PRESIDENTI SERGIO MATTARELLA E BAJTAM BEGAJ A PIANA DEGLI ALBANESI
Ismail Kadare “Non ci sono altri continenti possibili per gli albanesi, se non l’Europa”
È GIUSTO INFORMARE
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il Presidente della Repubblica d’Albania, Bajram Begaj si sono recati a Piana degli Albanesi, in provincia di Palermo, dove risiede storicamente la più popolosa comunità albanese d’Italia.
Al loro arrivo hanno visitato il Museo della Cultura Arbëreshe “Nicola Barbato” – MUSARB e la Cattedrale di San Demetrio Megalomartire. I due Presidenti hanno, quindi, preso parte all’incontro sulla storia e la cultura Arbëreshe in Sicilia che si è svolto al Teatro del Seminario.
Intervento del Presidente della Repubblica in occasione dell’incontro sulla storia e la cultura arbëreshë in Sicilia
Piana degli Albanesi, 18/10/2024 (II mandato)
Signor Presidente della Repubblica di Albania, è davvero un grande piacere effettuare insieme questa visita qui, a Piana degli Albanesi.
Rivolgo un saluto al Presidente della Regione, alle altre Autorità, al Sindaco di Piana degli Albanesi e, attraverso di lui, a tutti i suoi concittadini. E un saluto a tutti i Sindaci, che rappresentano la comunità arbëreshë in tante parti d’Italia.
Falem, mirëmëngjes!
Sono grato al Cardinale Montenegro per l’ospitalità e ringrazio il professor Mandalà per il suo intervento così coinvolgente.
Vorrei ringraziare anche il coro delle ragazze e dei ragazzi che hanno cantato gli inni nazionali d’Albania e d’Italia e ci hanno accolto in piazza con bellissimi canti della tradizione arbëreshë.
Piana – capitale della cultura arbëreshë in Sicilia – ci fa sentire insieme a casa, membri di una stessa comunità: albanesi, italiani e italo-albanesi.
Un’occasione per confermare, ancora una volta, la grande amicizia e la collaborazione che intercorrono tra Albania e Italia.
I nostri popoli sono legati, inoltre, da un rapporto di “fratellanza”, a cui contribuiscono fortemente le comunità arbëreshë presenti in Italia.
Da oltre 500 anni, queste comunità mantengono, con grande determinazione, il patrimonio culturale della propria origine; e questa singolare condizione suscita sincera ammirazione.
Di discendenza albanese, ma da lungo tempo italiani, gli arbëreshë hanno conservato con orgoglio le antiche tradizioni, i riti religiosi, la lingua stessa della terra materna.
Nel 2018, insieme al predecessore del Presidente Begaj, mi sono recato a San Demetrio Corone per la ricorrenza dei 550 anni dalla morte dell’eroe nazionale albanese, Giorgio Castriota Scanderbeg. Anche quell’occasione ha posto in evidenza come gli arbëreshë costituiscano uno degli esempi più autentici dello stretto collegamento tra passato e presente, tra radici e contemporaneità, tra identità storica e identità attuale.
Sono quindi, davvero, particolarmente lieto di essere qui oggi con l’amico Presidente Bajram Begaj, in questo luogo, straordinario esempio di questo fenomeno così ammirevole, di questa esperienza così grande storicamente.
Conosco e nutro ammirazione per i discendenti dell’Arbëria.
Un personale ricordo: il mio primo incontro, il mio primo momento di contatto con la comunità arbëreshë risale a quasi settanta anni addietro, nel ’57. Avevo sedici anni, vivevo a Roma, e in occasione della ricorrenza dei duecento anni dalla morte di Padre Giorgio Guzzetta, l’associazione degli arbëreshë residenti nella Capitale ne organizzò una solenne commemorazione, nella Sala Borromini dell’Oratorio filippino della Chiesa Nuova, con molte presenze. Era stato chiesto di farne la rievocazione a mio padre, Bernardo Mattarella. Da lì è tratta la citazione – credo – che ha fatto poc’anzi il professor Mandalà.
Andai ad ascoltarlo e in quell’occasione, oltre al ricordo della figura di padre Giorgio Guzzetta, conobbi alcune persone che in seguito avrei rivisto più volte: tra loro Monsignor Giuseppe Perniciaro, a lungo amato Eparca di Piana; Rosolino Petrotta, medico stimatissimo e deputato all’Assemblea regionale.
Viene da ricordare in questo seminario, in questi locali, Eminenza, che fu proprio padre Giorgio Guzzetta a fondare a Palermo il Seminario Greco-Albanese – trasferito poi negli anni dopo la guerra qui a Piana – opportunamente trasferito a Piana e di cui siamo, appunto, oggi ospiti.
Si realizzò così, in Sicilia, per iniziativa di padre Giorgio Guzzetta, un vero centro della cultura e della religiosità arbëreshë.
Tanti sono i volti illustri dell’Italia che questa cultura ci ha donato. Ne ha ricordati diversi il professor Mandalà poc’anzi. Rammento il poeta e linguista Giuseppe Schirò, il sacerdote e filologo Demetrio Camarda, il patriota e statista Francesco Crispi.
Un marcato dinamismo culturale e intellettuale è da sempre un tratto distintivo del popolo arbëreshë, che si è anche espresso, nel corso dei secoli, in un impegno civico di vasta portata.
Francesco Crispi – Zef Krispi – partecipe della spedizione dei mille e in seguito più volte Presidente del Consiglio in Italia, si definiva “albanese di sangue e di cuore”.
Allo stesso modo, e in maniera quasi speculare, va rammentato il contributo di numerose personalità arbëreshë alla causa dell’indipendenza della loro terra di origine dall’Impero ottomano.
Basti pensare, tra gli altri, alla figura di Anselmo Lorecchio, di cui lo scorso maggio si è celebrato il centenario della morte a Pallagorio, in provincia di Crotone, con l’intervento del Presidente Begaj.
Giornalista, intellettuale e filosofo di origine arbëreshë, Lorecchio fornì un contributo alla formazione della coscienza nazionale albanese, tanto da meritare il riconoscimento dello stesso Ismail Qemali, primo Capo di Governo dell’Albania indipendente.
Oggi, la capacità della comunità arbëreshë di preservare un così ricco patrimonio rappresenta un modello, parte di quella ricchezza – di diversità, linguistiche e culturali, presenti in Italia – tutelata dalla nostra Costituzione, proprio quale elemento essenziale di una Repubblica rispettosa delle molteplici identità che la costituiscono; tutelata anche dalla legge 482 del ’99, dedicata alle minoranze linguistiche storiche.
Gli arbëreshë esprimono una storia di integrazione e di accoglienza che ha avuto pieno successo, un esempio di come – lo sottolineava poc’anzi il professor Mandalà – la mutua conoscenza e il rispetto reciproco siano fonte di arricchimento culturale e strumento di crescita per le realtà e i Paesi in cui vivono insieme le diverse comunità.
Queste comunità arbëreshë rappresentano, inoltre, un ponte di amicizia con i popoli albanofoni sull’altra sponda dell’Adriatico.
La storia recente – della fase di transizione che ha caratterizzato i Balcani – ha visto i popoli dei Paesi vicini, in particolare quello albanese, cercare nell’Italia la speranza di costruire futuro e prospettive di vita, in un’Europa unita e senza più divisioni.
Tra i nostri due Paesi, oggi, si sviluppa un fortissimo interscambio economico, culturale, di relazioni personali, avvicinando ancora di più i nostri due popoli.
Capisaldi di questa amicizia sono i valori di libertà, di indipendenza, di democrazia, testimoniati dalla comune appartenenza all’Alleanza Atlantica e, in prospettiva, alla Unione Europea, cui l’Albania di oggi guarda con l’aspirazione legittima di divenirne presto parte integrante.
L’Italia è – e continuerà con determinazione a essere – una convinta sostenitrice di questo approdo, da realizzare velocemente per l’intera regione dei Balcani occidentali.
La prospettiva, nella quale il popolo d’Albania e quello d’Italia si muovono, è quella europea.
L’Europa delle diversità, in cui nessuna cultura è egemone sulle altre e tutte trovano la possibilità di esprimersi, in un percorso di sempre maggiore integrazione.
Ritroviamo questa prospettiva nelle parole del grande scrittore albanese – scomparso da recente – Ismail Kadare:
“Non ci sono altri continenti possibili per gli albanesi, se non l’Europa”
Facciamo nostre queste sue parole
Valgono per Albania, valgono per l’Italia
#sapevatelo2024