DALL’ANTIMAFIA COLPO AL GRUPPO TERRUZZI
Reti societarie, prestanome e truffe all’Inps: emesse dal Gip 23 misure cautelari e disposto il sequestro di 100mila euro. Per la Procura il capo Luigi gestiva gli affari anche dal carcere di Potenza. Corrotto agente penitenziario
A conclusione di un’articolata attività investigativa coordinata dall’Antimafia di Potenza e condotta in piena sinergia dai Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Potenza e dai Carabinieri della Compagnia di Sala Consilina, su disposizione della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo lucano è stata data esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari su richiesta della locale Procura in un procedimento penale a carico di diversi indagati, ritenuti indiziati di essere componenti di una associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti e di essere coinvolti in una serie di ulteriori vicende delittuose afferenti a reati contro la Pubblica Amministrazione e contro il patrimonio. L’ordinanza, per la cui esecuzione sono stati impiegati circa un centinaio di militari delle due Forze di Polizia, supportati da unità cinofile, ha riguardato 23 soggetti, indiziati di reati tra il territorio del basso Salernitano (Vallo di Diano) ed il capoluogo lucano, destinatari di varie misure personali (arresti in regime carcerario, arresti domiciliari, obbligo quotidiano di presentazione alla Polizia giudiziaria e divieto di esercitare uffici direttivi di persone giuridiche e imprese). Numerose le perquisizioni eseguite per assicurare il prezzo o il profitto dei vari reati contestati, quantificato nel sequestro preventivo, nella forma diretta o per equivalente, di somme di denaro per circa 100 mila euro. Sulla base degli indizi raccolti e ferma restando la presunzione d’innocenza fino a condanna definitiva, emergerebbe che ruolo centrale nell’attività criminosa avrebbe avuto il salese Luigi Terruzzi, che, avrebbe svolto «le attività contestate anche nel periodo in cui era detenuto presso la Casa Circondariale “Santoro” di Potenza». Lo stesso, sempre sulla base degli indizi raccolti e da verificare in sede dibattimentale, avrebbe goduto della complicità dei suoi familiari e sodali Christian Terruzzi, Michelina Ginnetti e Giusimaria Terruzzi, oltre che dell’apporto del sodale Pietro Paladino, tutti originari di Sala Consilina. Secondo le investigazioni svolte, l’organizzazione criminale in esame avrebbe avuto la finalità di commettere una serie di delitti tra cui l’acquisto, svolto prevalentemente da Pietro Paladino, e la successiva vendita ed o cessione a terzi di sostanze stupefacenti, attraverso una ramificata rete di spacciatori, tra cui Toni Chirichella. Nel corso delle indagini, sequestrati 2 chili e 100 grammi di sostanza stupefacente, del tipo hashish, suddivisa in ventuno “panetti”, minuziosamente occultata in un ambiente impervio di campagna. Tra gli episodi gravi, la contestata corruzione del Pubblico Ufficiale Raffaele Campanella, agente della Polizia Penitenziaria, all’epoca dei fatti in servizio presso l’Istituto Circondariale di Potenza, finalizzata all’ottenimento di illeciti favori da parte dell’Agente in ambito carcerario, in cambio di beni ed utilità a lui consegnati. Nella lista delle condotte criminose vagliate dalla Dda di Potenza, anche la costituzione e l’attribuzione a terzi consociati ed o meri amministratori formali di numerose società ed o rapporti finanziari, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale. Tali imprese, secondo l’ipotesi accusatoria, erano state intestate a prestanome vari rimanendo la gestione reale delle imprese ai componenti della famiglia Terruzzi, che, per via dei precedenti di polizia e delle condanne riportate, erano soggetti a ad essere sottoposti a misure di prevenzione patrimoniale. Non è tutto. L’Antimafia contesta all’associazione criminale e a vario titolo, la commissione di numerose truffe aggravate ai danni dell’Inps, poste in essere per mezzo delle prefate società, attraverso le quali venivano eseguite fittizie assunzioni di lavoratori. Le indagini avrebbero permesso di appurare come in numerose circostanze gli “assunti” erano addirittura soggetti sottoposti al regime carcerario, o loro prossimi congiunti, nonché familiari e conoscenti, ai quali il citato Ente previdenziale ha, nel tempo, corrisposto tutta una serie di indennità-prebende in realtà non dovute, con conseguente realizzazione di illeciti profitti