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ENNESIMA SCONFITTA GIUDIZIARIA PER ROBERTA BRUZZONE : ASSOLTI DEFINITIVAMENTE I GIORNALISTI DEL “SECOLO XIX” PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE

Roberta Bruzzone è imputata a Roma per diffamazione aggravata e reiterata in concorso con suo marito Massimo Marino (dirigente di polizia di Stato), con la sua avvocata Serena Antonella Gasperini e con lo psicologo Antonio Bardini, per avere leso l’onore ed il decoro della criminologa cagliaritana Elisabetta Sionis

È GIUSTO INFORMARE 

Ennesima sconfitta giudiziaria per Roberta Bruzzone: assolti definitivamente i giornalisti del Secolo XIX, perché il fatto non sussiste 

ENNESIMA SCONFITTA GIUDIZIARIA PER ROBERTA BRUZZONE : ASSOLTI DEFINITIVAMENTE I GIORNALISTI DEL “SECOLO XIX” PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE 

L’articolo riporta fatti di interesse per la collettività, tuttavia chiunque ritenesse di richiedere rettifiche, effettuare smentite o esercitare il proprio diritto di critica e cronaca può rivolgersi alla nostra Redazione

Roberta Bruzzone è nota per avere querelato una miriade di persone, molte delle quali professionisti afferenti al mondo giudiziario (tra gli assolti ricordiamo ad esempio: il Generale Luciano Garofano del Ris, l’Avvocato Claudio Salvagni difensore storico di Massimo Bossetti, l’ex compagno di Bruzzone, il funzionario di polizia Marco Strano destinatario di una inverosimile mole di querele); soggetti del mondo della politica (ad esempio la assolta Letizia Giorgianni, deputata di Fratelli D’Italia) del mondo dell’informazione e dello spettacolo (tra gli assolti citiamo: Gianluigi Nuzzi, Ilaria Cavo, Siria Magri, Alessandro Meluzzi, Gian Marco Chiocci- attuale direttore del Tg 1 Rai, Franco Elisei- presidente dell’Ordine dei giornalisti delle Marche, Virginia Raffaele per la quale poi ritirò la querela su indicazione del suo ex mentore Bruno Vespa); nonché alcuni familiari di giovani deceduti in tragiche circostanze, molti dei quali suoi ex clienti (Santina Biondo, madre di Mario Biondo, contro Salvatore Trovato Mazza, padre della defunta Sissy Trovato Mazza, contro Teresa Giglio, madre di Tiziana Cantone, assolta di recente per totale infondatezza delle accuse mossele dalla sua ex consulente Bruzzone, contro Claudia Arcuri – zia della povera Maria Sestina Arcuri vittima di Andrea Landolfi assistito da Bruzzone, contro Giuseppina Campioni, madre del defunto Matteo Iozzi e verso la quale sembrerebbe aver recentemente ritirato la querela)


LA PALADINA DELLA LOTTA CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE IMPUTATA E, AL CONTEMPO, TESTIMONE A FAVORE DI UN PREGIUDICATO RECIDIVO ED IMPUTATO PER STALKING

Roberta Bruzzone è imputata a Roma per diffamazione aggravata e reiterata in concorso con suo marito Massimo Marino (dirigente di polizia di Stato), con la sua avvocata Serena Antonella Gasperini e con lo psicologo Antonio Bardini, per avere leso l’onore ed il decoro della criminologa cagliaritana Elisabetta Sionis.

Il processo sarà celebrato a Roma il 7 ottobre prossimo venturo


Bruzzone, inoltre, insieme alla sua avvocata Serena Antonella Gasperini e ai loro collaboratori Giovanni Langella e Demma Monica sono stati indicati come testimoni a favore del pregiudicato per stalking Lucio Carmelo Lipari, attualmente imputato a Cagliari per atti persecutori permanenti e aggravati dalla recidiva specifica e infraquinquennale, ai danni della criminologa sarda Elisabetta Sionis e della di lei figlia minorenne

Dottoressa Elisabetta Sionis

L’udienza sarà celebrata il 26 settembre prossimo venturo presso il Tribunale di Cagliari ed il Giudice Gianluigi Dettori ha disposto che i summenzionati testimoni vengano esaminati con le garanzie di legge previste dall’articolo 210 del codice di procedura penale, ossia che debbano essere assistiti da un difensore e possano anche avvalersi della facoltà di non rispondere essendo essi stessi imputati e/o indagati in procedimenti connessi in cui sono persone offese le parti civili, rappresentate dagli Avvocati del Foro di Cagliari, Stefano Marcialis ed Aldo Luchi

Secondo un comunicato stampa effettuato il 24 febbraio 2024 dai difensori di Franco e Marco Mottola, assolti definitivamente (insieme agli altri coimputati) dall’accusa di omicidio di Serena Mollicone, Roberta Bruzzone è stata denunciata nel 2023 presso la Procura di Perugia da questi ultimi per i reati di falsa testimonianza, calunnia e diffamazione

L’assoluzione dei giornalisti del Secolo XIX
“Pertanto per quanto precede in riforma della sentenza emessa in data 4.12.2018 dal Tribunale di Genova, appellata da CETARA Graziani e LA ROCCA Umberto devonsi assolvere gli imputati dal reato loro ascritto perché il fatto non sussiste.”

In data 28 settembre 2023, con sentenza n- 2703, la terza sezione penale della Corte d’Appello di Genova ha assolto con formula piena i giornalisti del Secolo XIX dal reato di diffamazione aggravata dal mezzo stampa ai danni di Roberta Bruzzone, perché il fatto non sussiste. La sentenza è definitiva dato che la querelante non è ricorsa in Cassazione accettando quanto stabilito dalla Corte d’Appello di Genova.
I due professionisti erano stati querelati per aver divulgato alcuni contenuti che circolavano nel Web e nel mondo della criminologia e della informazione relativamente alla dubbia genuinità ed autenticità dei titoli di studio di Roberta Bruzzone, ossia riguardo a una querelle mai sopita da parte di molti, come ammesso dalla stessa querelante, la quale, secondo quanto emerso dal processo, non avrebbe mai conseguito la specializzazione in “bloodstein pattern evidence” a New York.(cfr pagina 1 Sentenza).

La sentenza è stata depositata in data 27 novembre 2023 ed è stata pubblicata dall’Osservatore d’Italia il 26 gennaio 2024 su esplicita richiesta di rettifica ed aggiornamento di quanto riportato in merito ad un loro articolo del 2019. 
Nessuna testata ha osato rilanciare la notizia relativa alla definitiva assoluzione dei due giornalisti Cetara Graziano e La Rocca Umberto e alla ennesima sconfitta giudiziaria di Roberta Bruzzone: cui prodest?

Estratto dall’Osservatore d’Italia: “IN DATA 26 GENNAIO 2024 L’AVV. MARIA PAOLA FERRARI DELLO STUDIO LEGALE LICONTI GALLIANO VILLA E ASSOCIATI HA INVIATO UNA PEC A QUESTO QUOTIDIANO PER INFORMARE RIGUARDO L’ESITO FINALE DELLA VICENDA GIUDIZIARIA, VALE
A DIRE DELL’AVVENUTA ASSOLUZIONE DEL DOTT. CETARA E DEL DIRETTORE DE “IL SECOLO XIX” DOTT. LA ROCCA DALLE IMPUTAZIONI
LORO ASCRITTE, INTERVENUTA CON LA SENTENZA DELLA CORTE D’APPELLO PENALE DI GENOVA N. 2703 DEL 28/9/2023, PASSATA IN GIUDICATO E
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IN DATA 27 NOVEMBRE 2023”

CHE RENDIAMO DISPONIBILE QUI DI SEGUITO ed in cui alle pagine 10, 13 e 14 la Corte D’Appello riporta:

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“in realtà nel dibattimento si è accertato che i sindacati di polizia volevano effettivamente assumere iniziative anche pubbliche per tutelare l’onorabilità della categoria, messa a repentaglio dalle dichiarazioni della Bruzzone che durante varie trasmissioni aveva criticato l’operato dei reparti scientifici di Polizia e Carabinieri, per cui la cd “la guerra tra criminologi” era vera ed effettiva, e la notizia pubblicata nell’articolo per cui si procede era da ritenersi vera nel suo nucleo essenziale, né sussisteva l’elemento soggettivo del dolo di diffamazione in capo all’imputato (…) in data 12.1.2011 l’imputato aveva indirizzato una mail ai firmatari della lettera chiedendo loro-
premesso di aver pubblicato giorni prima un articolo dando notizia della lettera “dopo averne verificato fin dove possibile l’esistenza”- una conferma o meno dei contenuti ivi espressi visto che la Bruzzone gli aveva riferito di aver ricevuto delle secche smentite: in proposito si vedano, tra le produzioni della difesa dell’imputato, mail di Massimo Zito presidente ICAA che conferma della sottoscrizione della missiva, mail di Cinzia Gemelli psicologa clinica e forense secondo cui ” nessuna smentita, anzi ho già inviato un esposto all’Ordine nazionale degli psicologi della Liguria chiedendo di verificare i titoli e i curricula incriminati e le diffide provenienti da tutte le organizzazioni nelle quali la Bruzzone dice di aver acquisito specializzazioni e diplomi”, e altre conferme di Cesira Gimelli, Roberta Sibaud, Bernardo Ferro, Flora Caruso.

Anche da parte del prof. Bruno nonostante la formale “richiesta di pubblicazione di rettifica” non è intervenuta alcuna netta presa di distanza o tanto meno smentita perché il criminologo ha ribadito la sua posizione durante un colloquio telefonico con l’imputato dopo che la redazione del Secolo XIX aveva ricevuto la richiesta di rettifica da parte del legale del Bruno avv. Lepri e in tale intervista ha dichiarato

“in Italia in troppi si danno titoli che non hanno, i titoli della psicologa in questione mi paiono un po’ raccogliticci”

A tal proposito, rammentiamo che Bruzzone si sia trasferita dall’Ordine degli psicologi della Liguria a quello delle Marche da giugno 2023: come mai?

🔹ORIGINALE

 

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
LA CORTE DI APPELLO DI GENOVA
Terza Sezione Penale

Composta da:

Dott. Vincenzo Papillo Presidente
Dott. Vittore Ferraro Consigliere
Dott. Simonetta Boccaccio Consigliere rel.

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

Nel procedimento penale

CONTRO

CETARA Graziano, nato a Genova il 28.10.1972, elettivamente domiciliato presso la segreteria di redazione del quotidiano “IL SECOLO XIX”‘, sita in Genova, Piazza Piccapietra nr. 21 e difeso, di fiducia, dall’Avv. Cesare Manzitti del Foro di Genova
Posizione giuridica: libero

LA ROCCA Umberto, nato a Roma l’11.01.1959
Elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore e difeso, di fiducia, dall’Avv. Cesare Manzitti del Foro di Genova
Posizione giuridica: libero

CON LA COSTITUZIONE DELLA PARTE CIVILE:

BRUZZONE Roberta, nata a Finale Ligure (SV), il 01/07/1973, rappresentata e difesa dall’Avv. Maria Cristina Ciace del Foro di Perugia ed ivi legalmente domiciliata

IMPUTATI
Cetara Graziano:
1) per il reato p. e p. dall’art. 595 co. 1-2-3 c.p. perché, nel contesto di un articolo intitolato
“Criminologi in guerra: «Via la Bruzzone dalle trasmissioni Rai»”, da lui firmato e pubblicato sul giornale “Il Secolo XIX” del 29.10.2011, offendeva la reputazione della criminologa Bruzzone Roberta: in particolare, parlando dei titoli vantati dalla Bruzzone nel curriculum vitae, riferiva quanto segue: “Come andò al primo corso introduttivo frequentato a New York nel centro Bloodste in evidence institute, fondato dal numero uno al mondo in fatto di indagini sulla scena del crimine, Herbert Leon McDonnel, lo rivela una mail «maliziosa» che sta circolando nel mondo della criminologia italiana: «la dottoressa fu beccata a copiare e quindi bocciata con tanto di diffida a fregiarsi del prestigioso credito»”, pur essendo possibile desumere dal curriculum vitae della p.o. come la stessa non avesse mai frequentato tale corso, ed omettendo, quindi, di verificare la veridicità del fatto riportato; ancora, riferiva dell’esistenza di una lettera aperta indirizzata a Bruno Vespa ed asseritamente sottoscritta da diversi esponenti della Polizia di Stato e della Criminologia forense, tesa a mettere in dubbio i titoli vantati dalla Bruzzone: “L’unico dato certo è che è in circolo da qualche giorno una lettera aperta con la quale alcune sigle sindacali della Polizia di Stato e noti esponenti della criminologia forense mettono in dubbio le credenziali e gli stessi titoli … Le firme in calce alla missiva diretta a Vespa sono 13: tra le altre, la Società Italiana di Criminologia, il Sindacato delle Guardie Forestali, l’Associazione Italiana di Grafologia Scientifica, il Centro Studi Scienze Criminologiche Forensi, l’Associazione donne per la Sicurezza Onlus, gli investigatori Privati italiani associati, International Crime Analysis Association, l’Associazione Internazionale per applicazione delle scienze Umane. C’è anche un noto criminologo come Francesco Bruno. E Bruno sottoscrive anche telefonicamente”
omettendo di indicare che otto dei tredici sottoscrittori avevano comunicato di non aver nulla a che fare con la suddetta missiva, nonché omettendo di provvedere a rettificare la portata delle dichiarazioni rese dal Prof. Bruno a fronte della sua smentita; con le aggravanti di aver commesso il fatto con il mezzo della stampa e mediante attribuzione di fatti determinati;

in Genova, 29.10.2011
La Rocca Umberto
2) per il reato p. e p. dall’art. 57 c.p. perché, nella sua qualità di direttore responsabile del quotidiano “Il Secolo XIX”, ometteva di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione – segnatamente attraverso la pubblicazione dell’articolo sopra menzionato, a firma del giornalista Cetara Graziano – fossero
commessi reati;

in Genova, 29.10.2011
APPELLANTI gli imputati
avverso la sentenza 4616/2018 pronunciata dal Tribunale di Genova che, in data 04.12.2018, cosi disponeva:
“Visti gli artt. 62 bis, 69 cp 533, 535 c.p.p.

DICHIARA
Cetara Graziano, La Rocca Umberto colpevoli del reato a ciascuno ascritto e, concesse le attenuanti generiche equivalenti all’ aggravante contestata,

CONDANNA
il Cetara alla pena di euro 600 di multa ed il La Rocca alla pena di euro 400 di multa, nonché al pagamento delle spese processuali.
Visto l’art. 163 cp
ORDINA
che le pene comminate restino condizionalmente sospese.
Visto l’art. 538 cpp
CONDANNA
gli imputati in solido al risarcimento dei danni cagionati alla parte civile, per la cui corretta quantificazione si rimettono le parti davanti al competente giudice civile
Visto l’art. 9 legge 47 del 1948
ORDINA
che copia della sentenza sia pubblicata per estratto una volta su Il Secolo XIX con spese a carico del direttore responsabile.

Visto l’art. 541 cpp
CONDANNA
Gli imputati alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla parte civile nel presente procedimento che liquida in complessivi euro 2500 per onorari, oltre accessori di legge.”
Sulla relazione del dott. Boccaccio

Il giudizio di primo grado
Con sentenza emessa in data 4.12.2018 dal Tribunale di Genova veniva ritenuta riscontrata l’ipotesi accusatoria all’esito di giudizio ordinario e la vicenda era così ricostruita:
-l’imputato è stato tratto a giudizio per rispondere del reato di cui all’art. 595 cp perché nel contesto di un articolo da lui firmato e pubblicato sul
SECOLO XIX il 29.10.2011 offendeva la reputazione della criminologa Roberta Bruzzone, in quanto riferiva che in una mail che stava circolando nell’ambiente dei criminologi si diceva che la stessa durante la frequentazione del corso del centro BLOODSTEIN in New York, era stata sorpresa a copiare, per cui era stata bocciata con diffida ad avvalersi del prestigioso credito, e ciò il giornalista aveva fatto pur essendo possibile verificare, desumendolo dal c. v. della Bruzzone, che non aveva mai frequentato tale corso, omettendo quindi di verificare la veridicità del fatto riportato, e riferiva anche di una lettera aperta a Bruno Vespa anch’essa in circolazione da alcuni giorni, con la quale alcune sigle sindacali e della Polizia di Stato e noti esponenti della criminologia forense mettevano in dubbio le credenziali e i titoli della Bruzzone, omettendo di indicare che 8 dei 13 sottoscrittori avevano comunicato di non aver nulla a che fare con tale missiva, e omettendo di rettificare la portata delle dichiarazioni rese dal criminologo Bruno a fronte della sua smentita, con l’aggravante di aver commesso il fatto a mezzo stampa e con attribuzione di fatti determinati (in atti l’articolo).
Ai fini del decidere appare opportuno ripercorrere sinteticamente le deposizioni dei testi sentiti al dibattimento di primo grado in primis la persona offesa e parte civile costituita Bruzzone Roberta la quale ha riferito:
– l’articolo pubblicato dall’imputato era pieno di fandonie riguardo alla presunta mail circolante in Internet sulla falsità dei suoi titoli, che lei invece possedeva ed erano stati ampiamente verificati, mentre riguardo alla lettera aperta a Bruno Vespa, riportata nell’articolo, con 13 firmatari tra cui veniva dato per certo nell’articolo esservi sindacati di Polizia e la Società italiana di criminologia, nel pezzo era stato omesso di indicare che ben 8 soggetti tra i presunti firmatari ne avevano poi preso le distanze formalmente, ovvero l’avevano contattata per dirle che non aderivamo al contenuto della missiva;
– infatti, quando il 28 ottobre 2011, mentre ancora la persona offesa stava effettuando delle verifiche informali per capire la situazione dopo aver appreso dell’esistenza e circolazione della lettera, Cetara l’aveva contattata parlandole di ciò e informandola che intendeva scrivere un articolo sulla vicenda, avendo la stessa già verificato che il Sindacato Consap e in particolare il segretario generale Giorgio Innocenzi non ne sapevano nulla, gli aveva riferito tali circostanze precisandogli che si trattava di un’iniziativa assunta da Strano Marco poliziotto con funzioni di dirigente Consap e suo ex fidanzato con cui aveva in corso un contenzioso giudiziario, invitando il giornalista a effettuare verifiche dirette presso i soggetti firmatari della lettera, avvertendolo che si trattava di un’iniziativa ignobile con la quale si stava cercando di estrometterla dalla partecipazione alla trasmissione televisiva “Porta a Porta”, ma l’imputato non aveva mai chiamato Innocenzi né effettuato le dovute verifiche, infatti il giorno dopo era uscito l’articolo per cui è processo, gravemente diffamatorio nei confronti della persona offesa, la quale effettuando altre verifiche aveva acquisito da alcuni firmatari degli scritti con cui gli interessati prendevano le distanze da tale lettera, scritti che aveva allegato alla querela:
– aveva poi presentato al giornale una richiesta di rettifica che però non era mai stata pubblicata; tra i firmatari della lettera c’era il criminologo prof. Bruno Francesco il quale aveva inviato al giornale una diffida chiedendo una smentita perché non aveva mai avallato l’iniziativa, ma anche essa non era mai apparsa sul giornale, del resto nella lettera aperta a Vespa vi erano i nomi dei firmatari scritti al computer ma non le firme;
– nella notte tra il 28 e il 29 ottobre, ovvero poche ore prima della pubblicazione dell’articolo, era stata chiamata da una collaboratrice di Bruno Vespa (di cui Cetara aveva riportato uno stralcio di intervista nell’articolo) la quale le chiedeva di poter controllare i suoi titoli, perché era arrivata a Vespa la lettera aperta in questione; la Bruzzone li aveva subito inviati, poi aveva chiesto più volte a Cetara di pubblicare una rettifica ma il giornalista non lo aveva mai fatto;
– -la persona offesa ha aggiunto di aver subito un enorme danno di immagine dalla vicenda, in quanto molti suoi interlocutori professionali le avevano chiesto conto dell’accaduto e ancora attualmente a distanza di anni sui “social” veniva interpellata in merito.
– Nel corso del dibattimento sono stati sentiti come testi Strano Marco, Bagorda Andrea, Zito Massimo, Innocenzi Giorgio, nonchè l’imputato Cetara: Innocenzi ha precisato di aver conosciuto la persona offesa solo dopo il fatto, di non aver parlato con Cetara prima della pubblicazione, di non aver conosciuto il contenuto della lettera a Bruno Vespa; l’imputato ha dichiarato di aver ricevuto da fonte confidenziale autorevole e attendibile, prima con una telefonata e poi via mail, notizia della lettera che circolava, gliene era stata inviata una copia, l’aveva letta, aveva effettuato verifiche, iniziando a sentire i firmatari, in particolare il Bruno gli aveva ripetuto le stesse parole confermando le sue perplessità sui titoli della Bruzzone, e in generale sulla criminologia italiana, affermando “in Italia in troppi si danno titoli che non hanno, per definirsi criminologi occorre seguire un lungo corso di laurea”, in seguito nel dicembre 2011 aveva ricevuto dal legale del Bruno una richiesta di smentita, ma poiché il contenuto era esorbitante rispetto a quanto doveva essere rettificato, aveva contattato il Bruno spiegandogli che la lettera era troppo lunga, dicendosi disponibile a una pubblicazione in versione ridotta ma alla sua richiesta non vi era stato alcun seguito;
– quanto alla lettera riportata nell’articolo, poiché parlandone con la Bruzzone la stessa aveva avuto una reazione stizzita chiedendogli di non scrivere nulla “perché era tutta una bufala”, nell’articolo aveva cercato di valorizzare la confutazione, da parte dell’interessata, del contenuto della lettera, riportando in particolare la sua precisazione “sono insinuazioni e falsità, i miei titoli sino veri e la mia esperienza provata, la lettera è frutto della volontà persecutoria del mio ex fidanzato che ho denunciato per stalking”, con ciò la persona offesa intendeva riferirsi a Strano Marco dirigente del Sindacato di Polizia Consap che tuttavia da lui sentito aveva dichiarato di non aver firmato la lettera per ragioni di opportunità;
– quanto a Vespa, lo aveva cercato il 28 ottobre appena avuta la notizia della lettera, lo stesso aveva rilasciato un commento, riportato nell’articolo, nettamente a favore della Bruzzone, e lo aveva inserito nel pezzo perché una voce favorevole ne avrebbe equilibrato il contenuto;
– in seguito la Bruzzone gli aveva chiesto una rettifica ma il testo era troppo esteso per cui le aveva chiesto se potesse abbreviarlo ma non gli era mai stato risposto; del resto l’articolo pubblicato era oggettivo e poneva solo un quesito sulla verità o falsità della notizia della lettera che riguardava la Bruzzone e quindi aveva un interesse pubblico.
– Il Giudice riteneva che, pur adottando le cautele della forma dubitativa e dando voce sia a Bruzzone che a Vespa, era comunque emersa tramite l’articolo dell’imputato una notizia grandemente lesiva della professionalità della stessa, trattandosi nell’articolo di una lettera aperta indirizzata a Vespa, con cui diversi firmatari, soggetti dell’ambiente della criminologia italiana, manifestavano dubbi sulle reali esperienze professionali della Bruzzone, il che faceva ritenere al lettore che la fonte della notizia fossero proprio tali soggetti, peraltro esperti della materia; l’imputato, ad avviso del Giudicante, avrebbe dovuto verificare, insieme al direttore del giornale e prima della pubblicazione, la corrispondenza al vero dell’attribuibilità di tale presa di posizione di tutti coloro che venivano indicati come coautori della lettera, ma ciò non era stato fatto, forse perché tale controllo avrebbe ritardato l’uscita dell’articolo, quando invece avrebbe garantito la correttezza del lavoro del giornalista e del giornale; a causa di tale omissione era accaduto che diversi soggetti avessero in seguito preso le distanze dal documento estraniandosi dal ruolo di fonte mentre altri si erano assunti la paternità di quanto riportato, ma tutto ciò era accaduto dopo la pubblicazione dell’articolo, e al momento dell’uscita del pezzo il giornale non aveva la certezza di quali fossero esattamente i sottoscrittori di quel testo e coloro che se ne erano chiamati fuori; inoltre, poiché la Bruzzone ha dichiarato che il titolo a cui il fatto si riferisce non era mai stato indicato nel suo curriculum, più importante che contattare Vespa destinatario della lettera sarebbe stato cercare la conferma delle fonti, e della verità di quanto loro attribuito, quindi sentire ad esempio Innocenzi, di cui la persona offesa aveva fornito all’imputato il recapito telefonico, e ciò perchè il giornalista ha il dovere di ricerca completa delle fonti, ne consegue che il diritto di cronaca nel caso specifico era stato esercitato senza le dovute cautele; il Giudice peraltro concedeva agli imputati le attenuanti generiche per l’incensuratezza e valutata la concreta situazione in cui avevano agito, attenuanti da valutarsi con giudizio di equivalenza rispetto all’aggravante, e condannava alla pena di € 600 di multa Cetara e a € 400 di multa per La Rocca, con pena sospesa e risarcimento del danno rimettendo le parti davanti al Giudice civile.

Avverso tale sentenza proponevano appello gli imputati deducendo i seguenti Motivi
1) la prima contestazione riguarda i titoli vantati dalla Bruzzone nel suo curriculum vitae, ma nell’articolo il contenuto della lettera aperta è correttamente riferito, e l’imputato non ha mai scritto che nel curriculum della criminologa fosse inserita la frequentazione del corso negli USA citato nella mail che circolava in Internet, corso nel quale avrebbe tenuto, secondo tale mail, una condotta che le era costata l’espulsione:
l’omessa verifica di veridicità di un fatto lesivo della reputazione riportato in un articolo, infatti, può condurre a condanna solo se quel fatto risulta falso; del resto la Bruzzone non ha mai affermato che il fatto riportato non sia avvenuto, ha solo lamentato di aver letto affermazioni circa l’inattendibilità del suo CV, dove il corso non è mai stato invece riportato;
2) la seconda contestazione riguarda la rettifica della portata delle dichiarazioni del Bruno, di cui alla lettera aperta, ma l’imputato al momento della pubblicazione dell’articolo nulla avrebbe potuto rettificare perché le comunicazioni di presa di distanza dei sottoscrittori ancora non sussistevano, infatti le lettere prodotte, allegate alla querela, recano tutte data successiva all’articolo, né la persona offesa ha mai riferito di aver ricevuto smentite anche solo verbali da otto firmatari della lettera prima della pubblicazione dell’articolo, e di averne informato imputato, come ha sostenuto in seguito: ha infatti riferito di aver ricevuto una sola presa di distanza verbale da Innocenzi Giorgio, e di essere certa che anche il sindacato CONSAP non fosse coinvolto, e che semplicemente ne avesse speso il nome il suo ex fidanzato Strano Marco, e di aver chiesto all’imputato, ritenendo che anche altre sottoscrizioni potessero essere fasulle, di verificarle attentamente; ad ogni buon conto alla redazione del giornale era pervenuta un’unica richiesta di smentita il 7.12.2011 da parte del legale del prof. Bruno, ma lo stesso ha riferito in seguito al giornalista di nulla sapere della lettera, e aveva espresso in proposito il suo pensiero commentando che gli esperti in TV devono essere veramente tali, e che non dovrebbero partecipare a importanti trasmissioni televisive solo perché amici del conduttore, pertanto non risulta che mai Bruno abbia dichiarato di essere estraneo alla lettera; inoltre sentito al dibattimento Strano Marco ha riferito che proprio durante una riunione nello studio di Bruno si era parlato di predisporre la lettera in questione, e tuttavia il Giudice non ha adeguatamente valutato tale deposizione; del resto, nella telefonata col Cetara il Bruno aveva affermato “per definirsi criminologi occorre seguire un lungo corso di laurea, e i titoli di questa psicologa mi sembrano un po’ raccogliticci”, e persino nella lettera “di smentita” del 7.12.11 dell’avv. Lepri legale del Bruno ciò non è smentito, ma il Giudice ha ritenuto di valorizzarla solo nella parte in cui il criminologo afferma “non ho aderito all’iniziativa, non ho firmato la lettera, ignoro la circolazione sul web”, e comunque Bruno mai ha riferito al giornalista di essere estraneo alla missiva per cui le risultanze dibattimentali non consentono di ritenere che Cetara non abbia riportato il vero contenuto del dialogo col Bruno;
-osserva il Giudice che il giornalista avrebbe dovuto verificare che i sottoscrittori fossero veramente tali, visto che nella lettera non comparivano le firme ma solo i nomi scritti al computer, ma invece una verifica vi è stata, era stato accertato che la lettera esisteva e aveva quel contenuto, e le risultanze del processo dimostrano che non si trattava di
“una bufala”;
-il Giudice ha ritenuto che le prese di distanza rappresentino la posizione originaria degli apparenti sottoscrittori, in realtà, anche vista la datazione delle lettere, esse appaiono piuttosto frutto di tardive ritrattazioni e disconoscimenti successivi di un’iniziativa effettivamente assunta, e ciò a causa dell’incidenza delle diffide ricevute dai legali della Bruzzone, che avevano avanzato richieste di cospicui risarcimenti per il danno di immagine arrecato alla criminologa;
-quanto alla presa di distanza di CONSAP lo Strano ha riferito di non aver promosso né firmato alcuna lettera essendosi trattato di iniziativa del sindacato che ha peraltro riscosso molte adesioni nel mondo scientifico quindi anche la presa di distanza di Consap appare essere una frettolosa inversione di marcia;
in realtà nel dibattimento si è accertato che i sindacati di polizia volevano effettivamente assumere iniziative anche pubbliche per tutelare l’onorabilità della categoria, messa a repentaglio dalle dichiarazioni della Bruzzone che durante varie trasmissioni aveva criticato l’operato dei reparti scientifici di Polizia e Carabinieri, per cui la cd “la guerra tra criminologi” era vera ed effettiva, e la notizia pubblicata nell’articolo per cui si procede era da ritenersi vera nel suo nucleo essenziale, né sussisteva l’elemento soggettivo del dolo di diffamazione in capo all’imputato, il quale peraltro, se davvero si fosse trattato di una macchinazione ordita da Strano Marco per colpire la Bruzzone, ne era caduto a sua volta inconsapevole vittima.

In sede di discussione orale il Procuratore Generale e il difensore della parte civile hanno chiesto la conferma dell’appellata sentenza, e la difesa ha insistito nei motivi di appello.

Conclusioni.
L’appello è fondato e come tale deve essere accolto.
Infatti, nell’articolo di cui al capo di imputazione il giornalista non ha fatto altro che riportare i termini di un dibattito all’epoca in corso nell’ambiente della criminologia italiana, dando atto dell’esistenza di una lettera aperta indirizzata a Bruno Vespa e circolante anche in rete sotto forma di mail, nella quale veniva segnalata una presunta mancanza di titoli per l’esercizio della professione di criminologa da parte della odierna parte civile, e la falsità di altri, rendendo noto che la lettera era firmata anche da diversi sindacati di polizia che solo in seguito, dopo la pubblicazione dell’articolo, e forse anche a causa della violenta reazione dell’interessata, che aveva minacciato richieste di ingenti risarcimenti per danno di immagine, avevano espresso estraneità all’iniziativa.
Secondo il primo Giudice, non sarebbero state effettuate dal giornalista Cetara le dovute verifiche prima della pubblicazione, nonostante la Bruzzone lo avesse messo al corrente che si trattava di una campagna diffamatoria ai suoi danni per estrometterla da una prestigiosa trasmissione televisiva quale “Porta a Porta”, e successivamente non sarebbe stata pubblicata la richiesta di rettifica da parte della stessa né la smentita del criminologo Francesco Bruno, ma ciò non risponde al vero, perché prima della pubblicazione l’imputato ha correttamente contattato sia la parte civile, che Bruno Vespa, destinatario della lettera, dando voce alle rispettive opinioni e osservazioni, né si vede come avrebbe potuto né perché avrebbe dovuto contattare tutti e 13 i firmatari della lettera stessa per far loro confermare o smentire il contenuto, solo perché l’interessata aveva manifestato dubbi in proposito.
Nell’articolo, infatti, si dà semplicemente atto della circostanza che la lettera esisteva, che circolava in rete, che era indirizzata a Bruno Vespa, e che era firmata da soggetti vicini all’ambiente della criminologia, che intendevano reagire alle critiche espresse dalla Bruzzone nei riguardi dei reparti scientifici di Polizia e Carabinieri con richiesta di rispetto del codice deontologico, e di effettuazione di attente verifiche da parte dei media sui professionisti di area criminologica che partecipavano alle trasmissioni televisive.

Nel pezzo giornalistico l’imputato, riguardo all’insinuazione contenuta nella lettera, diffusa anche via mail, secondo cui la Bruzzone sarebbe stata sorpresa a copiare durante una prova di un corso a New York venendo espulsa, si è limitato a porsi il dubbio “vero o falso?”, dopo di che ha riportato la versione della criminologa secondo cui si sarebbe trattato di “una campagna diffamatoria ordita da un suo ex fidanzato da lei denunciato per stalking”, nonché la versione dello Strano Marco, dirigente CONSAP ex fidanzato della Bruzzone secondo cui “non ho promosso né firmato alcuna lettera aperta, quella è un’iniziativa del sindacato a cui sono iscritto, che ha riscosso molte adesioni nel mondo scientifico”, e il commento di Bruno Vespa che ha dichiarato “la Bruzzone ha partecipato a Porta a Porta proprio grazie a un’eccellente referenza della Polizia di Stato alla quale ci eravamo rivolti per conoscere i nomi dei loro consulenti più accreditati, non posso non immaginare che la grande visibilità della Bruzzone abbia determinato in tanti suoi colleghi una comprensibile invidia”

L’imputato pertanto, nell’articolo di cui è autore, risulta aver dato equanimemente la parola a tutti i soggetti interessati, ne poteva raccogliere presso i firmatari della lettera dissensi e prese di distanza che ancora non erano stati espressi e che lo sarebbero stati solo molto dopo anche in conseguenza della rabbiosa reazione della odierna parte civile che aveva prospettato ingenti richieste di risarcimento dei danni.
Inoltre anche successivamente, numerose sono state non tanto le smentite dei firmatari della lettera aperta, quanto le conferme di adesione al contenuto della stessa: infatti in data 12.1.2011 l’imputato aveva indirizzato una mail ai firmatari della lettera chiedendo loro-
premesso di aver pubblicato giorni prima un articolo dando notizia della lettera “dopo averne verificato fin dove possibile l’esistenza”- una conferma o meno dei contenuti ivi espressi visto che la Bruzzone gli aveva riferito di aver ricevuto delle secche smentite: in proposito si vedano, tra le produzioni della difesa dell’imputato, mail di Massimo Zito presidente ICAA che conferma della sottoscrizione della missiva, mail di Cinzia Gemelli psicologa clinica e forense secondo cui ” nessuna smentita, anzi ho già inviato un esposto all’Ordine nazionale degli psicologi della Liguria chiedendo di verificare i titoli e i curricula incriminati e le diffide provenienti da tutte le organizzazioni nelle quali la Bruzzone dice di aver acquisito specializzazioni e diplomi”, e altre conferme di Cesira Gimelli, Roberta Sibaud, Bernardo Ferro, Flora Caruso.
Anche da parte del prof. Bruno nonostante la formale “richiesta dil pubblicazione di rettifica” non è intervenuta alcuna netta presa di distanza o tanto meno smentita perché il criminologo ha ribadito la sua posizione durante un colloquio telefonico con l’imputato dopo che la redazione del Secolo XIX aveva ricevuto la richiesta di rettifica da parte del legale del Bruno avv. Lepri e in tale intervista ha dichiarato “in Italia in troppi si danno titoli che non hanno, i titoli della psicologa in questione mi paiono un po’ raccogliticci”

In sostanza si ritiene che l’imputato abbia agito con obiettività e onestà intellettuale riportando nell’articolo le versioni di tutte le parti in causa e dando atto di un aspro dibattito effettivamente esistente nell’ambiente della criminologia, scaturito dalle critiche mosse dall’odierna parte civile all’operato dei reparti scientifici di polizia e carabinieri, e ciò ha fatto nel legittimo esercizio del diritto di cronaca e della libertà di stampa, diritto costituzionalmente tutelato.

Pertanto per quanto precede in riforma della sentenza emessa in data 4.12.2018 dal Tribunale di Genova, appellata da CETARA Graziani e LA ROCCA Umberto devonsi assolvere gli imputati dal reato loro ascritto perché il fatto non sussiste

Il termine per il deposito della sentenza deve essere indicato in gg 60 atteso il carico di lavoro gravante sull’Ufficio.

PQM

Visto l’art. 605 cpp
In riforma della sentenza emessa in data 04.12.2018 dal Tribunale di Genova appellata da CETARA Graziano e La ROCCA Umberto assolve gli imputati dal reato loro ascritto perché il fatto non sussiste.
Indica in giorni sessanta il termine per il deposito della sentenza.

Genova 28.09.2023

Il Presidente
Dr. Vincenzo Papillo
Il Consigliere estensore
Dr.ssa Simonetta Boccaccio
e Boccasi

CORTE DI APPELLO DI GENOVA
Depositato in cancelleria 27/11/2023

il Funzionario Giudiziario
Dott.ssa Ilaria Sosio

#sapevatelo2024 

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