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QUANDO L’INTERDITTIVA DIVENTA UN’INTERFERENZA

Fa discutere l’ennesima sospensione del cds sui provvedimenti di campanaro che mettono ingiustamente in ginocchio l’economia sana. La Giustizia Amministrativa sotto esame, tra “Sua interdittenza” e Tar appiattito

Negli ultimi giorni, l’attenzione si è concentrata sull’ennesimo caso emblematico che mette in luce le problematiche legate all’uso delle interdittive antimafia in Basilicata. Un imprenditore lucano, già assolto da ogni accusa di associazione mafiosa, si è visto ingiustamente colpito da un’interdittiva emessa dal Prefetto di Potenza. Il Consiglio di Stato, come aveva già fatto in precedenti occasioni, ha recentemente sospeso questa decisione, sottolineando come le motivazioni fossero basate su fatti risalenti nel tempo e non supportati da prove concrete. Questo episodio solleva interrogativi fondamentali sulla certezza del diritto e la separazione dei poteri nel nostro Paese. Le interdittive antimafia sono strumenti cruciali nella lotta contro le infiltrazioni criminali, ma devono essere applicate con cautela e giustizia. Quando un prefetto può ribaltare una sentenza di assoluzione, si crea un pericoloso precedente che mina l’autonomia della magistratura e la fiducia degli imprenditori nel sistema legale. Secondo i dati del Ministero dell’Interno, negli ultimi anni il numero di interdittive emesse è aumentato significativamente. Tuttavia, in regioni come la Basilicata, dove il fenomeno mafioso è meno radicato rispetto ad altre aree del Paese, l’uso eccessivo di queste misure appare sproporzionato e ingiustificato specie se, come da quando c’è il Prefetto Campanaro, superano, anche in termini assoluti, quelle emesse in regioni davvero pesantemente infiltrate. Le conseguenze economiche e sociali di tali decisioni sono devastanti. Le aziende colpite non possono partecipare a gare pubbliche, con effetti negativi sull’occupazione e lo sviluppo economico locale. Molti imprenditori si trovano costretti a sostenere lunghi e costosi ricorsi legali per poter continuare a operare, mettendo a rischio la loro stessa sopravvivenza. È evidente che è necessaria una revisione operativa che garantisca un uso più equo e trasparente delle interdittive. Le decisioni amministrative dovrebbero essere basate su prove concrete e recenti, non su sospetti o fatti datati. Solo così si potrà evitare che strumenti pensati per proteggere la società si trasformino in armi di ingiustizia. Il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, è chiamato a intervenire per correggere queste distorsioni e ripristinare la fiducia nel sistema legale e amministrativo. È fondamentale che le autorità competenti lavorino per garantire un ambiente equo e giusto per tutti gli imprenditori, evitando che episodi come questo si ripetano. Ben vengano iniziative come il protocollo sottoscritto tra la solerte Procura di Potenza e la Prefettura per lo scambio di informazioni, ma che ci si concentri laddove c’è la delinquenza vera. Non sia quella della Prefettura potentina solo una pesca a strascico che uccide l’economia sana come accaduto nei casi raccontati o come in altri che ci apprestiamo a raccontare nelle prossime puntate dove non solo si è nuovamente andati a prendere fatti datati nel tempo e con assoluzioni. Ma dove addirittura pare ci siano dei veri e propri abusi di cui più avanti racconteremo. Ai politici e alle istituzioni va un appello per una maggiore trasparenza e giustizia nelle procedure amministrative. Solo attraverso un’azione collettiva si potrà garantire che il nostro sistema rimanga saldo nei suoi principi fondamentali di equità e giustizia.

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