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POTENZA, IL CAPOLUOGO MENO CRIMINALE D’ITALIA

Il report del Sole 24 Ore fotografa una provincia dove non ci sono reati mafiosi né c’è la presenza dei reati spia. Dato in contraddizione con i tanti provvedimenti antimafia emessi dal Prefetto che interdice anche gli assolti

La provincia di Potenza si conferma una provincia più che sicura. Lo dice il Sole 24 ore che prende in esame non solo il numero generale di denunce ogni 100.000 abitanti dove la Provincia di Potenza è penultima con solo 1934,5 denunce ogni 100.000 abitanti ma lo si evince anche per quanto riguarda i singoli reati. L’ultima in assoluto come capoluogo di regione. In provincia di Potenza ogni 100.000 abitanti ci sono 0,6 denunce per quanto riguarda i tentati omicidi, 0,6 per quanto riguarda gli omicidi volontari consumati, 0,3 per quanto concerne lo sfruttamento della prostituzione. La città è al centoduesimo posto per le denunce di danneggiamenti, centoquattresima per i furti, settantaduesima per il traffico di droga, novantatreesima per le estorsioni, settantaseiesima per il contrabbando e ha solo 0,3 denunce ogni 100.000 abitanti per quanto riguarda i reati di usura.

LA MAFIA IN BASILICATA È MARGINALE

Abbiamo volontariamente scelto nella nostra analisi non tanto e non soltanto i reati che contraddistinguono problemi di ordine pubblico ma, soprattutto, quei reati che denotano la presenza di una malavita organizzata. Un risultato che si mostra in tutta la sua evidenza nei reati associativi. Per le associazioni a delinquere normali ci sono state 0,6 denunce ogni 100.000 abitanti, mentre per le associazioni mafiose non ci sono state denunce in Provincia di Potenza. Un dato che, tutto sommato, è conforme con la complessiva sensazione di sicurezza che si vive nel nostro territorio. L’asfissiante presenza di associazioni mafiose che chiedono il “pizzo” non si sente né si nota la presenza di una autentica “piazza di spaccio” o addirittura di raffinazione della droga nel nostro territorio. Chi segue le cronache giudiziarie, infatti, sa che la maggior parte dei processi per droga riguardano consumatori-spacciatori che si recano nelle importanti piazza di spaccio delle regioni vicine per portare la droga in Basilicata. In- somma, in Basilicata noi non registriamo né le torri di Scampia né altri fenomeni tristemente noti alla cronaca e che, di solito, denotano la presenza radicata di clan criminosi. Non vogliamo dire che è un’isola felice per non essere accusati di faciloneria ma certamente possiamo dire di non vivere in un contesto a forte infiltra- zione mafiosa né per la presenza di associazioni né per l’evidenza dei cosiddetti reati spia. Gli ossessionati dalla necessità di trovare una mafia in Basilicata sicuramente già potranno costruire la loro narrazione dicendo che è proprio la mancanza di denunce che denota la presenza di un fenomeno mafioso. Va, però, specificato che per molti di questi reati (per esempio l’associazione mafiosa) la denuncia procede d’ufficio e non serve la querela e che, comunque, in province di maggiore e storica presenza malavitosa la percentuale di denunce è decisamente più alta. Se fosse vero quello che dicono gli ossessionati dalla necessità di trovare la mafia in Basilicata ovvero che la mancanza di denunce costituisce un elemento della presenza della malavita tale da incutere un timore anche nella denuncia stessa, dovremmo dedurre che in province come Napoli, Caserta, Palermo etc…dove il numero di denunce è più alto che nella nostra provincia, la paura della mafia è inferiore di quanto non sia nella nostra città e nei comuni viciniori. I reati, del resto, non sono come la pignatta degli gnomi alla fine dell’arcobaleno che esiste ma non si trova, se ci sono si trovano. Possono non essere trovati i colpevoli dei rea- ti ma i fatti non possono non essere registrati.

L’OSSESSIONE DEL PREFETTO E I NUMERI CHE NON CORRISPONDONO ALLA REALTÁ

Sappiamo di rischiare il linciaggio delle anime candide e, forse, anche qualche contraccolpo amministrativo ma tutto ciò non può cancellare la nostra libertà di analisi. Il territorio della Provincia di Potenza coincide interamente con quello della Prefettura di Potenza. Nell’anno passato la Provincia di Potenza ha registrato la presenza di nessuna denuncia per mafia e di pochissime denunce per i reati che potrebbero essere considerati evocativi di un fenomeno malavitoso, la provincia di Potenza è penultima nelle classifiche della pericolosità sociale così come stilate della forze dell’ordine e sancite dal Sole 24 ore. L’unico a non accorgersene, insieme a qualche associazione antimafia, è il Prefetto di Potenza. Se noi, infatti, guardiamo la classifica dei reati di tipo mafioso la provincia di Potenza è ultima. Sul gradino del podio ci sono le province di Crotone, Cosenza e Napoli. Se, noi, però guardiamo il rapporto tra la popolazione e le interdittive (comunicazioni e informazioni), la provincia di Potenza con la sua media di 1 interdittiva ogni ventiduemila abitanti supera di gran lunga la media della provincia di Cosenza e raggiunge quasi quella della provincia di Napoli. Insomma, se noi raffrontiamo e diamo un senso logico ai numeri forniti dal Viminale sui reati e li rapportiamo a quelli forniti dallo stesso ministero sulle interdittive antimafia dobbiamo immaginare che nella nostra provincia esista un rapporto mafioso che non vie- ne scoperto dall’autorità giudiziaria ma viene rilevato esclusivamente dal Prefetto. In pratica, come il famoso tesoro degli gnomi alla fi- ne dell’arcobaleno, la mafia in Basilicata non viene denunciata da chi è preposto al controllo giudiziario ma viene scoperta soltanto dall’autorità amministrativa. Ricordiamo che si tratta di un reato persegui- bile d’ufficio…

IL CONSIGLIO DI STATO E LA FANTASIA

La nostra memoria di cronisti di provincia a questo punto non può non farci venire alla mente quanto siamo stati costretti a commentare qualche giorno fa. Qualcuno ricorderà, infatti, che qualche giorno fa il Consiglio di Stato è stato molto chiaro nell’annullare un’interdittiva emessa dal Prefetto Campanaro dicendo che non solo si fondava su elementi assolutamente non probandi né indiziari ma che addirittura posava le basi su una irrazionale sospetto di potenziale infiltrazione mafiosa rivolta nei confronti di un imprenditore che era stato assolto con formula piena da ogni reato.

Di Massimo Dellapenna

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