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«UNA COMUNITÀ ATTIVA PER RILANCIARE I BORGHI»

Al Meeting di Rimini, Latronico spiega come la partecipazione sia fondamentale per la rinascita dei paesi

In Basilicata l’82% dei comuni ha una popolazione residente inferiore ai 5.000 abitanti, concentrando circa il 39% della popolazione totale regionale. Spopolamento e gap infrastrutturale sono i principali problemi che condizionano i piccoli comuni. Nei nostri borghi, meglio definiti come paesi, è più facile imbattersi in un nuovo welfare condiviso. Qui, infatti, è più facile sperimentare il passaggio da semplici “consumers” in “prosumers”, ovvero produttori e allo stesso tempo consumatori di prodotti e servizi, necessari e anche complementari (produzione agricola ed energetica, servizi essenziali, assistenza personale, ricettività turistica, artigianato di prossimità, servizi telematici, innovazione culturale, ecc.) an- che grazie a forme di aiuto reciproco rurale, secondo pratiche ben consolida- te. Agricoltura, turismo e welfare rappresentano i settori in cui nelle nostre comunità è possibile attivare nuove economie, più sostenibili e circolari. Grazie alle innovazioni tecnologiche e alla crescita culturale quello che accade nei paesi prende il nome di “nuovo welfare circolare”, ovvero la produzione condivisa del proprio benessere, in cui la dimensione pubblica mantiene un ruolo da facilitatore, favorendo un modello di custodia collettiva capace di riconoscere un grande valore alle comunità locali. È solo attraverso un ampio processo di partecipazione della comunità che è possibile perseguire un rapporto più equilibrato tra processi di antropizzazione e ambiente naturale provando a raggiungere uno sviluppo locale condiviso, partecipato e finalizzato a valorizzare, in senso multiscalare, la storia locale, il paesaggio, le produzioni e le competenze degli abitanti, rafforzando i principi della relazionalità e della prossimità. Per definire una strategia e un pia- no d’azioni in questi luoghi, è necessario un processo di animazione territoriale che punti, da un lato a superare l’atomismo del territorio che spesso fa da ostacolo al benessere collettivo e, dall’altro, a dare vigore a un nuovo mutualismo fatto di innovazione sociale e di modelli di business più flessibili e capaci di risponde- re a esigenze diverse. Oc- corrono modelli basati sul tempo e sullo spazio necessari alla collaborazione, alla creatività e all’interazione con il territorio/ambiente circostante. Co-produrre soluzioni attraverso le competenze della propria comunità, di- segnando un modello in- novativo di cura, educazione e sviluppo economico. Si tratta di individuare politiche appropriate e condivise da tutti i portatori d’interesse per arrivare a delineare un modello di sviluppo in equilibrio con l’ambiente e la cultura tradizionale, un sistema in cui la popolazione è quanto più possibile coinvolta direttamente. Una rigenerazione trasformativa del territorio dove gli individui sono fruitori e produttori, agenti del proprio cambiamento e di quello collettivo grazie a un patto di corresponsabilità e solidarietà in un processo decisionale democratico che incrementa la capacità collettiva di raggiungere degli obiettivi. Strumenti attivatori di un simile scenario sono la cooperazione di comunità e il welfare community intesi come elementi portanti della nuova economia sociale. In altre parole, c’è bisogno di definire una vera e propria strategia partecipata di sviluppo sostenibile, che coinvolga tutti gli attori nei diversi settori economici e sociali. Strutturare un percorso partecipativo improntato ai principi della massima inclusività e rappresentatività – aperto a tutte le componenti sociali ed economiche – al fine di favorire l’adesione al processo da parte del maggior numero possibile di soggetti è con- dizione abilitante la rigenerazione di quel luogo. Attraverso l’istituzione di nuovi processi partecipativi si viene così a creare una contaminazione pubblico/privata indicativa da un lato di una presa in carico da parte della collettività e dall’altra di una ammissione da parte delle istituzioni di un bisogno di co-progettazione. Il welfare di prossimità è un “welfare di vicinanza” perché crea relazione con l’utente che viene vissuto come co-protagonista nel costruire la risposta al bisogno, che prevede anche il coinvolgimento di una molteplicità di attori (enti pubblici, altre organizzazioni e imprese, cittadini, famiglie e rete relazionale dei beneficiari). Il concetto di benessere può realmente caratterizzare l’Italia dei borghi adottando i presupposti della green economy e dividuando il cittadino fautore di comunità rigenerative di produttori/utilizzatori diretti: un “com- munity prosumer” che crea, produce, riutilizza, consuma meno e ambisce a nuove forme, certamente praticabili, di felicità condivisa. Il Benessere dipende, quindi, anche da altri fattori come gli stili di vita, le condizioni di lavoro, l’ambiente naturale e, infine, la strutturazione sociale. Ecco tornare la centralità del concetto di prossimità. Alla luce delle considerazioni fatte, in una fase cruciale quale questa è compito di un assessorato alla salute della persona promuovere un progetto di  rigenerazione sociale nei borghi che metta al centro il benessere delle persone, in particolare di quelle più fragili e vulnerabili (anziani, disabili ecc.), potenziando la rete dei servizi sociali e assistenziali e l’attività di animazione a loro dedicata. Come afferma Zamagni “Occorre un cambio di paradigma nella governance della sanità, a partire dalla sussidiarietà circolare che mette insieme il pubblico, il privato e il civile”.

Di Cosimo Latronico

ASSESSORE ALLA SALUTE E AL PNRR

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