ADDIO ALL’ARCHEOLOGO-POETA SALVATORE PAGLIUCA
Muro Lucano e la Basilicata perdono un punto di riferimento per l’Archeologia: volle il Museo di Muro e gestì quello di Grumento
A lui si devono scoperte e scavi di cui si occuparono le più famose riviste del settore e i principali dipartimenti di archeologia e i notevoli i risultati nell’edificazione del Museo di Muro e la gestione del Museo di Grumento
Muro Lucano e l’intera Basilicata perdono un uomo di grande cultura e valore, Salvatore Pagliuca, Archoeologo e scrittore poeta. Classe 1957, si è spento troppo presto, privando così l’archeologia, ma anche i lettori, gli amici e i colleghi, di una figura di riferimento e di un amico leale. Domani mattina alle ore 11:00 si svolgono le esequie presso la Chiesa Sant’Andrea Apostolo in piazza Don Minzoni, a Muro Lucano.
Pagliuca fu tra i fondatori del Gruppo Archeologico Lucano e conobbe Dinu Adameșteanu, fondatore e padre dell’Archeologia in Basilicata. Poi divenne Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Muro Lucano, Archeologo per conto della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Basilicata, Responsabile dell’area funzionale: Patrimonio archeologico e delle sedi di Melfi e Muro Lucano, dei territori del Marmo, del Melandro, dell’Alta Val d’Agri e del Sarmento. Archeologo Responsabile del Parco della città di Grumentum e dei relativi comprensori territoriali. È stato membro di Commissione di valutazione del progetto di allestimento artistico del Castello Sanseverino di Grumento Nova.
Fu vicino alla comunità Murese, e non solo, quando nel post terremoto dell’80 coordinò la tendopoli allestita presso il campo sportivo.
Nel 1996 lavorò ad «una delle scoperte più sensazionali della Basilicata», che definì «un’isola felice per l’archeologia»: la Tomba n.35 di Baragiano, dove avviò una indagine archeologica che portò alla luce a fine del primo scavo una tomba principesca della metà del VI sec. a.C. con il suo incredibile corredo. Tale ritrovamento fu importantissimo, «questa tomba è strettamente legata alla mia vita professionale -ebbe a dire- è come se io avessi cercato questa tomba e questa tomba avesse cercato me». Un legame simbiotico legava dunque Pagliuca all’archeologia.
Fu anche Funzionario archeologo presso la Soprintendenza per i Beni Archeologici di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta.
Laureato con lode in Lettere Classiche con indirizzo Archeologico, la sua tesi di laurea titolava: “Studio di topografia antica nella valle del Marmo-Platano”, mentre la specializzazione in Archeologia fu su “Le necropoli arcaiche di Baragiano”. Negli anni ha coordinato attività didattiche con le scuole del territorio regionale e non da meno ha scritto numerosissimi articoli di settore e pubblicazioni scientifiche.
Notevole la sua opera di intercultura con il Centro Culturale Franco-Italiano da lui voluto a Muro Lucano, paese che con Pagliuca divenne anche luogo d’incontro tra e con grandi artisti internazionali. Negli anni da Presidente del Centro Culturale Franco-Italiano furono pubblicate anche opere storico-letterarie ed organizzò diverse mostre fotografiche come “1960. In Lucania con Carlo Levi” del fotografo Carbone e “Viaggio in Lucania” di Henri Cartier-Bresson.
Altra opera che l’archeologo-poeta realizzò, fu il progetto di arte/poesia della scalinata di Via Seminario, “Le parole sono pietre” titolo che riprende un racconto di viaggio di Levi, in cui sino ad oggi sono stati coinvolti artisti internazionali che hanno interpretato le parole di poeti senza tempo: Saffo, Neruda, Tagore, Rilke, Lucrezio, Dante, per citarne alcuni.
La sua carriera è stata costellata di riconoscimenti, tra gli ultimi a settembre 2022, quando la malattia lo aveva già costretto a casa, fu insignito del “Premio Basileus”, ritirato dalla moglie Franca.
Oltre però allo scrivere di archeologia, Pagliuca ha diretto la sua penna pure alla sfera della scrittura e della poesia, ricevendo anche in quest’ambito, numerosi e prestigiosi premi nel panorama nazionale, apprezzatissimo in vernacolo. Tra i riconoscimenti ottenuti, ricordiamo quello in Capidoglio quando la Giuria del Premio letterario “Salva la tua lingua locale” lo decretò sul podio per la sezione Poesia edita in dialetto murese ‘Nummunàt’, “Nomea”. Pagliuca, appassionato di lettura e delle opere degli autori locali, tra i quali Sinisgalli e Scotellaro e segnato dall’evento sismico dell’80, fa emergere emotività e sensibilità interiori.