LA BASILICATA PERDE L’ARCHEOLOGO PAGLIUCA
I funerali a Muro Lucano dove si adoperò per il Museo Archeologico Nazionale e portò personalità dal mondo
La Chiesa Sant’Andrea Apostolo di Muro Lucano era gremita ieri mattina, per l’ultimo saluto a Salvatore Pagliuca, Archeologo, Scrittore e Poeta di Muro Lucano, fondatore e direttore del Museo Archeologico Nazionale di Muro, fiore all’occhiello del territorio.
La cerimonia funebre è stata l’abbraccio a lui e alla famiglia, da parte del popolo murese, degli amici venuti da fuori, degli estimatori, ma anche dei colleghi di lavoro. Il sole di agosto arroventava la piazza, lui che sotto il sole, ma pure sotto le intemperie, aveva lavorato ai “tesori della Basilicata”, conducendo studi e scavi archeologici di valore inestimabile, tra Muro Lucano, Baragiano, Grumento, solo per citarne alcuni.
«Penso che l’archeologia sia legata al mio fare con la terra –raccontò– La mia nonna materna era una contadina, credo che sia proprio questo aspetto fisico di rapporto delle mani con la terra, la ragione principale del mio interesse per l’archeologia».
Così nacque dunque quella sua passione che lo portò ad essere luminare del settore. Classe 1957, laureato con lode in Lettere Classiche con indirizzo Archeologico, la sua tesi di laurea titolava: “Studio di topografia antica nella valle del Marmo-Platano”, mentre la specializzazione fu su “Le necropoli arcaiche di Baragiano”. Negli anni ha coordinato attività didattiche con le scuole del territorio regionale e ha scritto numerosissimi articoli di settore e pubblicazioni scientifiche. Fu tra i fondatori del Gruppo Archeologico Lucano e conobbe Dinu Adameșteanu, padre dell’Archeologia in Basilicata. Fu Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Muro Lucano, Archeologo per conto della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Basilicata, Responsabile dell’area funzionale: Patrimonio archeologico e delle sedi di Melfi e Muro Lucano, dei territori del Marmo, del Melandro, dell’Alta Val d’Agri e del Sarmento. Archeologo Responsabile del Parco della città di Grumentum e dei relativi comprensori territoriali e membro di Commissione di valutazione del progetto di allestimento artistico del Castello Sanseverino di Grumento Nova.
Nel 1996 lavorò ad «una delle scoperte più sensazionali della Basilicata», che definì «un’isola felice per l’archeologia»: la Tomba n.35 di Baragiano, dove avviò una indagine archeologica che portò alla luce una tomba principesca della metà del VI sec. a.C. con il suo incredibile corredo e i resti mortali del Principe sepolto.
Fu anche Funzionario archeologo presso la Soprintendenza per i Beni Archeologici di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta.
Il suo adoperarsi però fu anche per la comunità Murese, quando nel post terremoto dell’80 coordinò la tendopoli allestita presso il campo sportivo, e successivamente in ambito culturale, quando fondò il Centro Culturale Franco-Italiano a Muro Lucano, paese che con Pagliuca divenne anche luogo d’incontro tra e con grandi artisti internazionali. Negli anni da Presidente furono pubblicate anche opere storico-letterarie ed organizzò diverse mostre fotografiche come “1960. In Lucania con Carlo Levi” del fotografo Carbone e “Viaggio in Lucania” di Henri Cartier-Bresson.
Altra opera che l’archeologo-poeta realizzò, fu il progetto di arte/poesia della scalinata di Via Seminario, “Le parole sono pietre” titolo che riprende un racconto di viaggio di Levi, in cui sino ad oggi sono stati coinvolti artisti internazionali che hanno interpretato le parole di poeti senza tempo: Saffo, Neruda, Tagore, Rilke, Lucrezio, Dante, per citarne alcuni.
La sua carriera è stata costellata di riconoscimenti, tra gli ultimi a settembre 2022, quando la malattia lo aveva già costretto a casa, fu insignito del “Premio Basileus”, proprio a Baragiano dove rinvenne il ricchissimo Corredo funebre.
Oltre però allo scrivere di archeologia, Pagliuca ha diretto la sua penna pure alla sfera della scrittura e della poesia, ricevendo anche in quest’ambito, numerosi e prestigiosi premi nel panorama nazionale, apprezzatissimo in vernacolo. «Negli anni Sessanta a casa, in una famiglia piccolo-borghese, c’era l’obbligo di parlare in italiano. Ma il dialetto mi ha affascinato per la sua povertà lessicale» ebbe a dire. Tra i riconoscimenti ottenuti, lo ricordiamo in Campidoglio quando la Giuria del Premio letterario “Salva la tua lingua locale” lo decretò sul podio per la sezione Poesia edita in dialetto murese ‘Nummunàt’, “Nomea”.
Dal Pulpitum della Chiesa murese si sono levate le parole più intime dei suoi familiari, ma anche di chi lo ha conosciuto sul “campo” dell’Archeologia. Il Sindaco Giovanni Setaro a latere della cerimonia ha asserito: «Con la dipartita di Salvatore Pagliuca, l’intera Basilicata perde un punto di riferimento culturale. Fondatore del Museo, a lui si devono importanti scoperte archeologiche e prestigiosi progetti. Nonostante gli orientamenti politici diversi, tra noi era nata grande stima che ci ha visti collaborare in questi anni e combattere battaglie comuni, come quella contro l’eolico selvaggio e la tutela del paesaggio. Archeologo, poeta, Uomo estremamente intelligente e tenace, tanto da aver lasciato un segno indelebile nel mio percorso di vita ed inevitabilmente nella storia dell’intera comunità murese, oltre che lucana».