VIOLENZA CONTRO LE DONNE: FATE RUMORE, PER GIULIA E PER NESSUN’ALTRA
Nonostante le promesse di cambiamento da parte delle istituzioni, le studentesse e gli studenti denunciano la mancanza di azioni concrete. L’iniziativa “Un minuto di rumore” dell’Udu e della Rete degli studenti medi vuole ricordare Giulia e tutte le vittime di femminicidio, ma anche scuotere le coscienze e chiedere un impegno maggiore
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VIOLENZA CONTRO LE DONNE: FATE RUMORE, PER GIULIA E PER NESSUN’ALTRA
Un anno fa l’uccisione di Giulia Cecchettin per mano del fidanzato ha scosso l’Italia. A un anno di distanza, cosa è cambiato nella lotta alla violenza di genere?
Nonostante le promesse di cambiamento da parte delle istituzioni, le studentesse e gli studenti denunciano la mancanza di azioni concrete. L’iniziativa “Un minuto di rumore” dell’Udu e della Rete degli studenti medi vuole ricordare Giulia e tutte le vittime di femminicidio, ma anche scuotere le coscienze e chiedere un impegno maggiore.
L’indagine “La tua voce conta” ha rivelato l’allarmante diffusione di molestie e violenze negli atenei, spesso perpetrate da figure di potere come i docenti. Cosa possiamo fare per rendere le università e le scuole luoghi sicuri per tutte e tutti?
Gli studenti chiedono sportelli di ascolto, percorsi di educazione all’affettività e al consenso, e una maggiore attenzione da parte delle istituzioni.
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VIOLENZA CONTRO LE DONNE
Fate rumore, per Giulia e per nessun’altra
L’iniziativa di Udu e Rete studenti medi per ricordare Cecchettin a un anno dall’uccisione e denunciare che i cambiamenti promessi non ci sono stati
Un minuto di rumore. Non di silenzio, rumore. Fatto con tutti gli oggetti che si hanno a portata di mano. Per ricordare Giulia Cecchettin, uccisa un anno fa dal suo fidanzato Filippo Turetta, e per dire che non ci devono essere altre vittime come lei. Lo fanno l’11 novembre nelle università e nelle scuole d’Italia, per dare voce a chi si vuole opporre a questa scia di sangue, nell’iniziativa messa in campo da Udu, Unione degli universitari, e dalla Rete degli studenti medi.
91 DOPO GIULIA
“Perché polizia e istituzioni ci avevano detto che Giulia sarebbe stata l’ultima e invece non è andata così: dopo di lei abbiamo contato altre 91 donne uccise da un uomo – dice Sabrina Loparco dell’Udu -. E anche tutto quello che sta accadendo durante il processo a Turetta, come la stampa e il mondo dell’informazione stanno trattando la questione, la narrazione che si sta proponendo non ci piace, ci sembra tutto un po’ morboso ed eccessivo. Facciamo rumore anche per questo”
LE DONNE STANNO ASPETTANDO
Non solo un momento per ricordare Giulia, quindi, ma di denuncia e di accusa, perché i cambiamenti che sono stati annunciati e raccontati non sono mai arrivati, le donne le stanno ancora aspettando.
“Già lo scorso anno dopo la morte di Giulia e l’esplosione del dibattito che ne è seguito, abbiamo messo in atto iniziative nelle scuole, negli atenei, nelle piazze – spiega Camilla Velotta della Rete studenti medi -. Tutto era nato dalle parole della sorella di Giulia che aveva lanciato un monito, dicendo che non era un caso isolato e invitando a riconoscerlo come un episodio strutturale della nostra società. Un minuto di chiasso, con le chiavi, sbattendo gli oggetti, è nato in modo spontaneo, e abbiamo pensato di riproporlo perché serve a tenere alta l’attenzione nel modo corretto, non come fa certa stampa italiana che non sempre riesce a proporre riflessioni profonde quando tratta la violenza di genere”
SPORTELLI E PERCORSI
Gli studenti hanno richieste precise, perrendere le università spazi sicuri, con sportelli di accoglienza e di prossimità, con psicologi, avvocati ed esperti che si occupino di raccogliere le prime segnalazioni di violenza, e affinché vengano attuate azioni di prevenzione a tutti i livelli.
“Come Udu ci stiamo interrogando se non sia il caso di pensare a percorsi all’interno degli atenei e delle scuole superiori che siano veramente per tutti – prosegue Loparco -, dallo studente al docente al personale tecnico amministrativo, di educazione all’affettività, di diritto al consenso, percorsi di conoscenza. Tematiche sulle quali non si fa mai educazione”.
LA TUA VOCE CONTA
Dall’indagine realizzata dall’Udu “La tua voce conta”, 1.500 risposte a un questionario raccolte da tutta Italia tra febbraio e marzo scorso, è emerso che le molestie e le violenze negli atenei sono una norma e sono un fenomeno conosciuto dalla componente studentesca.
L’aspetto più preoccupante evidenziato è che le figure abusanti sono nella maggior parte dei casi i docenti, che hanno una posizione alta nella gerarchia universitaria e per questo protette. E le studentesse? Non riescono a denunciare e quando lo fanno si ritrovano in situazioni assurde.
CI VUOLE EDUCAZIONE
“Vogliamo che siano realizzati percorsi all’affettività e al rispetto, vogliamo vivere in una società della cura che stia attenta all’altro e che allontani la violenza – conclude Velotta -. Lo scorso anno dal ministero dell’Istruzione c’è stato un tentativo di mettere una toppa con proposte spot, un progetto senza nulla di strutturale. E invece come comunità studentesca pensiamo che si possa fare di più, che il Paese si debba fare carico di questo problema. Come? Per esempio utilizzando le ore di educazione civica, durante le quali non si sa mai bene che cosa fare, per educare al rispetto e al consenso. Vogliamo e dobbiamo costruire un Paese diverso”
#sapevatelo2024