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LA POLITICA NON È UN CONCORSO

Assistiamo alla grottesca discussione sul curriculum di Federica D’Andrea. In Democrazia l’unico giudice è il Popolo, l’unico merito è il consenso

Walter Veltroni fu bocciato in quinta ginnasiale, si ritirò dal Liceo e prese una qualifica professionale ad un istituto per il Cinema. Benedetto Croce non completò mai l’università. Giuseppe Di Vittorio non ha mai conseguito alcun titolo di Studio. Uno dei più grandi manager pubblici italiani, Enrico Mattei prese un diploma di ragioneria in tarda età e non era decisamente portato per gli studi. Questo elenco potrebbe continuare all’infinito perché sono tantissimi i protagonisti della cultura, della politica e dell’economia italiana che non avevano e non hanno curricula infarciti di titoli di studio. Tutto ciò non gli ha impedito di essere protagonisti della storia d’Italia. Ci chiediamo quanti iper laureati abbiano dato un contributo alla cultura italiana superiore a quella che ha dato Croce o quanti master in prestigiose università abbiano fatto la storia dell’impresa pubblica più di quanto abbia fatto Mattei con l’Eni.

LE INCHIESTE AL BUCO DEL CURRICULUM

Chissà cosa avrebbero scritto i novelli cercatori di titoli di studio nel leggere la nomina di Croce o quella di Mattei? Forse si sarebbero persi nei corridoi delle università a cercare studenti migliori o professori che avevano espresso giudizi negativi su di loro. Oggi ci sono internet e google che rendono tutto più semplice. Malgrado la maggiore semplicità del lavoro di ricerca non invidiamo il triste lavoro di questi cercatori con gli occhialoni spessi alla Filini, concentrati sui motori di ricerca per controllare se la parola usata nel curriculum è esattamente conforme a quella che viene riportata dall’Università o se l’ente indicato avesse la potestà giuridica per emettere quel titolo. Esistono modi tristi di svolgere la nostra professione. Uno di quelli più tristi è proprio quello che fanno questi topi di google alla ricerca della notizia amministrativa. Oggi è toccato a Federica D’Andrea finire sotto la lente di ingrandimento di questi Filini lucani, qualche settimana fa è stata la volta di Brancati. L’elenco potrebbe essere infinito. Noi, che per scelta di politica editoriale, non ci occupiamo di formalismi giuridici e di questioni amministrative, da questo modo di concepire le no- tizie ci siamo sempre tenuti lontani e intendiamo continuare a farlo. Se qualcuno ritiene che ci sia- no irregolarità amministrative in una nomina e crede sia stato leso un suo interesse legittimo può accedere al TAR. Noi non abbiamo alcuna voglia di sostituirci alla magistratura amministrativa.

LA POLITICA È ALTRO

A noi piace la politica. Ci piace nel modo più nobile possibile. In questa nostra visione nobile della politica ci piace quando il confronto va sulle idee e sulle azioni e non sulle persone. Francamente nulla aggiunge e nulla toglie il titolo di studio alle capacità di un politico o al suo diritto di ricoprire una carica istituzionale. Chi vuole scegliere gli assessori si candidi e diventi sindaco, chi vuole avere un ruolo politico dia il proprio contributo alla vittoria elettorale di una coalizione. In Democrazia l’unico giudice è il Popolo, l’unico curriculum che conta è il consenso. Proprio per questo, con la stessa determinazione con la quale prendiamo le distanze da un certo modo di fare il giornalismo, diciamo ai politici di ricordare che la politica non è un concorso per titoli. È assolutamente irrilevante sapere se il vicesindaco di Potenza abbia o meno conseguito un master o una docenza, talmente irrilevante che è grottesco esibirlo quanto per i cercatori di scoop è patetico cercarne la veridicità. Come abbiamo scritto all’inizio ci sono stati politici di primo piano che hanno scritto pagine di storia che non avevano nessun titolo di studio. Dai politici ci aspettiamo che sappiano governare e magari scrivere almeno qualche riga di buona cronaca.

Di Massimo Dellapenna

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