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L’ARTE SALVERÀ IL MONDO?

La riflessione di Dino Quaratino

L’ interrogativo “L’arte salverà il mondo?” attraversa le epoche, da Platone a Nietzsche, da Shakespeare a Pirandello, fino a giungere ai nostri giorni, e tocca profondamente il cuore dell’esistenza umana. Al centro di questa domanda vi è l’uomo, l’essere che, per sua natura, si sente alienato, separato dalla natura e dagli altri esseri umani. Co- me affermava Heidegger, l’uomo è gettato nel mondo, un mondo che, pur essendo il suo, gli appare come qualcosa di altro, di distante. Il senso di separatezza e di isolamento è parte integrante della condizione umana e risuona in tutte le manifestazioni artistiche, nelle opere dei grandi poeti, filosofi e drammaturghi che, attraverso la loro creatività, hanno cercato di riunificare ciò che appare diviso, di sanare la frattura tra l’io e il mondo. Da sempre l’arte è vista come una via privilegiata per cercare risposte a questo senso di estraniamento. Aristotele, nella sua “Poetica”, ci ricorda che l’arte ha il potere di purificare, di liberare attraverso il processo della catarsi. Il dramma, la tragedia greca in particolare, è la rappresentazione di passioni universali, condivise da tutti gli uomini. Nell’atto di assistere a una tragedia, il pubblico non solo vive il dramma rappresentato, ma lo riconosce come proprio, partecipando a un’esperienza comune che lo unisce agli altri, annullando momentaneamente quella solitudine esistenziale di cui parlava Kierkegaard, il filosofo danese che descriveva l’uomo come intrappolato in una angoscia esistenziale, incapace di sottrarsi alla sua condizione di finitezza. Questa finitezza, questo essere limitato e mortale, ha portato gli esseri umani a cercare varie forme di trascendenza. Una delle strade più antiche e potenti è stata proprio l’arte, capace di creare un ponte tra l’individuo e l’assoluto, tra l’uomo e la natura, tra il soggetto e l’oggetto. Friedrich Schiller, nel suo saggio “Lettere sull’educazione estetica dell’uomo”, affermava che l’arte è uno dei mezzi attraverso i quali l’uomo può superare il dualismo tra ragione e sensibilità, tra il mondo interiore e quello esteriore. Attraverso la bellezza, l’uomo ritrova la sua unità perduta, riconquista la sua integrità. Se osserviamo la storia dell’arte, notiamo che ogni epoca ha cercato di risolvere, a suo modo, questo problema esistenziale. Nel Medioevo, l’arte era strettamente legata alla religione: la pittura, la scultura e l’architettura servivano a celebrare il divino, a ricordare all’uomo la sua connessione con Dio e, attraverso la fede, a superare il senso di separatezza. La cattedrale gotica, con le sue vetrate colorate e le sue alte guglie, era il simbolo di questa aspirazione verso l’alto, di questo desiderio di trascendere la dimensione terrena e connettersi a una realtà più alta. Con il Rinascimento, l’uomo torna al centro della scena. Leonardo da Vinci, Michelangelo e Raffaello non solo celebrano la bellezza del corpo umano, ma lo fanno in un contesto di armonia con l’universo. L’arte rinascimentale cerca di superare la dicotomia tra uomo e natura attraverso una nuova visione del mondo, in cui l’uomo, come microcosmo, è riflesso del macrocosmo, e l’opera d’arte diventa il luogo in cui questa armonia si realizza. In questo senso, l’arte non è solo un mezzo per esprimere sentimenti o emozioni, ma è uno strumento per rivelare la verità profonda del mondo. L’Illuminismo e il Romanticismo portano nuove sfide. Se da un lato l’Il- luminismo esalta la ragione e il progresso, dall’altro il Romanticismo riscopre la dimensione del sublime, quel sentimento di meraviglia e terrore che nasce dal confronto con la natura incontrollabile e misteriosa. Gli artisti ro- mantici, come William Blake e Caspar David Friedrich, rappresentano questo confronto con il sublime come una forma di lotta per superare l’isolamento dell’individuo e riconnettersi con il cosmo. L’arte diventa un viaggio verso l’infinito, un tentativo di esplorare gli abissi dell’anima e del mondo naturale, cercando di trovare una qualche forma di riconciliazione. Ma è con l’avvento della modernità che la frattura tra l’uomo e il mondo si fa più profonda. La Rivoluzione Industriale e l’avvento della tecnologia portano un cambiamento radicale nel rapporto tra l’uomo e la natura. Se prima l’arte era vista come un modo per riconnettersi con il mondo, ora l’uomo si trova di fronte a una nuova “seconda natura”, come affermato da filosofi come Theodor Adorno e Max Horkheimer nella “Dialettica dell’Illuminismo”. La società moderna, con il suo incessante sviluppo tecnologico e il capitalismo avanzato, ha creato una nuova forma di alienazione. L’uomo non è più parte della natura, ma diventa egli stesso un ingranaggio della macchina industriale, un prodotto del sistema economico. In questo contesto, l’arte sembra perdere la sua capacità di riconciliare l’uomo con il mondo. L’arte moderna, da Picasso a Duchamp, diventa una riflessione critica sulla condizione umana, un tentativo di denunciare l’alienazione e la disumanizzazione della società contemporanea. Tuttavia, nonostante questa denuncia, l’arte conserva ancora una funzione salvifica. Anche nella sua frammentazione, anche nella sua disperazione, l’arte continua a cercare una via per superare il senso di separatezza. L’artista contemporaneo, come affermava Albert Camus, è un ribelle, qualcuno che, attraverso la sua opera, si oppone all’assurdità dell’esistenza e cerca di affermare una qualche forma di significato. La stessa tecnologia, che apparentemente ha separato l’uomo dalla natura, offre nuove possibilità per l’arte. Pensatori come Marshall McLuhan e Umberto Eco hanno riflettuto su come i nuovi media abbiano trasformato il modo in cui l’arte viene prodotta e consumata. La televisione, il cinema, e oggi l’arte digitale, offrono nuove forme di espressione che possono raggiungere un pubblico globale, creando nuove connessioni e abbattendo le barriere tra le persone. Se da un lato la tecnologia può alienare, dall’altro ha il potenziale di unire, di creare nuove comunità e nuove forme di dialogo. Tornando alla domanda iniziale, possiamo dire che l’arte ha sempre avuto, e continua ad avere, un ruolo fondamentale nel tentativo dell’uomo di superare il senso di separatezza. In un mondo in cui la politica e l’economia sembrano dominare ogni aspetto della vita, riducendo l’individuo a un semplice ingranaggio del sistema, l’arte ci ricorda che l’uomo è molto di più. L’arte è un atto di ribellione contro l’alienazione, un atto di creazione che afferma la nostra umanità. Come affermava Dostoevskij, “la bellezza salverà il mondo”. Ma cosa significa veramente questa affermazione? Forse significa che solo attraverso l’arte, attraverso la bellezza che essa ci offre, possiamo ritrovare quel senso di unità che sembra essere andato perduto. L’arte non è solo una fuga dalla realtà, ma un mezzo per comprenderla, per tra- sformarla. Attraverso l’arte, l’uomo può riconciliarsi con la natura, con gli altri esseri umani, e soprattutto con se stesso. Il processo creativo è un atto di amore, un tentativo di abbracciare il mondo e di renderlo più comprensibile, più vivibile. Ecco perché l’arte ha un potere salvifico: essa ci permette di vedere oltre la superficie delle cose, di scoprire la verità nascosta dietro le apparenze, di riconnetterci con quella dimensione profonda e universale che ci unisce tutti. Nel corso della storia, artisti, filosofi e poeti hanno cercato di rispondere alla domanda di come l’uomo possa superare la sua solitudine esistenziale. La risposta, in fondo, è sempre la stessa: attraverso la creazione, attraverso l’arte, possiamo trascendere noi stessi e riconquistare quel senso di appartenenza al mondo che sembra essere stato perduto. L’arte, dunque, non è solo un mezzo di espressione, ma una forma di meditazione, una pratica che ci permette di superare il dualismo tra soggetto e oggetto, tra uomo e natura. In definitiva, la domanda non è se l’arte salverà il mondo, ma come l’arte possa continuare a salvarci, giorno dopo giorno, offrendoci la possibilità di vedere il mondo con occhi nuovi, di riconoscere la nostra comune umanità, e di trovare, in mezzo al caos e all’alienazione della vita moderna, una scintilla di bellezza e di verità che ci riporti alla nostra essenza più profonda. Il mio Aforisma: L’arte è l’eco dell’anima che risuona oltre i confini del tempo e dello spazio. La mia Metafora: L’arte è una finestra aperta sull’infinito, attraverso la quale l’uomo getta uno sguardo oltre la prigione della sua solitudine. La Morale: Attraverso l’arte, l’uomo non solo contempla il mondo, ma lo trasforma, trovando nel processo creativo la via per riconciliare se stesso con l’universo e con gli altri.

Di Dino Quaratino

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