RIMBORSOPOLI, TUTTI ASSOLTI
La Corte d’Appello di Potenza ribalta la decisione del Tribunale e assolve gli ultimi processati per peculato e falso. Un indagato è innocente fino a sentenza definitiva. Il nostro commosso pensiero a Nardiello, morto senza avere giustizia
Sembra passato un secolo da quel lontano 2013 che sconvolse la cronaca politica e giudiziaria di Basilicata con l’inizio della cosiddetta Rimborsopoli Lucana. Praticamente tutti i consiglieri regionali di due legislature differenti furono indagati per peculato, falso e altri reati simili nell’ambito della gestione della gestione dei contributi che la Regione Basilicata dava ai Gruppi Consiliari e ai singoli Consiglieri Regionali per lo svolgimento dell’attività. A causa di quell’inchiesta il Governatore Vito De Filippo fu costretto a dimettersi e, per la prima volta, si alzò il grido dei moralisti indignati che grida- vano al grande furto di denaro pubblico. In quella occasione furono pubblicata notizie che riguardavano i Consiglieri Regionali, la loro gestione delle risorse pubbliche con allusioni e fraintendimenti, con la maniacale attenzione ai loro pranzi istituzionali, alle loro attività politiche e alle loro azioni quotidiani.
NESSUN CONDANNATO
A distanza di undici anni da quell’indagine e di quasi quindici anni dai fatti possiamo dire che quell’indagine si è rilevata uno dei più clamorosi flop della Procura della Repubblica di Potenza. Con la Sentenza della Corte d’Appello di Potenza che ha ribaltato la sentenza di primo grado e assolto con formula piena Nicola Pagliuca, Vincenzo Viti, Mario Venezia, Rosa Gentile, Vincenzo Ruggiero, Adamo Tusco e Agatino Mancusi (difesi tra gli altri dagli ottimi avvocati Manes e Cimadomo) nessuno degli indagati nel processo rimborsopoli è stato condannato. Le assoluzioni intervenute ieri si aggiungono a quella di Santochirico che aveva ricevuto l’assoluzione già in primo grado avendo rinunciato alla prescrizione. Non ha avuto giustizia, invece, il solo Giacomino Nardiello. L’onestissimo ed integerrimo consigliere regionale comunista è, infatti, morto tra il primo e il secondo grado di giudizio. Siamo certi che ovunque si trovi abbia un sorriso per una giustizia che perseguita gli innocenti e per gli innocenti che si sono riscattati dalle accuse infondate loro mosse. I fatti per i quali si procedeva erano sostanzialmente delle legislature 2005-2010 e per quella 2010-2013, un lasso di tempo lunghissimo che in molti casi ha consentito la prescrizione, accettata dagli indagati dopo oltre tredici anni.
IL MORALISMO ALLA PROVA DEI FATTI
Chiunque abbia vissuto quella stagione politica ricorderà l’indagine che iniziò nel Lazio a carico di Fiorito e che si allargò in tutta Italia colpendo i Consiglieri Regionali di ogni lembo della Nazione. In Basilicata si parlò di scontrini raccolti nei bar, di viaggi non istituzionali, di vacanze pagate con i soldi pubblici. Da questa ridda di voce, ferocemente alimentata dai giornalisti amanti dello scandalo e con un orecchio nelle stanze della Procura della Repubblica, si alzò la voce del populismo moralista che determinò la fine anticipata della Legislatura con le dimissioni di Vito De Filippo e le elezioni anticipate. Molti di quei Consiglieri negli anni hanno rinunciato ad altre candidature, sono stati etichettati come “ladri” ed hanno dovuto subire la condanna popolare e il giogo delle plebi eccitate dalla rabbia sanguinosa agli occhi. Molti di loro hanno fermato la loro carriera politica in attesa di una sentenza che gli rendesse giustizia, sentenza che nel caso in questione è arrivata 13 anni e mezzo dopo i fatti. Sono passate due legislature regionali da quando scoppiò la rimborsopoli che azzerò un’intera classe dirigente. Tra prescrizioni a 13 anni dai fatti, assoluzioni in primo grado ed assoluzioni in appello nessuno di quei consiglieri è stato ritenuto colpevole dei reati che la Procura attribuiva loro e che il Popolo rabbioso già accertava come da loro commessi.
QUELLA LEZIONE CHE NON RIUSCIAMO AD IMPARARE
Il primo caso eclatante di un innocente detenuto è stato quello di Enzo Tortora. Quello lo ricordano tutti ma non tutti ricordano il clima di sospetto popolare che nacque anche in quel caso. Ci fu poi il clima dei veleni di Tangentopoli e, per restare in Basilicata, le indagini di Rimborsopoli che portò alle dimissioni di De Filippo e quella che ha portato alle dimissioni di Pittella. In tutti questi casi gli indagati sono stati assolti. In tutto questo tempo la società dei livorosi, il moralismo populista di chi crede di potersi erigere a giudice solo leggendo il titolo dei giornali, la ricerca della notizia sensazionalista da parte di giornalisti che vogliono farsi amiche le Procure e ottenere le prime pagine non ha ancora imparato che “nessuno può ritenersi colpevole fino a sentenza definitiva”. È il principio costituzionale di presunzione di non colpevolezza che dovremmo imparare tutti a memoria. Ogni tanto ce lo ricordano i Tribunali e le Corti d’Appello. Chiunque inorridì per quelle vicende, chiunque alzò il dito accusatore ora dovrebbe chiedere scusa per aver accusato degli innocenti. “Beati coloro che sono perseguitati a causa della Giustizia” è scritto nel Vangelo. Oggi si è dimostrato che esiste un giudice a Potenza. Della rimborsopoli lucana resterà soltanto il tempo perso e le vite violate.
Di Massimo Dellapenna