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LACORAZZA CONTRO LETTIERI: I DEM INCAPACI DI COSTRUIRE PROGETTI SERI

Nel Pd la gioia per la vittoria delle provinciali di Matera dura poco

Per capire lo stato di salute del Partito Democratico di Basilicata basta andare sulla pagina facebook di Giovanni Lettieri. I primi due post, uno a distanza di dieci ore dall’altro, sono di Piero Lacorazza che tagga il segretario regionale del suo stesso partito per aprire una polemica con lui. Nel vecchio Partito Comunista Italiano ma, in genere in tutti i partiti Comunisti e Socialisti europei un tempo vigeva la regola del Centralismo Democratico. Una regola codificata addirittura da Lenin che stabiliva un principio, poi adottato da tutti i partiti organizzati, secondo cui i dirigenti di Partito avevano il diritto di discutere all’interno degli organismi ma, dopo che una decisione era stata presa, avevano tutto il dovere di sostenere quella decisione. Ci rendiamo conto che in tempo di tramonto anche i nani possano avere ombre lunghe ma tutto quello che sta accadendo nel Partito Democratico è veramente surreale.

LACORAZZA CONTRO TUTTI

Nel teatro delle marionette napoletane spesso c’era un personaggio che aveva il compito di entrare in scena, abbattere tutti gli altri personaggi a testate e, alla fine, rimasto da solo sul palco, non avendo più nessuno da colpire, prendere a testate il muro del teatro stesso. Lacorazza si candida a svolgere lo stesso ruolo, aggiungendo a questa sua verve distruttiva anche quel pizzico di antipatia da aspirante primo della classe che vuole dimostrare di essere il migliore di tutti. E, così, contro l’opera di lenta e silenziosa ricostruzione che Giovanni Lettieri sta compiendo nel Partito Democratico dopo le ultime clamorose sconfitte, il nostro capogruppo in Regione si cimenta in colpi di teatro, colpi di testa e uscite al vetriolo. «Si è sfiduciato Raffaele La Regina ma, non mi riferisco alle persone, l’equilibrio politico – che l’aveva eletto – è rimasto lo stesso che ha portato alla elezione di Giovanni Lettieri a segretario regionale. L’unanimità sulla base di quell’equilibrio, ricordo, è stata una necessità innanzitutto tecnica per “accompagnare” l’ingresso di Articolo Uno nel Pd: si sono cambiati i numeri dell’assemblea e la comunità democratica non ha di fatto votato. (…) La sceneggiatura del film già visto? In sintesi. Raffaele La Regina è sta- to sfiduciato nel 2022 ma di fatto l’equilibrio politico che lo ha eletto vuole trascinarsi fino alle elezioni del Parlamento nel 2027.» scrive in un post. Dieci, ore dopo, avendo letto che il Segretario Regionale Lettieri in una sua intervista diceva di percepire ancora delle frizioni all’interno del Partito e invitava tutti a lavorare per trovare l’unità, trovava il modo di condividere quell’intervista al solo scopo di esteriorizzare un’ulteriore polemica a mezzo social con tanto di tag al segretario regionale del suo stesso Partito. «Leggo la risposta del segretario regionale Giovanni Lettieri che “invita” ma non risponde all’invito di evitare la scenaggiatura di un film già visto. Non c’è alcuna fibrillazione interna ma “semplicemente” il capogruppo del Pd in Regione Basilicata che dice No ad una sceneggiatura di un film già visto e, aggiungo, con un finale perdente. Non una parola sul nuovo corso che il Pd deve avviare; non penso che tutto si possa esaurire in una piattaforma politica programmatica. Spero che non sia, implicitamente, una conferma dello “strascico” di altre stagioni politiche» scrive il capogruppo PD in Consiglio Regionale. In pratica il capogruppo in Regione del PD cerca la rissa con il segretario regionale, il segretario regionale Lettieri non accetta la rissa, Il capogruppo si duole della mancata rissa.

UN PARTITO DIFFICILE DA GESTIRE

Non vorremmo essere nei panni di Giovanni Lettieri il quale è imprenditore capace e uomo di mediazione e di dialogo, da sempre pronto ad aprire discussioni ma con l’eleganza di chi non ha alcuna intenzione di cadere in risse o provocazioni. Non vorremmo essere nei suoi panni perché si trova a gestire un Partito che non è più il Partito Regione, che ha la drammatica esigenza di rinnovare la sua classe dirigente, che deve prendere atto della duplice sconfitta alle elezioni regionali e che, anche quando inizia a mostrare qualche segno di ripresa con la vittoria nella Città di Potenza e alla Provincia di Matera, deve fare i conti con la volontà di qualcuno di cercare sempre la rissa. L’unica notizia buona per il segretario regionale del Partito Democratico è che i “mi piace” ai post sono veramente pochi (non arrivano ad una trentina tra entrambi i post) e l’unico commento di un dirigente di Partito a favore delle tesi frazioniste di Lacorazza viene da Vito Santarsiero secondo il quale «sembra che il solo porre seriamente il tema della rigenerazione del partito e della necessità di aprire un “nuovo corso” alla luce di quanto accaduto negli ultimi dieci anni, rappresenti un voler destabilizzare, quasi un lavorare contro il partito laddove questo è invece il vero lavoro da fare per il partito».

LA TELA DI PENELOPE

Nei giorni scorsi, nel commentare la vittoria di Mancini alle elezioni provinciali di Matera, abbiamo evidenziato il lavoro di cucitura e di ritessitura paziente e lungo che hanno realizzato Marrese e De Filippo nel ricostruire in silenzio la rete di rapporti che ha portato il Partito Democratico ad avere il voto dei cinque stelle materani e di tanti amministratori fino a vincere le elezioni provinciali. Oggi siamo costretti a prendere atto che, di contro a chi costruisce, c’è chi lavora per distruggere. Il Partito Democratico sembra la tela di Penelope. Non sappiamo chi siano i proci dai quali vuole difendere la sua fedeltà coniugale con trucchi di rinvio, quello che vediamo sotto i nostri occhi è che così non credo si faccia una lunga strada. Senza scomodare il centralismo democratico di cui parlavamo all’inizio che richiede una cultura politica che evidentemente non è dei nostri giorni, possiamo ripetere un antico adagio secondo cui i fatti della pentola li conosce soltanto la cucchiaia. È un proverbio di civiltà e cultura appenninica, lo dicevano le nostre nonne e forse anche le nostre mamme alludendo al fatto che i panni sporchi è meglio lavarli a casa, evidentemente Lacorazza questo proverbio nella sua cultura appenninica lo ha dimenticato. Noi aspettiamo con ansia la prossima rissa a mezzo social.

Di Massimo Dellapenna

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