IL CONTROLLO DI VICINATO PER COLLABORARE E NON PER SPIARE
L’iniziativa del sindaco Telesca per una sicurezza partecipata e trasparente
Quando ho letto la notizia, pubblicata in prima pagina su questo giornale, sul «controllo di vicinato» introdotto dal sindaco di Potenza, Vincenzo Telesca, ho avuto un sussulto. Ho pensato subito, per associazione di idee, alle ronde leghiste. Immaginare un pattugliamento urbano da parte dei cittadini, in un’epoca di scontento sociale, è rischioso. Le forze di polizia sono formate per distinguere tra diverse situazioni, i cittadini no. Essere «segnalati» dal proprio vicino per sospetti infondati non favorisce la coesione sociale e richiama ricordi spiacevoli del passato. Ho cercato di capire meglio l’annuncio del sindaco Telesca, perché l’idea che Potenza potesse culturalmente legittimare degli «spioni» urbani era deludente. È la parola «controllo» che mi ha tratto in inganno, anche se usata già in altre città con progetti simili. Suggerirei di sostituirla con termini come «protezione», «soccorso» o «sostegno», che meglio rispecchiano lo scopo del progetto di sicurezza annunciato da Telesca. L’idea è di avere sentinelle di quartiere, comunicate in maniera trasparente, con una funzione di reciproca attenzione e vicinanza, frutto di un processo partecipato attraverso assemblee nelle zone interessate. Queste assemblee, annunciate dal sindaco, so- no fondamentali per qualsiasi decisione che coinvolga i cittadini. È un compito arduo per un amministratore, ma necessario per mantenere un dialogo vivo con la città e rispondere ai bisogni della comunità. Sarà interessante osservare come evolverà il progetto dal punto di vista dei comportamenti sociali, in una città che spesso invoca interventi ispettivi oltre i propri limiti, chiedendo cosa facciano le forze dell’ordine e la magistratura. In una società civile e democratica, ognuno dovrebbe sapere cosa fare senza confondere i ruoli. È proprio questa confusione che il sindaco Telesca ha evitato con la sua iniziativa.
Di Lucia Serino