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UNA COOPERATIVA MAFIOSA

Alla base dell’unione dei clan Scarcia/Scarci la cooperativa Nereide con la quale manifestavano il loro potere e la loro capacità di entrare nel mercato legale. Estorsioni non solo sulla pesca ma anche sulla sicurezza nei locali e sui Luna Park. Sequestrato dell’esplosivo

Sarebbe una vera e propria confederazione di cosche mafiose quella ipotizzata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza quella realizzata tra gli Scarcia e gli Scarci ed operante sulla fascia Jonica. A capo dell’organizzazione Scarci Andrea e Scarcia Salvatore in posizione paritaria e apicale delle rispettive famiglie. Strumento formalmente legale delle attività delinquenziali sarebbe stata la società cooperativa Nereide con sede a Policoro. Scopo dell’associazione l’attività finalizzata a controllare, in condizioni di monopolio, garantite anche da azioni violente e minacciose, lo specchio acqueo compreso tra i comuni di Metaponto di Bernalda e di Nova Siri e, quindi, le relative attività economiche legate alla pesca. Le famiglie Scarci e Scarcia, in realtà, sono la stessa famiglia in quanto Emanuele Scarci originario di Taranto, negli anni settanta si trasferì a Policoro e a seguito di mero errore di trascrizione anagrafica diventa famiglia Scarcia. Si può, quindi, dire che esiste una frangia della famiglia Scarci operante nel materano a cognome Scarcia, ed un’altra esistente a Taranto a cognome Scarci. Non si tratterebbe, quindi, di due famiglie distinte ma di due rami della stessa famiglia anagrafica e, secondo la DDA, malavitosa che, a seguito delle strette realizzate dalla magistratura, hanno deciso di unirsi spostando il cuore delle proprie attività da Taranto alla fascia Jonica lucana.

LA STRUTTURA DELL’ASSOCIAZIONE

Nella sua compiuta ricostruzione giuridico-fattuale la DDA spiega che «In data 11.4.2018 veniva costituita la cooperativa denominata “NEREIDE”, con sede sociale proprio in Policoro, importante centro marino della costa metapontina in cui dimorano i cugini denominati “Scarcia”. In tale contesto afferente al controllo dello specchio d’acqua prospiciente le località di Scanzano jonico e Policoro (ovvero, San Basilio di Marconia – Pisticci), Ia costituzione della cooperativa di pescatori NEREIDE può ritenersi l’elemento aggregante per le due famiglie Scarci di Scanzano jonico e Scarcia di Policoro. Con essa veniva mostrato l’intento di manifestarsi ai terzi come organismo univoco che, seppur già conosciuto per essere dedito a pratiche delittuose, di fatto si Introduceva anche nell’economia legale del settore con un assetto rinnovato». In pratica, secondo la Pubblica Accusa, la cooperativa Nereide serviva a due scopi, mostrare l’unità del gruppo malavitoso ed esibire la propria capacità di entrare nell’economia legale. Un vero e proprio salto di qualità nel metodo e nella gestione operativa del controllo del territorio che è caratteristica intrinseca delle organizzazioni mafiose. La riunione chiave, con la quale vengono definite le regole operative per gestire la pesca nello specchio di mare che va da Taranto a Policoro si sarebbe svolta sul molo di Taranto il 2 settembre 2023 alla presenza dei vertici giuridici della cooperativa e di Andra Scarci che non avrebbe nessun ruolo formale per consentire alla cooperativa di non avere problemi con le interdittive antimafia.

IL PERMESSO PER LE ATTIVITA’ DI PESCA

Quello che emerge dalle indagini della DDA è che le barche di pescatori chiedevano il “permesso” per poter operare nello specchio di mare oggetto di controllo mafioso. «Una parte alla barca e una parte a me» dice Andrea Scarci ad un pescatore che gli chiede il permesso di pescare e successivamente racconta di come sia salito su una paranza e si sia fatto pagare per l’autorizzazione alla pesca. Gli Scarci/Scarcia avevano anche delle vere e proprie liste di proscrizione per chi non pagava. «Tu devi chiedere a quelli che stavano a Scanzano San Basilio» dice Andrea Scanzi ad un suo affiliato e specificando «chi non mette la parte per piacere mi devi dire il nome della paranza! Mi devi fare questa cortesia il nome della paranza di quello che dice non voglio mettere la parte» perché «quello che non mette la parte non de- ve proprio passare da Policoro». Il controllo sul business della pesca, però, non riguardava soltanto le paranze e il loro obbligo di pagare un obolo per poter esercitare l’attività nello specchio di mare ma anche i ristoratori obbligati tramite minacce a servirsi della cooperativa Nereide.

NON SOLO PESCA

Le attività criminali dei clan non erano concentrate soltanto sulle attività di controllo della pesca ma anche su altri business. Per esempio il clan costringeva i locali ad utilizzare i propri affiliati per i servizi di security e anche a pagare direttamente il pizzo per poter esercitare la propria attività di Luna Park. Proprio al Luna Park accade un fatto che da l’idea della prepotenza dei clan Scarcia e della loro volontà di mostrare anche visivamente il proprio potere. Salvatore Scarcia e l’affiliato Damiano Manolio, infatti, minacciano i proprietari del Luna Park non soltanto per ottenere il pagamento del pizzo ma anche per far salire gratuitamente ed in prima fila i figli minori del Manolio sulle giostre. Un episodio apparentemente minore che, però, da l’idea di come sia chiara la volontà degli Scarcia di mostrarsi come veri uomini di potere anche nei piccoli episodi.Il controllo del territorio veniva esercitato anche tramite l’imposizione di assunzioni esercitate anche su strutture importanti come la catena Bricofer e, addirittura, nella capacità di condizionare i pubblici incanti impedendo ad alcuni concorrenti di partecipare.

TRA LE ARMI ANCHE L’ESPLOSIVO

Gli Scarci/Scarcia avevano fatto arrivare sulla spiaggia di Scanzano Jonico 12 Kg di esplosivo di tipo Anfo e Tritolo prontamente sequestrato dalla Polizia Giudiziaria il 27.12.2023. Il possesso dell’esplosivo e le modalità di acquisizione con una serie di passaggi via mare ed una complessa struttura finalizzata a curare nel dettaglio approvvigionamento, trasferimento ed occultamento da l’idea di una struttura pronta a fare un ulteriore salto di qualità nel metodo e nel potere criminoso.

C’E’ CHI DICE NO

Tra le attività minacciose effettuate dal clan qualcuna non è andata in porto per la ribellione delle vittime. In particolare Matteo Lofrano, avvalendosi della forza intimidatrice del gruppo e palesandosi come un sodale del clan Scarcia aveva chiesto il pagamento di una somma di 10.000 euro per poter continuare la sua relazione con una persona. L’estorsione, però, non è avvenuta per la denuncia da parte di lei.

Di Massimo Dellapenna

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