), Semanya ha fatto causa all’organizzazione accusandola di discriminazione.
Dopo ulteriori polemiche e dibattiti, il Cio ha aggiornato nuovamente il suo regolamento sulla partecipazione di atleti e atlete transgender anche tra il 2021 e il 2022, sostanzialmente demandando decisioni precise alle singole organizzazioni sportive, ma ribadendo che alla base di ogni decisione ci devono essere “principi di tutela, non discriminazione, equità, non presunzione di vantaggio, approccio basato sui fatti”, mettendo al centro “la salute e l’autonomia del corpo” di ogni atleta.
L’indicazione generale, dunque, è quella di non presupporre che le atlete transgender siano necessariamente avvantaggiate a livello fisico nei confronti di quelle cisgender e soprattutto non considerare come unica soluzione l’assunzione di bloccanti degli ormoni.
Molti osservatori e molte associazioni sono però critiche di questo quadro predisposto dal Cio, perché considerato troppo generico o troppo scollegato dalle evidenze concrete.
Sta di fatto che le ricerche in questo campo sono non solo poco numerose ma anche limitate dal punto di vista statistico: il campione di atleti e atlete transgender che partecipano alle gare sportive di alto livello è ancora troppo ristretto per essere scientificamente rilevante e quindi molte delle conclusioni devono essere per forza di cose incomplete o generiche.
E la cosa non sembra poter cambiare a breve
Chi ha fatto la storia
In questo contesto molto fumoso, si è dovuto attendere il 2021 affinché si vedessero primi cambiamenti evidenti: Laurel Hubbard, per esempio, è stata la prima donna transgender dichiarata (la cui transessualità è dunque nota e pubblica) a partecipare alle Olimpiadi (quelle dette di Tokyo 2020, perché dovevano originariamente svolgersi in quell’anno) nella categoria del sollevamento pesi, per il team della Nuova Zelanda.
Ha partecipato con il sostegno delle sue colleghe cisgender: la sollevatrice australiana Charisma Amoe-Tarrant disse di aver “grande rispetto per lei e auguro a lei e alle altre il meglio, sperando che possiamo tutte ritrovarci insieme e goderci le Olimpiadi”. Nonostante la sua preparazione e il sostegno, Hubbard non completò i suoi sollevamenti e tornò a casa senza alcuna medaglia.
Nella stessa competizione, nel giugno 2021, fece il suo debutto lə primə atleta non-binary nella storia delle Olimpiadii, lə calciatricə canadese Quinn, che con la sua squadra si è poi aggiudicatə una medaglia d’oro, la prima per una persona transgender non-binary
Anche in Italia c’è chi insegue il sogno olimpico: si tratta di Valentina Petrillo, atleta transgender con una disabilità visiva (da adolescente le è stata diagnostica una grave malattia degenerativa agli occhi).
Nel giugno 2021 è stata la prima runner transgender a correre con la maglia della Nazionale italiana in una competizione internazionale, ai Campionati Paralimpici Europei di Bydgoszcz in Polonia.
Ha anche realizzato un documentario, intitolato 5 Nanomoli come appunto la limitazione del testosterone imposto da molte istituzioni sportive, che racconta il suo sogno di arrivare fino alle Olimpiadi (lei che proprio ai Giochi olimpici del 1980 è stata stregata dall’esempio del grande Pietro Mennea) ma anche la sua battaglia contro l’indifferenza e il pregiudizio nella vita di tutti i giorni.
Ci saranno atleti e atlete transgender alle Olimpiadi 2024?
Per quanto riguarda le Olimpiadi 2024 di Parigi molte discipline come l’atletica, il ciclismo, il nuoto, il rugby, il cricket, il canottaggio e la boxe hanno ristretto ulteriormente la partecipazione delle atlete transgender a chi abbia compiuto la transizione prima dei 12 anni (di per sé un criterio anagrafico molto limitante), per evitare così che siano avvantaggiate da alcuni cambiamenti che avvengono durante la pubertà maschile. Invece triathlon, tennis e tiro con l’arco hanno posto ulteriori limiti sui livelli del testosterone, mentre nel badmington per esempio si procede per valutazioni caso per caso.
A quanto risulta nelle competizioni di Parigi 2024 Nikki Hiltz, runner non-binary qualificatə per il team degli Stati Uniti, sarà forfse l’unicə a rientrare nella categoria transgender dopo la sua qualificazione lo scorso giugno. Il percorso di inclusione delle persone transgender nel mondo dello sport è ancora molto lungo e molti sono i fattori da valutare con attenzione.
Ma dato che l’importante è partecipare, l’auspicio che anche su questi temi si permetta a tutti e tutte di partecipare almeno al dibattito e al tavolo della discussione, al di là di ogni preconcetto.
#ègiustoinformare
Paralimpiadi2024 @valentinapetrillo
GO GO GO
“L’italiana Valentina Petrillo sarà la prima donna trans a partecipare alle Paralimpiadi nell’atletica leggera, in quanto ipovedente, nella categoria femminile.
Chissà se il nostro Governo, tanto patriottico e “coccola disabili”, tiferà per Valentina Petrillo o giudicherà anche stavolta la competizione «non equa»…
Forza Valentina! In bocca al lupo!”
{di Iacopo Melio}
L’Atletica leggera è stata una delle prime discipline ad essere stata inserita nel programma delle Paralimpiadi
Attualmente si compone di gare di corsa su pista e su strada, dai 100 metri alla maratona, e di vari tipi di concorsi, dai salti in estensione e in elevazione, ai lanci di diversi attrezzi: clava, peso, disco e giavellotto.
In relazione alla tipologia di disabilità e alla classificazione attribuita a seguito di valutazione clinica e funzionale, l’atleta può gareggiare in piedi (con o senza ausili protesici), in carrozzina o con una particolare tricicletta a grandi ruote chiamata frame runner. In caso di disabilità visiva importante, è possibile gareggiare affiancati da atleti guida.
La grande varietà di specialità che compongono questa disciplina permette il coinvolgimento di atleti con minime disabilità a soggetti con importanti disabilità fisiche, sensoriali o intellettivo-relazionali. Non per tutte le classi sportive è previsto il programma gare completo e, per gli eventi internazionali, viene proposto un numero di competizioni ridotto: dai 200 dei Campionati Mondiali ai 160 delle Paralimpiadi, definiti in relazione al numero di atleti che praticano le varie specialità a livello mondiale e che sono rappresentativi delle diverse tipologie di disabilità. World Para Athletics definisce le Classificazioni Funzionali in base alle specialità di riferimento: Prefisso “T” per le gare su pista (corse o corse in carrozzina) e le gare di salto; Prefisso “F” per le competizioni di lanci; Prefisso “P” per le competizioni delle prove multiploe (Pentathlon)
Petrillo Valentina
- Sport: Atletica
- Federazione: Federazione Italiana Sport Paralimpici e Sperimentali (FISPES)
- Società: Omero Bergamo
- Specialità: 200m, 400m
- Classe sportiva: T12
- Esordio: 2021
- Data di nascita: 02 Ottobre 1973
- Provincia di nascita: Campania
- Comune di nascita: Napoli
Biografia
“Mi sono innamorata dell’atletica vedendo l’impresa di Mennea sui 200m alle Olimpiadi di Mosca 1980. Mi sono detta che avrei seguito questa strada”
Valentina è un concentrato di energia, vitalità e simpatia. “La vita è un dono, dobbiamo onorarla e sfruttare al massimo tutte le possibilità che abbiamo. Soprattutto, nessuno piò toglierci il diritto di sognare”, e correndo realizza il sogno di bambina. Gareggiava nell’atletica olimpica, categoria maschile, ma “Come uomo non mi riconoscevo, non ero felice e fingevo. Nel 2018 decido di diventare Valentina, quella che mi sentivo di essere. Ho vissuto all’ombra di me stessa per la mia condizione di transgender, che la società purtroppo ancora non ha sdoganato”. Colpita dalla sindrome di Stargardt, che si manifesta a 14 anni e che oggi le permette di vedere con 1/50esimo di visus. Le due medaglie mondiali vinte al debutto parlano di un carattere forte e privo di timidezze. Allo sport è grata soprattutto perchè l’ha resa pienamente autonoma nella vita quotidiana, nonostante la sua disabilità visiva. La convocazione ai Giochi? “Fatico ancora a crederci e resto con i piedi di piombo perchè già la partecipazione a Tokyo era sfumata per un soffio. Ai Giochi penserò appena sarò scesa dall’aereo”.
Partecipazioni
Giochi Paralimpici Estivi Parigi – 2024
Palmares
Campionati Mondiali
2023 Parigi (FRA), 3° 200m, 3° 400m
Campionati Europei
2021 Bydgoszcz (POL), 5° 400m
#sapevatelo2024