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A MOLITERNO APRE IL MUSEO DI ARTE MODERNA: UN VIAGGIO NELLA STORIA DEL MERIDIONE D’ITALIA

A svelarlo a Cronache il professore Gianfranco Aiello

Musei Aiello Moliterno rappresentano una realtà museale importante per tutto il meridione e non solamente confinati dentro la Basilicata. Parliamo di una realtà museale significativa che da cinquanta anni omaggia e racconta l’arte. Sono dunque molti gli anni di storia e di evoluzione per questa rete museale. <<Tutto nasce nei primissimi anni settanta, quando, praticante giornalista, iniziai a scrivere articoli su artisti ed eventi e, ad un tempo, a collezionare quadri -racconta il fondatore dei musei, il Professore Gianfranco Aiello-. Con gli anni l’iniziativa si è man mano articolata, sviluppandosi negli attuali sette musei e il palazzo di esposizione Santa Croce >>. I musei, attualmente sette al quale presto si aggiungerà un ottavo più una casa celebrativa, si snodano nel cuore del paese di Moliterno, ospitati in preziosi palazzi gentilizi acquistati dal-la fondazione museale. Palazzi che diventano scrigni di meraviglie, custodi di opere preziose, ma anche testimoni di un tempo che fu. Attenzione particolare, nella fase di restauro, viene riservata agli arredi e agli spazi, affinché venga preservata la bellezza storica ed autentica dei palazzi che ospitano o ospiteranno, opere d’arte . Non trattasi  però di museo diffuso: ogni museo è un corpo a se, con una propria anima e con una sua specificità. I sette musei attualmente aperti sono il Museo del Paesaggio, la Biblioteca lucana Angela Aiello, il Museo Michele Tedesco e dell’Ottocento Lucano, il Museo della Ceramica del ‘900,il Museo di Arte Moderna, il Museo del Novecento Lucano e il Museo di Arte Contemporanea. Ma analizzandoli nel dettaglio è doveroso partire dal Museo Michele Tedesco e dell’Ottocento Lucano, primo insediamento museale del MAM. E’ stato inaugurato nel 2010 ed è, nel-la sua quasi totalità, dedicato a Michele Tedesco. Parliamo del maggiore pittore lucano, di origini moliternesi. Nacque da Giacomo e da Anna Racioppi il 24 agosto 1834, fu  presto affidato allo zio materno, l’abate Antonio Racioppi, nel vicino villaggio di Spinoso. Appassionato pedagogista, dalle idee liberali, coltivava rapporti con intellettuali e cospiratori politici napoletani. Racioppi diede così al giovane la prima formazione culturale e l’educa-zione politica conducendolo a Napoli, assieme al cugino Giacomo Racioppi, futuro senatore del Regno, storico ed economista. Nei primi anni Cinquanta frequentò il Real Istituto di belle arti grazie a un sussidio conferitogli dalla Provincia di Potenza. Nel 1853 ottenne un premio nella Scuola di disegno e un encomio da parte del professore Gabriele Smargiassi nello studio della pittura di paesaggio. Due anni dopo, nel 1855, come allievo della Scuola di disegno, diretta da Giuseppe Mancinelli, partecipò alla Biennale Borbonica con il Gladiatore, e nel 1859, all’ultima mostra borbonica, con due figure tratte da due novelle di Tommaso Grossi, Il degonda Gualderani e Il paggio Folchetto, quest’ultimo acquistato dal re Francesco II di Borbone nel 1860.Di Tedesco, instancabile di-segnatore, sono stati rintracciati e pubblicati diciotto taccuini oggi di proprietà della Casa-Museo Domenico Aiello di Moliterno, che hanno permesso di comprendere il suo modo di procedere. Sono appunti veloci di paesi visti in lontananza, di catene di monti tracciate in punta di matita, di figure, di studi storici compiuti sui libri, di trascrizioni di passi. Se il nerbo della sperimenta-zione con i macchiaioli, a Firenze, fu la pittura di verità e di macchia, con “La morte del poeta Anacreonte” , presentata alla Mostra nazionale di Parma nel 1870 e all’Esposizione universale di Vienna nel 1873,

Tedesco trasferì la precedente esperienza in una composizione d’invenzione di sapore neogreco, che ebbe grande successo.  Alla mostra di Brera del 1876 e poi alla nazionale di Napoli del 1877 Tedesco espose “Un figlio naturale” , con cui affrontava particolari temi ispirati al realismo sociale (un figlio nato fuori dal matrimonio, che la giova-ne madre è costretta ad allattare di nascosto). Al Museo Aiello è possible dunque ammirare non soltanto i suoi disegni, ma anche alcune sue opere quali “Cari colombi”, “La morte del cardellino”, “Segreta attesa”, “Maternità”, “Il palazzo dello Sceicco”.Infine questo museo accoglie anche opere di Vincenzo Marinelli, Giacomo Di Chirico, Angelo Brando, Andrea Petroni. Appartenente al MAM  anche il Museo del Paesaggio, collocato nel Palazzo Aiello, risalente al 1786. All’interno si respira un intenso sapore settecentesco, con travi in legno di castagno e pavimenti in cotto fatto a mano. L’edificio, preservato nella sua natura, diventa custode di una raccolta d’arte inaspettata e sorprendente. Un Museo del Paesaggio, unico in Italia, che si declina dal ‘700 ai giorni nostri. Si va dalle vedute della Scuola di Posillipo per passare ai pittori stranieri del Grand Tour, da questi ai romantici fino ai divisionisti a risalire la china del novecento per infrangersi sul muro della seconda guerra mondiale. La Biblioteca Lucana Angela Aiello si snoda nei primi due piani di una palazzina liberty, e racchiude una raccolta di libri e stampe sulla Basilicata che va dal seicento fino ai giorni nostri.

Al secondo piano è presente una suggestiva sala delle Mappe (la più antica è del 1620) e quella dei Terremoti, eventi che sconvolsero le ter-re del Vulture nel 1851 e quelle della Val d’Agri nel 1857. Il terzo piano è dedicato interamente ad una rara collezione di volumi e stampe sul Grand Tour, il viaggio culturale e sentimentale che gli intellettuali europei compirono a cavallo del 700/800.Il Museo della Ceramica è ubicato al secondo e terzo piano del Palazzo Aiello, risalente al 1825, un gioiello architettonico affacciato sulla via principale, nel cuore antico della cittadina di Moliterno.

Il secondo piano è dedicato alla Ceramica Vietrese del Novecento, con una particolare attenzione ai grandi artisti stranieri e italiani tra cui Gambone, Giovannino, i fratelli Procida, ed altri. L’ultimo piano, dominato da uno splendido forno a due bocche, ospita invece esemplari di ceramica italiana ed europea.Il Museo del Novecento Lucano è uno tra i musei più giovani , inaugurato il 24 aprile 2016. Ospitato nei primi due piani del Palazzo Aiello, si posiziona nel cuore antico della citta-dina. Accoglie grandi nomi dell’arte lucana tra cui Luigi Guerricchio, Mauro Masi, Gaetano Pompa, Italo Squitieri, ed altri, ma viene dedica-to ampio spazio anche agli artisti lucani meno conosciuti, come Cesare Colasuonno, Pasquale Virgilio, Giovanni Iacovino. Infine è presente il Museo di Arte Contemporanea, accolto in una antica dimora del quartiere Castello di Moliterno. Ne conserva immutato il fascino delle travi in legno e del cotto fatto a mano. Questo contesto inalterato ospita un Museo con artisti di levatura nazionale ed internazionale come Marino Marini, Hans Hartung, Antoni Tàpies, Michelangelo Pistoletto ed altri, nonché artisti lucani di caratura nazionale ed europea, fra tutti Giacinto Cerone. Al piano terra è presente uno Spazio  dedicato a Riccardo Dalisi (Potenza 1931 – Napoli 1922), pioniere del designer moderno, sue le famose caffettiere umanizzate, nonché artista apprezzato a livello europeo. Dei sette musei  é ormai prossimo all’apertura il Museo di Arte Moderna. All’interno sono presenti veri e propri capolavori pittorici, come la “Maternità” di Gaetano Previati, grafiche di Picasso e Matisse ma anche l’opera “La donna lucana” di Joseph Stella, artista lucano che visse in America e le quali opere hanno un valore artistico inestimabile. L’artista, celebrato anche dalla Biennale di Venezia, è noto soprattutto per le sue rappresentazioni del-la modernità americana all’ini-zio del XX secolo. Fountain (1929) è un esempio chiave dei dipinti esuberanti di Stella –fortemente stilizzati e costella-ti di uccelli, piante e fiori – che testimoniano la sua profonda connessione spirituale con la natura. Se i paesaggi urbani dell’artista riflettono un ambiente moderno, le sue rappresenta-zioni della natura sono radica-te in origini più primordiali e pittoresche, influenzate in gran parte dalle visioni romantiche che Stella aveva della sua patria italiana. Questa composi-zione pone al centro una fontana, i cui ruscelli arcuati fanno eco a un albero che cresce dal-la tranquilla base di roccia e acqua, sovrastandola. I rami frondosi dell’albero scendono ver-so il basso e incorniciano questa scena edenica, popolata da una figura nuda sdraiata, un cigno e un fiore di loto. I motivi ricorrenti e le vedute romantiche di Stella offrono possibili letture allegoriche della natura come fuga e oasi, soprattutto contro le condizioni soffocanti della vita moderna, e come luogo di rigenerazione creativa. Il Museo di Arte Moderna, appertenente alla rete museale Aiello, ospita anche altri capo-lavori pittorici come “La Ve-nere delle nevi”, opera simbolista, o “I Pensieri della sera” di Berthold Klinghofer. Le opere sono ospitate nei quattro piani di uno splendido palazzo liberty. All’interno sono presenti anche oggetti di design, una collezione di radio, opere del movimento simbolista ed  opere della corrente del novecento. «Questo Museo è una novità assoluta, sia per la Lucania che per tutto il Sud- sottolinea il Professore Aiello -. Qui spaziamo in tutto ciò che è successivo all’impressionismo fino ad approdare agli anni sessanta del novecento. Ma il focus di questo museo sono i divisionisti e i simbolisti.

Qui ci sono due sale a loro dedicate e sono di primissimo livello. Al piano superiore ci sono i simbolisti, tra cui è presente uno tra i più grandi simbolisti francesi ed altri di rilievo . Nei divosionisti abbiamo quello che è ritenuto essere il teorico e il maestro del divisionismo, che è Gaetano Previati, con la sua stupenda “Maternità”,

che è un’opera appartenente al periodo della giovinezza del Previati, esposta anche alla Biennale di Venezia, insieme all’opera “Le Cattive Madri” di Segantini, altro grande maestro del divisionismo. Abbiamo grandi pittori e grandi opere e questo credo sia il grande fiore all’occhiello di questa realtà museale». Poco distante da questo museo, prossimo all’apertura del pubblico, è in fase di restaurazione e realizzazione la “Casa Trufelli”, celebrativa del-la figura del grande giornalista lucano Mario Trufelli. Fu il responsabile della redazione lucana della RAI dal 1969 al 1994 e poi conduttore della trasmissione nazionale Check-Up. Ha svolto un’intensa attività giornalistica, per la quale ha vinto il “premio Saint-Vincent”. È stato inoltre per anni una colonna portante dell’APT Basilicata, oltre ad essere un grande poeta e scrittore. «Intendo celebrarlo ora, come ho sempre fatto in vita- ci spiega il Professore Aiello-. Fu lui il primo a parlarmi di Rocco Scotellaro». E proprio l’anno scorso, in occasione dei cento anni dalla nascita del poeta lucano, scrittore e politico, il sistema Museale Aiello ha reso omaggio a Scotellaro con la giornata del 27 ottobre a Moliterno e con quella del 24 novembre a Matera in cui trenta maestri dell’Accademia di Brera di Milano hanno dedicato un tributo all’illustre lucano. Parliamo di Natale Addamiano, Arcangelo, Italo Bressan, Domenico Cantatore, Angelo Casciello, Marco Casentini, Italo Chiodi, Luca Coser, Piermario Dorigatti, Tamara Ferioli, Cristiana Fioretti, Giovanni Frangi, Renato Galbusera, Cristina Galli, Barbara Giorgis, Cosmo Laera, Salvatore Lovaglio, Franco Marrocco, Barbara Nahmad, Sergio Nannicola, Marco Pellizzola, Stefano Pizzi, Carlo Pizzichini, Roberto Priod, Nicola Salvatore, Alessandro Savelli, Tetsuro Shimizu, Alessandro Spadari, Simona Uberto e Dani Vescovi. Dunque gli artisti di Brera uniti in ricordo del lucano nell’opera “30 maestri per Scotellaro”, grazie alla sinergia instauratasi tra il Mam e il suo fondatore, Professore Gianfranco Aiello, e l’Accademia delle Belle Arti di Brera. «È proprio a Milano – conclude infine il Professore Aiello -segnatamente dall’Accademia di Brera, che nasce questo tributo. Grazie alla Fondazione Aiello, questa idea è approdata prima a Moliterno poi a Matera e, infine, si è materializzato in questo libro, contenente anche foto coeve di Pino Latronico ».

Di Anna Tammariello

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