POTENZA, È TEMPO DI ROMPERE GLI SCHEMI
Sedie a sdraio in piazza Prefettura: un’idea innovativa per animare il centro storico. L’iniziativa ha un forte valore simbolico. La rottura degli spazi urbani è la cucitura degli spazi umani
Potenza è una città difficile. Ma non per- ché “qualunque cosa fai c’è qualcuno che ha da ridire”. Questo è fin troppo banale, scontato, ca- pita ovunque. Potenza è difficile perché è una “città senza”, transitoria, sprovvista sempre di qualche tassello per essere finita e definita. Quello che manca nessuno lo sa, con precisione. Davanti a questa incertezza il decisore pubblico ha due possibilità: lasciare che quel vuoto resti vuoto concentrandosi a rafforzare l’ordinario, o provare a dare forma a idee disomogenee perché lo spazio c’è e non aspetta altro che riempirsi di caos. Il sindaco Vincenzo Telesca, neo sindaco di Potenza, ha fatto questo a mio avviso, con l’idea delle sedie a sdraio in piazza Prefettura in pieno agosto. Immagino avesse messo in conto le reazioni del Giustierato di Basilicata (è un omaggio a Mario Pagano, nessun attacco a nessuno) ma non l’insopportabile atto di vandalismo su cui è utile fare chiarezza al più presto per capire come sta cambiando la città e orientare politiche sociali per non lasciare solo azioni repressive nelle mani di polizia e carabinieri. Ma torniamo alle sedie. L’idea di Telesca è una bella idea, europea, moderna, for- temente simbolica e anche utile. L’ironia con la quale qualcuno l’ha accolta o addirittura l’indignazione perché si profana- va il salotto buono della città meritano di essere legittimamente ascoltate se chi le ha espresse è disposto, reciprocamente, ad ascoltare. Ad Amsterdam o a Londra nessuno avrebbe avuto da ridire. La scelta di mettere delle comode sedie al centro della città è un messaggio chiaro, (non saprei quanto voluto dal primo cittadino), restituisce l’immagine di un luogo in cui sentirsi a proprio agio, anche un po’ disordinatamente, perché le relazioni umane ed urbane sono così e non esistono salotti buoni da tenere chiusi co- me era nelle case dei nostri genitori, i figli del boom degli anni Sessanta, in attesa dell’arrivo dell’ospite di riguardo. No. Il sa- lotto buono è innanzitutto dei potentini, la città è di chi la abita, di chi cerca incontri, parole, compagnia non organizzata, co- me in un grande vicinato che ormai non esiste più, sepolto dalle solitudini dei nostri condomini, parchi con villette a schiera, centri residenziali, vecchi cortili divisi in geometriche particelle catastali e posti auto assegnati. La rottura degli spazi urbani è la cucitura degli spazi umani. Perciò è interessante l’idea di Telesca ed è bello che abbia pensato a questo, tra le prime azioni. Senza considerare poi un altro aspetto che invece può diventare una scelta strategica della politica cittadina sulla quale pure in passato si è iniziato a ragionare ma che ora può maturare davvero. Potenza è una città di montagna, ripeterlo, chiarirlo e definirlo può essere finalmente la soluzione a quel “vuoto”, a quel “senza” di cui parlavamo all’inizio. Il cambiamento climatico condizionerà abitudini e scelte abitative. Sta già succedendo, succederà sempre di più. Da questo punto di vista Potenza ha più possibilità di una Catania (ma anche di Matera) per giocare un ruolo e attrezzarsi per la spinta al cambiamento. Ne farei, anzi, un punto centrale, qualificante della politica cittadina, su cui elaborare proposte innovative. Bisogna rompere vecchi schemi e mettersi in gioco tutti insieme. Perciò ben vengano le sedie a sdraio, anche sotto la pioggia. Non demorda, sindaco, perché a insistere le cose rischiano di venire bene.
Di Lucia Serino