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IACOPO MELIO “LE OLIMPIADI SONO ANCHE UN PALCO POLITICO, PER FORTUNA”

Per fortuna c’è chi lo ha capito, peccato solo che a farlo sia sempre chi ha toccato direttamente la sofferenza e il terrore, e mai chi, da persona fortunata nata nella parte “giusta” del mondo, potrebbe avere il tempo, la serenità e le risorse per comprendere, e magari agire concretamente, per un bene collettivo.

È GIUSTO INFORMARE

BUONA LETTURA DI RIFLESSIONE CONDIVISA CON IACOPO MELIO 

“LE OLIMPIADI SONO ANCHE UN PALCO POLITICO, PER FORTUNA”

“Hanno politicizzato pure le Olimpiadi! Basta, ridateci lo sport!”

È la sintesi di buona parte delle critiche riguardanti le Olimpiadi di Parigi 2024, ma la verità è che chi vorrebbe politicamente oscurare certe occasioni non lo fa perché a muovere è uno spirito di candida purezza e ingenua semplicità, bensì per mettere a tacere ideali che non condivide e che vorrebbe fossero censurati.

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🔹Le Olimpiadi sono anche un palco politico, per fortuna

Chi vorrebbe politicamente oscurare certe occasioni non lo fa perché a muovere è uno spirito di candida purezza ma per mettere a tacere ideali che non condivide e che vorrebbe fossero censurati.

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AGO 13, 2024

“Hanno politicizzato pure le Olimpiadi! Basta, ridateci lo sport!”

È la sintesi di buona parte delle critiche riguardanti le Olimpiadi di Parigi 2024, probabilmente provenienti da persone che la TV nemmeno l’hanno accesa in queste settimane (neanche gratuitamente sui due canali pubblici Rai2 e Rai Sport che hanno trasmesso una parte delle gare) per dire che lo sport non sia stato il vero protagonista.

Questa nènia ricorda tanto quella che ciclicamente viene rivolta a cantanti:

“Pensassero a suonare e a cantare, non a fare politica!”

Come se essere artist* non significhi anche avere una responsabilità sociale, come se l’arte stessa non sia già di per sé un veicolo per trasmettere messaggi anche, o soprattutto, “impegnati”.

E così chiunque ha una visibilità superiore rispetto alla media dovrebbe sentire il peso morale e civile di sfruttarla per veicolare idee e valori positivi, per attivare cambiamenti nella testa delle persone. Essere visibili, avere un megafono, poter condividere non solo la propria voce ma anche quella di altre e di altri, è un privilegio che non possiamo sprecare a prescindere dal contesto in cui ci troviamo.

Ciò che trovo assurdo è che ci siano persone adulte, e quindi votanti alle elezioni, che ancora non hanno capito che “tutto è politica” e che ognuna e ognuno di noi “fa politica” in ogni scelta: in base a dove andiamo a fare shopping e a cosa acquistiamo, a quale lavoro scegliamo di fare e in che modo lo svolgiamo, a dove vogliamo andare a fare le vacanze, perfino la scelta della scuola per figlie e figli è una decisione politica che ha a che fare con la politica, e così via.

Chi vorrebbe politicamente oscurare certe occasioni non lo fa perché a muovere è uno spirito di candida purezza e ingenua semplicità, bensì per mettere a tacere ideali che non condivide e che vorrebbe fossero censurati.Stranamente, infatti, nessun* si lamenta quando si parla dei diritti dei nostri amici animali o di persone con disabilità (non mi fraintendete, chi mi segue sa quanto mi occupi di certi temi dentro e fuori le Istituzioni, perciò non sto sminuendo la loro importanza che riconosco ogni giorno, ma sto semplicemente facendo notare quanto questi nello specifico mettano – per fortuna – d’accordo quasi tutte e tutti perché non sono scomodi e fanno leva su pietismo e compassione), ma guai a toccare i diritti sociali e civili, specie se apparentemente (per gli ignoranti) sconfinano oltre il nostro “orticello”.

Ha fatto bene quindi Kimia Yousofi, atleta afghana classe 1996, che ha mandato un monito ai talebani (e al mondo intero) per rivendicare tutele e diritti per tutte le donne del suo Paese: dalla pista più importante del mondo, dopo essere arrivata ultima nella gara dei 100 metri piani (a due secondi di distanza dalla vincitrice della sua batteria), ha mostrato il retro del suo pettorale per svelare la scritta “Education” (istruzione) in alto e scritto con un pennarello nero, “Sport” in verde e sotto, e in fondo in rosso “Our Rights” (i nostri diritti), nei colori appunto della bandiera dell’Afghanistan. Un emozionante modo per chiedere che alle bambine, alle ragazze e alle donne del suo Paese siano riconosciuti i diritti fondamentali.


Ai giornalisti presenti allo Stadio ha detto:

«Ho un messaggio per le ragazze afghane. Non arrendetevi, non lasciate che gli altri decidano per voi. Cercate le opportunità e sfruttatele. La possibilità di decidere della propria vita è stata tolta loro negli ultimi due anni. Stiamo combattendo per questo. Le nostre donne vogliono i diritti di base, l’istruzione e lo sport»

{FOTO: Le atlete afghane sulla pista di Parigi rivendicano i loro diritti umani}

Allo stesso modo Wasim Abusal, pugile palestinese dei pesi piuma, dopo aver perso il suo incontro, sempre alle Olimpiadi di Parigi, ha gridato: “Libertà per la Palestina!”, così il suo avversario svedese Nebil Ibrahim gli ha preso la mano e gliel’ha alzata in segno di sostegno.

Abusal è stato il primo pugile palestinese a presenziare ai Giochi, nonché il portabandiera: già durante la cerimonia inaugurale, infatti, ci ha tenuto a lanciare un forte messaggio sfilando con una camicia bianca con ricamati dei jet che sganciano delle bombe su un gruppo di bambini che giocano a calcio.

A LaPresse ha spiegato:

«Questa camicia rappresenta l’immagine attuale della Palestina. Portare la bandiera palestinese alle Olimpiadi di Parigi 2024 è stato un onore oltre ogni dire. Questa camicia è stata disegnata dalla talentuosa Mai Salameh e simboleggia le immense difficoltà affrontate dai bambini della Palestina a causa dell’occupazione e rappresenta un tributo allo spirito di resistenza dei bambini di Gaza. Il mio viaggio da queste lotte fino a diventare il primo pugile a rappresentare la Palestina alle Olimpiadi è una testimonianza del potere della speranza e della determinazione. Questo momento è per tutti i bambini che sono tornati a casa: possa ispirarvi a sognare in grande e a lottare per i vostri sogni»

Dunque, non chiuderò con la banale retorica del “sono loro i veri vincitori”. Sarebbe ipocrita e comunque sminuirebbe chi, tra sacrifici e talento, sul podio ci è salita o salito davvero.

Ma il punto è che loro, e non solo loro, sono la dimostrazione di come avere voce e riflettori conferisca una responsabilità che non può essere sprecata, soprattutto se vogliamo stare dalla parte giusta dell’umanità, quella che non si volta e ignora. Tutto il resto sono scuse.

Perciò concludo con le parole della nuotatrice Valerie Tarazi, nata e cresciuta negli Stati Uniti ma che in queste Olimpiadi ha rappresentato la Palestina in quanto Paese di origine dei suoi genitori:  

«Mentre io nuoto per prepararmi per le Olimpiadi di Parigi, guardo le notizie e vedo persone nuotare per ricevere pacchi dal mare. Non siamo qui per competere per noi stessi, questa partecipazione ai Giochi è molto più grande di noi»

Per fortuna c’è chi lo ha capito, peccato solo che a farlo sia sempre chi ha toccato direttamente la sofferenza e il terrore, e mai chi, da persona fortunata nata nella parte “giusta” del mondo, potrebbe avere il tempo, la serenità e le risorse per comprendere, e magari agire concretamente, per un bene collettivo.

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#sapevatelo2024 

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